Cantare Bella ciao  a Parma (purché  senza ideologia)

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Caro Aldo,

dopo 25 anni di opposizione il Pd è finalmente riuscito a tornare al governo dell’amministrazione comunale di Parma. E come primo atto pubblico il nuovo sindaco è andato a posare una rosa al monumento al Partigiano intonando Bella ciao. Le confesso però che questo gesto, pur di rispetto per chi ha combattuto per la nostra libertà, l’ho trovato impregnato di retorica. Come se si volesse marcare piuttosto un territorio che si è tornati rabbiosamente ad occupare. Alleandosi per di più, pur di raggiungere il risultato, con chi li aveva malamente sconfitti nelle ultime due tornate elettorali. Glielo scrivo nella consapevolezza dei limiti di una destra che non è risultata convincente per i tanti suoi elettori astenutisi ma anche nella constatazione di come la sinistra continui molto a mitizzarsi il passato addosso. Né gli uni né gli altri riuscendo, quindi, davvero a essere politicamente credibili per il futuro che ci attende.

Mario Taliani Noceto (Parma)

Caro Mario,

Distinguerei. Se a Parma si canta Bella ciao per celebrare la vittoria del centrosinistra e la fine delle altre amministrazioni, si diventa ridicoli. Parma è stata amministrata a lungo da Elvio Ubaldi, un democristiano che ricordava un po’ Guazzaloca, e come Guazzaloca si è spento prematuramente dopo aver molto amato la propria città. Poi, dopo la parentesi di Pietro Vignali — su cui il giudizio definitivo è stato dato dagli elettori che hanno fatto prevalere nettamente il suo avversario —, per dieci anni è stato sindaco Federico Pizzarotti, che dopo aver fatto la faccia feroce sull’inceneritore aveva messo su una giunta di centrosinistra (il nuovo sindaco, Michele Guerra, era il suo assessore alla Cultura). Se invece a Parma si canta Bella ciao per celebrare la Resistenza, come mi pare si sia fatto, non ci vedo nulla di male. È vero che i partigiani non hanno mai cantato quella canzone. Del resto, braccati sulle montagne, non sarebbe stato prudente cantare. Giorgio Bocca ad esempio raccontava di non aver mai intonato Bella ciao, e sperava che nessuno lo facesse ai suoi funerali (non fu esaudito). Questo anche perché Bocca, pur avendo un bellissimo ricordo dei due inverni da partigiano, aveva anche una visione molto seria e molto dura della guerra di liberazione. Va detto, però, che quando da ragazzi sulle Langhe cantavamo Bella ciao, non eravamo neppure sfiorati dall’idea di fare un gesto politico, tanto meno ideologico. Bella ciao non era «una cosa di sinistra». Era un canto di liberazione, quindi di libertà. La guerra era finita da non molto tempo, la memoria era viva, ascoltavamo i ricordi dei nonni. Prima si bruciavano i paesi, si mandavano gli ebrei ad Auschwitz, si fucilavano i partigiani contro il muro del cimitero per fare prima (le vie attorno al cimitero di Alba sono dedicate a ragazzi uccisi a vent’anni); poi i paesi si ricostruivano, nascevano industrie di successo mondiale, si pubblicavano libri come «La tortura di Alba e dell’Albese»; l’autore non era un comunista, era il vescovo. Si fidi, signor Taliani; non solo abbiamo un’idea sbagliata del Duce; abbiamo un’idea sbagliata pure della Resistenza.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Cittadinanza se anche i genitori parlano italiano»

Caro Aldo, dopo aver letto, condividendola, la sua risposta su un possibile ius scholae, leggo, con altrettanto interesse l’intervento del presidente della Comunità di S. Egidio. In entrambi i testi, ovviamente sintetici, manca un accenno a due lati della questione che, ho l’impressione, non vengono dibattuti in pubblico forse perché politicamente imbarazzanti. Come insegnante volontaria in una «Scuola di italiano per stranieri» dall’autunno 2013 al febbraio 2020 (poi la scuola ha chiuso causa pandemia) e dopo avere ripreso a insegnare solo a due allievi egiziani dall’inizio di dicembre 2021 ai primi di giugno, mi permetto di aggiungere ciò che ho appreso in questi anni d’insegnamento in classi all’inizio molto numerose e man mano si sono ridotte. Due conclusioni: non bastano cinque anni di scuola italiana, soprattutto se elementare, e dovrebbe essere obbligatoria la buona conoscenza dell’italiano da parte di un genitore e di una almeno modesta da parte del secondo. Questo perché la prova di italiano richiesta in questi casi è veramente poco esigente. Inoltre, a me pare fondamentale la conoscenza dell’italiano da parte delle madri. Sono loro che educano i figli almeno fino agli 11-12 anni ed è con la madre che i figli di quell’età trascorrono più tempo. A questo si aggiunge il problema specifico degli studenti provenienti dal Nordafrica, che arrivano spesso alla fine delle elementari in patria o poco dopo che, disgraziati, non solo devono apprendere una nuova grafia (cosa molto difficile) ma anche, essendo quasi sempre privi di una lingua-ponte, fanno anche fatica ad apprendere l’uso delle vocali, di cui è ricco l’italiano.

Mariagrazia Pizzoni

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

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SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-07-04 22:01:00,

Caro Aldo,

dopo 25 anni di opposizione il Pd è finalmente riuscito a tornare al governo dell’amministrazione comunale di Parma. E come primo atto pubblico il nuovo sindaco è andato a posare una rosa al monumento al Partigiano intonando Bella ciao. Le confesso però che questo gesto, pur di rispetto per chi ha combattuto per la nostra libertà, l’ho trovato impregnato di retorica. Come se si volesse marcare piuttosto un territorio che si è tornati rabbiosamente ad occupare. Alleandosi per di più, pur di raggiungere il risultato, con chi li aveva malamente sconfitti nelle ultime due tornate elettorali. Glielo scrivo nella consapevolezza dei limiti di una destra che non è risultata convincente per i tanti suoi elettori astenutisi ma anche nella constatazione di come la sinistra continui molto a mitizzarsi il passato addosso. Né gli uni né gli altri riuscendo, quindi, davvero a essere politicamente credibili per il futuro che ci attende.

Mario Taliani Noceto (Parma)

Caro Mario,

Distinguerei. Se a Parma si canta Bella ciao per celebrare la vittoria del centrosinistra e la fine delle altre amministrazioni, si diventa ridicoli. Parma è stata amministrata a lungo da Elvio Ubaldi, un democristiano che ricordava un po’ Guazzaloca, e come Guazzaloca si è spento prematuramente dopo aver molto amato la propria città. Poi, dopo la parentesi di Pietro Vignali — su cui il giudizio definitivo è stato dato dagli elettori che hanno fatto prevalere nettamente il suo avversario —, per dieci anni è stato sindaco Federico Pizzarotti, che dopo aver fatto la faccia feroce sull’inceneritore aveva messo su una giunta di centrosinistra (il nuovo sindaco, Michele Guerra, era il suo assessore alla Cultura). Se invece a Parma si canta Bella ciao per celebrare la Resistenza, come mi pare si sia fatto, non ci vedo nulla di male. È vero che i partigiani non hanno mai cantato quella canzone. Del resto, braccati sulle montagne, non sarebbe stato prudente cantare. Giorgio Bocca ad esempio raccontava di non aver mai intonato Bella ciao, e sperava che nessuno lo facesse ai suoi funerali (non fu esaudito). Questo anche perché Bocca, pur avendo un bellissimo ricordo dei due inverni da partigiano, aveva anche una visione molto seria e molto dura della guerra di liberazione. Va detto, però, che quando da ragazzi sulle Langhe cantavamo Bella ciao, non eravamo neppure sfiorati dall’idea di fare un gesto politico, tanto meno ideologico. Bella ciao non era «una cosa di sinistra». Era un canto di liberazione, quindi di libertà. La guerra era finita da non molto tempo, la memoria era viva, ascoltavamo i ricordi dei nonni. Prima si bruciavano i paesi, si mandavano gli ebrei ad Auschwitz, si fucilavano i partigiani contro il muro del cimitero per fare prima (le vie attorno al cimitero di Alba sono dedicate a ragazzi uccisi a vent’anni); poi i paesi si ricostruivano, nascevano industrie di successo mondiale, si pubblicavano libri come «La tortura di Alba e dell’Albese»; l’autore non era un comunista, era il vescovo. Si fidi, signor Taliani; non solo abbiamo un’idea sbagliata del Duce; abbiamo un’idea sbagliata pure della Resistenza.

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, Aldo Cazzullo

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