Calenda e i dubbi sul sì al Pd: «Ma non siamo equidistanti»

Calenda e i dubbi sul sì al Pd: «Ma non siamo equidistanti»

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di Maria Teresa Meli

L’ex ministro deciderà entro domani. Il partito è diviso. Di Maio e Tabacci siglano l’accordo per un «nuovo progetto»

C’è il Calenda che dice: «Se pensassi che la partita fosse già persa, andrei da solo, sicuramente prenderei più voti, ma non lo penso affatto, ce la possiamo giocare». E c’è il Calenda che ritwitta il post di Filippo Rossi, leader della Buona destra che ha aderito ad Azione e che cinguetta sui social: «Certo che se l’alleanza è con questo Pd a trazione grillina, populista e contiana… Alleanza in Sicilia, alleanza nel Lazio. E poi che altro ancora? Forse bisogna pensarci ancora meglio».

«Entro lunedì decideremo», assicura in mattinata Calenda regalando un altro weekend di incertezza al Pd. Il suo, ovviamente, non è sadismo. È che veramente un pezzo di Azione sogna l’avventura in solitaria. E cresce la pressione sul leader per intraprendere questo cammino. Senza contare che nella base del suo partito c’è una vera e propria rivolta di fronte all’ipotesi di dover votare Bonelli, Fratoianni e Di Maio nei collegi uninominali. Del resto, un’alzata di scudi analoga si è riscontrata nel popolo del Pd all’idea di dover votare Gelmini e Carfagna. Ed è anche questo il motivo per cui le due ministre saranno candidate nel proporzionale.

Chi è più vicino a Calenda in queste ore di riflessione e travaglio dispensa consigli e suggerimenti. C’è chi propone: «Perché non facciamo un’operazione alla Macron?». E chi invece con uno sguardo ai sondaggi osserva: «Veleggiamo intorno al 4 per cento, andare da soli sarebbe un rischio». Calenda non si scompone e studia la sua prossima mossa. Un solo sussulto ieri quando gli hanno riferito dell’accordo tra Bruno Tabacci e Luigi Di Maio. Domani i due lanceranno il loro «nuovo progetto». Sarà «un’evoluzione di Insieme per il Futuro», fa sapere lo staff del ministro degli Esteri. L’obiettivo, stando sempre ai fedelissimi di Di Maio, è quello di «una grande mobilitazione civica con il coinvolgimento di amministratori e reti civiche». Di fronte a questa notizia, Calenda ha sussurrato a uno dei suoi interlocutori di questi giorni: «Certo, la mia non è una scelta facile, ma l’operazione Tabacci-Di Maio la facilita». Come a dire che quell’iniziativa rappresenta un motivo in più per andare da solo.

Però se è vero che il leader di Azione ritiene che «la cosa più naturale per noi sarebbe il modello Roma», cioè la corsa in solitaria, «anche perché la decisione del Pd di tenere dentro partiti che non hanno votato la fiducia a Draghi ed ex 5 Stelle non ci convince per nulla», è però anche vero che per sua stessa ammissione «la legge elettorale è quella che è». E con il Rosatellum la strada di chi decide di non allearsi con altre forze politiche è indubbiamente in salita.

E comunque una scelta di campo il leader di Azione l’ha già fatta: «Non siamo affatto equidistanti dal Pd e Forza Italia. Ho sempre pensato che liberali, socialdemocratici e popolari avrebbero dovuto governare insieme emarginando gli estremisti», ha scritto in uno dei suoi tweet.

In attesa che Calenda dica finalmente la sua domani, nel Pd sta prendendo piede l’idea che nel caso il leader di Azione scelga l’alleanza con i dem si debba coinvolgere con lui anche Renzi. In questo frangente serve pure la percentuale di Italia viva, benché ridotta. Il Pd non vuole perdere nessun voto per strada perché la competizione è ad altissimo rischio, anche per lo stesso segretario Letta, per cui non sarà facile gestire una sconfitta.

Mentre Calenda riflette sul da farsi, nel Pd sono alle prese con diversi problemi. E con un interrogativo: un raggruppamento, Conte, Santoro e sinistra sparsa potrebbe prendere più voti del previsto? Nel centrodestra già monitorano il potenziale elettorale di quell’alleanza e tifano perché sottragga voti al Pd. C’è poi la questione delle ricandidature di casa dem. È chiaro che non tutti i parlamentari attuali potranno rientrare in gioco, anche perché Letta ci tiene a portare in Parlamento donne e facce nuove. Però i pd locali sparsi in tutta Italia stanno proponendo al partito nazionale tutte liste con i deputati e i senatori uscenti. «Ma una candidatura non equivale a una sicura rielezione», dicono dalle parti del Nazareno. Dipende da che posto si ha in lista o in quale collegio si verrà presentati…

31 luglio 2022 (modifica il 31 luglio 2022 | 09:37)

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, 2022-07-31 13:34:00, L’ex ministro deciderà entro domani. Il partito è diviso. Di Maio e Tabacci siglano l’accordo per un «nuovo progetto», Maria Teresa Meli

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