Michele Placido: «Il mio sporco Caravaggio, è un film neorealista senza scene laccate»

di Valerio Cappelli

«Ho scelto Riccardo Scamarcio perché è antipatico come il regista. Rivedo nelle sue tele Accattone di Pasolini. Oggi potrebbe essere un fororeporter». Realtà e finzione

«Nell’ambiente del cinema mi chiedevano, ma perché prendi Riccardo Scamarcio come Caravaggio? È antipatico, ha certe prese di posizione…Ma perché, ho risposto, Caravaggio era simpatico? Per questo l’ho scelto», racconta Michele Placido.

Sono notti senza luna tra viuzze strette e pericolose. Una taverna in penombra, attraversata da lame di luce che sono rasoiate. Sembra già un suo quadro. Alla Festa del cinema è il giorno di L’ombra di Caravaggio (esce il 3 novembre per 01). Napoli, 1609. Sullo sfondo di una messinscena che possiede lo splendore e le miserie dell’età barocca, nei bassifondi avvengono risse continue. Pugnali, sangue. «Volevo un film sporco, neorealista, scene vissute e non laccate», dice Placido.

Poi appare lui, il pittore che dipinge il vero: il dolore dell’umanità, i miserabili, i ladri e le prostitute, i poveri cristi, i suoi santi che sono ragazzi di strada, Pasolini prima di Pasolini. «Era un mistico, rivedo nelle sue tele Accattone, le borgate. Oggi sarebbe un fotoreporter». Mise il popolo davanti ai potenti, irruppe un nuovo mondo. E poi Roma e dunque preti, aristocratici, «nella suburra di una vita malfamata». Scamarcio vede il pittore come «una rockstar della pittura, mi ricorda la vita maledetta di Elvis Presley».

Dice di avere punti in comune: «Siamo due provinciali arrivati a Roma, mossi da passioni autentiche. La sua energia e febbre l’ho riviste negli occhi di Michele Placido. Ho cercato di restituirla».

La musa che raffigura la sua Madonna è Lena, una prostituta, Michela Ramazzotti. Lui vive come un cane randagio, Campione nel ficcarsi nei guai, è in attesa della grazia papale che cancellerebbe la decapitazione per omicidio. Il suo destino è nelle mani della marchesa, Costanza Colonna, vedova dal comportamento lascivo, è la protettrice che ebbe un love affair col pittore: la splendida Isabelle Huppert: «Si identificò nella sua ribellione e trasgressione, lui era un personaggio shakespeariano:il bene, il male, la giustizia. Ma c’è anche Dostoevskij nella legittimità della ribellione». Nel cast troviamo anche sua figlia Lolita Chammah: è Anna Bianchini, cortigiana dai capelli ramati.

In una storia immaginifica e personale, Placido si ritaglia il ruolo dell’effeminato cardinal Del Monte, collezionista d’arte che ha sempre protetto il pittore: «La sua arte veniva osteggiata perché faceva pensare, risvegliava le coscienze».

Il regista immagina che papa Paolo V, per studiare quella testa calda si affidi a un messo, Louis Garrel, servo del potere si sarebbe detto una volta: «E’ un prete integralista. C’è il contrasto tra la bellezza di quei quadri e le leggende di violenza fiorite attorno a lui».

Si mostra ottuso al talento pittorico di Artemisia Gentileschi e a quello di un uomo che si è ritrae sullo scudo di una testa di Medusa con gli occhi spalancati, come usciti dalle orbite. E’ quel servo l’ombra del titolo, è lui che indaga sull’artista anarchico, impulsivo, ribelle. Garrel è un’iniezione di intelligenza: «Siamo tutti reazionari, come l’ombra. Di fronte alle avanguardie, sociali e artistiche; d’impulso diciamo no, le cose non si fanno così, prima era meglio…L’ombra è il fascismo e il conformismo che nascono dalla paura. Mi sono chiesto: cosa c’è di fascista in me? Ho molte cose. E ho recitato l’ombra così».

Le chiese romane non hanno dato il permesso per le riprese. Placido: «Ho mandato il copione, me l’hanno restituito indietro. Allora mi sono rivolto alle chiese napoletane, gemelle di quelle romane, gestite da associazioni private».

La colonna sonora è della moglie di Placido (unica cosa «imperdonabile»: per un film sul bello, si è presentato con i calzini corti da tedesco!). Federica Luna Vincenti anche produttrice: il film è costato 14 milioni. E’ l’ultimo anello dei tanti film su Michelangelo Merisi da Caravaggio: il biopic del 1941 con Amedeo Nazzari che disse: «La mia carriera comincia oggi»; la serie tv con Alessio Boni; lo sguardo ipnotico di Derek Jerman, tra simboli e surrealtà, Orso d’argento alla Berlinale del 1986; il film d’arte su Sky con la voce di Manuel Agnelli.

Caravaggio era un mistico e un carnale. La sua omosessualità è un tema periferico. Piuttosto amava le donne, che qui sono sfrontate, mai sottomesse, libere, passionali. Con Isabelle Huppert, non poteva che essere così.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

18 ottobre 2022 (modifica il 18 ottobre 2022 | 20:51)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-10-18 19:14:00,

di Valerio Cappelli

«Ho scelto Riccardo Scamarcio perché è antipatico come il regista. Rivedo nelle sue tele Accattone di Pasolini. Oggi potrebbe essere un fororeporter». Realtà e finzione

«Nell’ambiente del cinema mi chiedevano, ma perché prendi Riccardo Scamarcio come Caravaggio? È antipatico, ha certe prese di posizione…Ma perché, ho risposto, Caravaggio era simpatico? Per questo l’ho scelto», racconta Michele Placido.

Sono notti senza luna tra viuzze strette e pericolose. Una taverna in penombra, attraversata da lame di luce che sono rasoiate. Sembra già un suo quadro. Alla Festa del cinema è il giorno di L’ombra di Caravaggio (esce il 3 novembre per 01). Napoli, 1609. Sullo sfondo di una messinscena che possiede lo splendore e le miserie dell’età barocca, nei bassifondi avvengono risse continue. Pugnali, sangue. «Volevo un film sporco, neorealista, scene vissute e non laccate», dice Placido.

Poi appare lui, il pittore che dipinge il vero: il dolore dell’umanità, i miserabili, i ladri e le prostitute, i poveri cristi, i suoi santi che sono ragazzi di strada, Pasolini prima di Pasolini. «Era un mistico, rivedo nelle sue tele Accattone, le borgate. Oggi sarebbe un fotoreporter». Mise il popolo davanti ai potenti, irruppe un nuovo mondo. E poi Roma e dunque preti, aristocratici, «nella suburra di una vita malfamata». Scamarcio vede il pittore come «una rockstar della pittura, mi ricorda la vita maledetta di Elvis Presley».

Dice di avere punti in comune: «Siamo due provinciali arrivati a Roma, mossi da passioni autentiche. La sua energia e febbre l’ho riviste negli occhi di Michele Placido. Ho cercato di restituirla».

La musa che raffigura la sua Madonna è Lena, una prostituta, Michela Ramazzotti. Lui vive come un cane randagio, Campione nel ficcarsi nei guai, è in attesa della grazia papale che cancellerebbe la decapitazione per omicidio. Il suo destino è nelle mani della marchesa, Costanza Colonna, vedova dal comportamento lascivo, è la protettrice che ebbe un love affair col pittore: la splendida Isabelle Huppert: «Si identificò nella sua ribellione e trasgressione, lui era un personaggio shakespeariano:il bene, il male, la giustizia. Ma c’è anche Dostoevskij nella legittimità della ribellione». Nel cast troviamo anche sua figlia Lolita Chammah: è Anna Bianchini, cortigiana dai capelli ramati.

In una storia immaginifica e personale, Placido si ritaglia il ruolo dell’effeminato cardinal Del Monte, collezionista d’arte che ha sempre protetto il pittore: «La sua arte veniva osteggiata perché faceva pensare, risvegliava le coscienze».

Il regista immagina che papa Paolo V, per studiare quella testa calda si affidi a un messo, Louis Garrel, servo del potere si sarebbe detto una volta: «E’ un prete integralista. C’è il contrasto tra la bellezza di quei quadri e le leggende di violenza fiorite attorno a lui».

Si mostra ottuso al talento pittorico di Artemisia Gentileschi e a quello di un uomo che si è ritrae sullo scudo di una testa di Medusa con gli occhi spalancati, come usciti dalle orbite. E’ quel servo l’ombra del titolo, è lui che indaga sull’artista anarchico, impulsivo, ribelle. Garrel è un’iniezione di intelligenza: «Siamo tutti reazionari, come l’ombra. Di fronte alle avanguardie, sociali e artistiche; d’impulso diciamo no, le cose non si fanno così, prima era meglio…L’ombra è il fascismo e il conformismo che nascono dalla paura. Mi sono chiesto: cosa c’è di fascista in me? Ho molte cose. E ho recitato l’ombra così».

Le chiese romane non hanno dato il permesso per le riprese. Placido: «Ho mandato il copione, me l’hanno restituito indietro. Allora mi sono rivolto alle chiese napoletane, gemelle di quelle romane, gestite da associazioni private».

La colonna sonora è della moglie di Placido (unica cosa «imperdonabile»: per un film sul bello, si è presentato con i calzini corti da tedesco!). Federica Luna Vincenti anche produttrice: il film è costato 14 milioni. E’ l’ultimo anello dei tanti film su Michelangelo Merisi da Caravaggio: il biopic del 1941 con Amedeo Nazzari che disse: «La mia carriera comincia oggi»; la serie tv con Alessio Boni; lo sguardo ipnotico di Derek Jerman, tra simboli e surrealtà, Orso d’argento alla Berlinale del 1986; il film d’arte su Sky con la voce di Manuel Agnelli.

Caravaggio era un mistico e un carnale. La sua omosessualità è un tema periferico. Piuttosto amava le donne, che qui sono sfrontate, mai sottomesse, libere, passionali. Con Isabelle Huppert, non poteva che essere così.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

18 ottobre 2022 (modifica il 18 ottobre 2022 | 20:51)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, Valerio Cappelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Exit mobile version