di Micaela Romagnoli
L’esperienza di autonomia realizzata grazie alla Fondazione Dopo di Noi. Tre donne con disabilit vivono da sole. Lavorano, fanno la spesa e si muovono in un contesto amico
Vivere fuori dalla casa della mia famiglia una maturazione; mi piace molto perch ho delle amiche che abitano con me. una vita nuova, la mia vita, libera. In poche parole, Caterina spiega il senso dei progetti della Fondazione Dopo di Noi, nata a Bologna vent’anni fa, sulla spinta di alcuni genitori di figli con disabilit, per dare risposta al desiderio di garantire loro un futuro sereno. Caterina ha 34 anni, vive a Crevalcore, nel Bolognese; ha un contratto a tempo indeterminato come impiegata e spera di trovare un fidanzato. Da sette anni, condivide un appartamento nel centro della cittadina con Elisa, 46 anni, gi in pensione, ama fare la casalinga ed attiva nel volontariato. Entrambe hanno la sindrome di Down. Nel 2017, si aggiunta Roberta, 34 anni, affetta da un disturbo mentale di media gravit, lavora part-time. Con loro, c’ anche una gatta.
Se all’inizio di questa esperienza di vita insieme, c’era bisogno di tanto supporto esterno, ora le due educatrici che le seguono si alternano solo per 12 ore a settimana: le aiutano a fare la lista della spesa, il men e le sostengono nella relazione, piccoli litigi inclusi. Roberta orfana, Elisa e Caterina invece hanno i genitori, fratelli e sorelle, che frequentano regolarmente; l’autostima alle stelle quando li invitano a casa per un pranzo cucinato da loro. Hanno amici a Bologna che raggiungono da sole in treno. La loro casa un esempio dei servizi abitativi sui quali la Fondazione Dopo di Noi investe. Puntiamo sulle persone e sulle loro capacit; grazie a un lavoro di rete, tra pubblico, privato, volontariato, comunit attorno, si possono ottenere – spiega Luca Marchi, direttore della Fondazione – risultati nuovi. Un futuro diverso possibile, fatto di maggiori autonomie, libert, sicurezza. La storia di Elisa, Caterina e Roberta inizia quando il padre di Elisa si presenta negli uffici della Fondazione e racconta di occuparsi di tutti gli spostamenti della figlia, casa-parrocchia-corso di chitarra.
Se un giorno dovessi farmi male e non riuscissi pi ad accompagnarla?. Una domanda sulla quale si pu cominciare a costruire una nuova strada. La problematica del dopo di noi non la disabilit – sottolinea il direttore – ma quel legame genitore-figlio che normalmente si allenta pian piano, invece spesso di fronte a una persona con disabilit s’intensifica e diventa a volte patologico. Allora, la soluzione poteva essere trovata nella ricerca di una badante o di un’associazione addetta ai servizi di trasporto. Senza offrire per un’evoluzione. Elisa e Caterina erano gi amiche, le loro famiglie si frequentavano, cos abbiano deciso di investire sulle loro tante capacit. Grazie alla generosit di un altro padre legato alla Fondazione, che ha messo a disposizione un appartamento, Elisa e Caterina hanno potuto fare il grande passo.
Il vicinato si reso disponibile in caso di bisogno, i commercianti del paese hanno regalato oggetti utili, il supermercato ha fin da subito avuto un occhio di riguardo per le due clienti speciali. Quando le educatrici si rendono conto che il rapporto tra le amiche sta diventando troppo chiuso, la Fondazione decide di inserire un’altra persona, Roberta. In questa storia, dal punto di vista del genitore “il dopo di noi” risolto, sottolinea il direttore. Dietro c’ un enorme lavoro di squadra. Il dopo di noi spesso diventa l’eterno incompiuto. Di per s, un tema antipatico, perch contiene la disabilit che non si risolve e l’invecchiamento dei familiari che anch’esso non ha una soluzione – conclude Marchi – In quest’ottica, noi cerchiamo il punto di vista positivo: non il venir meno dei genitori, il costruire un futuro per i figli, nel quale i genitori possano sentirsi orgogliosi.
23 gennaio 2023 (modifica il 23 gennaio 2023 | 16:58)
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