La lettera di Carlo Calenda: Ormai il voto è contro qualcuno oppure per una moda (come il vaffa grillino)

La lettera di Carlo Calenda: Ormai il voto è contro qualcuno oppure per una moda (come il vaffa grillino)

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di Carlo CalendaIl leader del Terzo polo: in una democrazia gli elettori non possono avere sempre ragione e contemporaneamente sempre lamentarsi della politica, che pure hanno votato Caro direttore, ha destato scandalo una mia dichiarazione al Corriere in cui sostenevo che il voto a Attilio Fontana incomprensibile dal punto di vista dei risultati di governo ottenuti nella gestione del Covid. Gli elettori hanno sempre ragione hanno tuonato all’unisono quei commentatori che pure tutti i giorni da decenni scrivono dei mali della politica italiana. E in questo sta l’ipocrisia. In una democrazia gli elettori non possono avere sempre ragione e contemporaneamente sempre lamentarsi della politica che pure hanno votato. Che nella democrazia l’elettore sia il Re un fatto, ma che anche i Re possano sbagliare altrettanto comprovato. Sostengo, non da oggi e non a giustificazione del deludente risultato del Terzo polo di cui mi sono assunto tutte le responsabilit, che in Italia da molto tempo il voto degli elettori prescinda da ogni criterio razionale relativo alla capacit effettiva di governo delle istituzioni dei candidati in campo. Negli ultimi decenni prevalso il voto contro — destra e sinistra — a cui da ultimo si affiancato il voto per moda. Si votano i 5S quando va di moda il vaffa (contro i politici che pure abbiamo votato nelle precedenti elezioni); poi il Capitano che promette prima gli italiani (come se questa affermazione avesse una qualsiasi valenza programmatica) infine la Giorgia nazionale del sono una madre, sono cristiana (anche questo, uno slogan non esattamente pregno di significato politico). Consensi fondati sul nulla e che rapidamente tornano al nulla appena i protagonisti vengono a noia agli elettori. Il voto diventato insomma per una parte della popolazione l’equivalente del televoto al Festival di Sanremo. E non un caso che Sanremo sia diventato l’unico evento politico seguito da dieci milioni di italiani. Insomma tra voto contro e televoto l’unica cosa che le elezioni non sono davvero pi il meccanismo di scelta delle persone pi preparate per governare il Paese. Vi infatti oramai una totale separazione tra elezioni e governo. Le strategie di marketing elettorale, consistenti in promesse di rivoluzioni, si trasformano, una volta che il leader di turno arrivato al governo, in prudentissime tattiche di galleggiamento. E del resto come si spiega altrimenti il fatto che il 70% circa degli italiani avesse un’ottima opinione del governo Draghi al momento della sua caduta e la stessa percentuale, qualche mese dopo, abbia votato per partiti che ne hanno provocato la caduta o non lo hanno mai appoggiato? Alla fine sono gli stessi elettori ad esprimere con il non voto il disgusto verso la politica che pure hanno votato. Raramente si domandano ma il problema non sar nel modo in cui ho votato, non avr forse dato scarso peso alla seriet e preparazione dei candidati?. Risulta sempre pi facile rimuovere. Di questo processo ho avuto un’eclatante prova durante la campagna per le elezioni per il sindaco di Roma. In un anno di incontri sul territorio non ho mai avuto la ventura di imbattermi in un elettore che ammettesse di aver votato Virginia Raggi, che pure aveva ottenuto il 67% dei consensi nelle precedenti elezioni. Le cause di questa degenerazione della democrazia italiana, e delle democrazie liberali in generale, sono diverse e profonde. La mancanza di affidamento verso le classi dirigenti (che data dalla caduta delle ideologie), il gap crescente tra istruzione e complessit dei fenomeni di cui la politica si occupa, la rabbia derivante da un trentennio di slogan ottimistici su processi complessi come globalizzazione e multiculturalismo, l’avvento della societ dell’intrattenimento dove tutto, politici e informazione in testa, deve appunto intrattenere piuttosto che informare e proporre. Quando ho deciso di fare politica e di fondare un partito ho scelto di operare in questo campo di gioco. Ne conoscevo le regole e le degenerazioni. Mai dunque potrei usarle come scusa per giustificare un risultato non soddisfacente. Ma altra cosa tacere su quello che il problema fondamentale dei nostri tempi e del nostro Paese. Combattere questa deriva precisamente la ragione per cui faccio politica. Non condivido chi crede nell’ineluttabilit di questa situazione e suggerisce con superbia che la politica deve essere in grado di fare scelte impopolari. Credo invece che compito della politica sia far diventare popolari le scelte giuste. Ma ci riusciremo solo attraverso la consapevolezza. La rimozione ci ha portato dritti ad un trentennio di declino morale e civile. 17 febbraio 2023 (modifica il 17 febbraio 2023 | 08:42) © RIPRODUZIONE RISERVATA , , https://www.corriere.it/rss/politica.xml,

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