di Roberta Scorranese
Il virologo scherza sulla voce cavernosa («Sembro Barry White») ma raccomanda: «Fate la quarta dose, questa variante è molto contagiosa»
«Pronto?»
Professor Burioni, è lei? Sembra la voce di Barry White.
«Ci provo? Just the way you are…»
La sento in forma, nonostante lei abbia preso il Covid.
«E infatti, se sono qui a casa con appena un po’ di mal di gola e tosse e con la voglia di scherzare sulla voce cavernosa, è grazie ai vaccini. Altrimenti non credo che saremmo qui a parlarne con tanta serenità».
Insomma, alla fine il Covid l’ha stanata. Nemmeno Burioni è stato risparmiato.
«Mi sono nascosto abilmente per due anni e mezzo ma, come ormai tutti, mi sono ammalato anche io».
Però, il 30 settembre scorso, lei ha fatto la quarta dose, come molti suoi “haters” sui social hanno sottolineato e non senza ironia.
«Sì, l’ho fatta, come molte persone responsabili. Mi sono vaccinato poco prima della ripresa delle lezioni universitarie ma non è servito. Tutto molto prevedibile: il virus, in questi due anni e mezzo, è mutato profondamente e adesso il vaccino non protegge completamente dall’infezione, ma dalla malattia grave sì. E questo, voglio dirlo subito, è un grande successo scientifico».
Dunque lo si può prendere, anche a breve distanza dall’ultima vaccinazione, ma si riducono le probabilità di finire in ospedale?
«Esattamente. Questo è un punto importante e voglio spiegarlo bene: il Covid oggi non è più quello che abbiamo conosciuto nel 2020. All’epoca non aveva ancora sviluppato le sue varianti, che non sono altro che tentativi di adattamento e sopravvivenza. Quando sono usciti i primi vaccini, quelli potevano proteggere anche dall’infezione. Era nato qui il senso, puramente politico, di un provvedimento come il green pass. Ma oggi le cose sono profondamente cambiate».
Tutto è mutato con l’arrivo di Omicron?
«Sì, e in particolare con la variante che sta circolando adesso, Omicron 5. Una variante estremamente contagiosa che può “bucare” l’immunità, un’immunità che comunque protegge dalla malattia grave. Detto in poche parole: fino alla variante Delta noi ci vaccinavamo anche per proteggere gli altri. Da Omicron in poi, ci vacciniamo soprattutto per proteggere noi stessi. Ecco perché è molto importante che Omicron non ci trovi “impreparati”, cioè senza vaccino».
Quindi lei consiglia la quarta dose anche a persone non fragili o anziane?
«Penso che sia opportuno farla per tutti quelli che hanno più di dodici anni e che si sono vaccinati o hanno contratto la malattia da più di centoventi giorni. La quarta dose è un’arma in più che abbiamo contro questa patologia con la quale bisogna imparare a convivere».
Ecco un altro passo avanti: nel 2020 ci siamo illusi di debellarla?
«Sì, ma adesso bisogna mettersi in testa che sarà con noi molto a lungo. Abbiamo capito che è in grado di sviluppare varianti resistenti, ma gli strumenti ci sono, eccome. I vaccini, appunto, ma anche gli antivirali. Il protocollo che regola questi ultimi dipende da regione a regione, ma sono di certo un aiuto importante per gli anziani e per le persone fragili. Basta informarsi».
Certo, è più facile fare ironie sui social.
«Per la somaraggine non c’è vaccino. Eppure non è difficile da capire: siamo di fronte a uno scenario che cambia, cosa normale per chi fa ricerca. Addirittura c’è un dibattito scientifico sul fatto di cambiare nome al virus e non chiamarlo più SARS-CoV-2, semplicemente perché qui abbiamo a che fare con un patogeno diverso».
Professore, come si è accorto di averlo preso?
«Guardi, stavo uscendo per andare a fare lezione quando un colpo di tosse, all’apparenza banale, mi ha fermato. Ho fatto subito un tampone a casa e ho scoperto di essere positivo».
Già. Perché anche i sintomi sono diversi rispetto alla malattia di due anni e mezzo fa.
«E ci si può confondere con l’influenza. Dunque, tanta prudenza, vaccini e, da ultimo, perché non indossare la mascherina in situazioni dove non dà fastidio? In fondo ci sono Paesi, come il Giappone, dove nei luoghi affollati la portano sempre».
Professore, oggi come si sente?
«Un po’ di laringite, una leggera tosse e tanta fiducia nella scienza».
Dunque per adesso accantoniamo l’idea di un cambio di carriera? Niente concerti alla Barry White?
«Io sono anche pianista e, sebbene con rammarico, dico no a una carriera da cantante: contro le stecche non c’è vaccino! E aggiungo che non vedo l’ora di tornare al lavoro».
10 ottobre 2022 (modifica il 10 ottobre 2022 | 20:43)
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, 2022-10-11 05:08:00, Il virologo scherza sulla voce cavernosa («Sembro Barry White») ma raccomanda: «Fate la quarta dose, questa variante è molto contagiosa», Roberta Scorranese