Casi di violenza sulle donne, Crepet: Leducazione parte dalle famiglie ma deve coinvolgere le scuole

Allarme, ma anche speranza. Queste sono le due parole chiave utilizzate dal noto psichiatra Paolo Crepet, in un’intervista a Il Gazzettino, per descrivere l’escalation di casi di violenza sulle donne in Veneto. Con 6.400 richieste di aiuto all’anno, si tratta di un dato impressionante, quasi 20 donne al giorno che decidono di alzare la voce contro gli abusi subiti.

Tuttavia, Crepet sostiene che questa tendenza è anche un segno positivo: “È una fortuna”, dice, “che l’idea di denunciare la violenza subita sta prendendo piede”. Infatti, la maggioranza delle donne che ricorrono ai centri antiviolenza è italiana, non immigrata. Un indicatore che, nonostante la gravità del problema, le donne sono sempre più decise a non rimanere silenziose.

L’istruzione sembra svolgere un ruolo chiave. Il 55% delle donne che chiedono aiuto ha un grado di istruzione medio-alto. Crepet non ne è sorpreso: “Le persone che hanno strumenti culturali e sociali sono maggiormente portate a denunciare. Più hai cultura e meno accetti la violenza”.

Non si tratta solo di violenza fisica. La violenza psicologica, lo stalking, la cyberviolenza sono fenomeni in crescita in Veneto. Questa tendenza riflette una nuova consapevolezza tra le donne, che stanno denunciando ogni forma di abuso, anche quelli meno evidenti.

I dati mostrano un aumento del fenomeno: nel 2020 ci sono state 3.110 donne seguite dai Centri antiviolenza, l’anno successivo 3.450. Crepet vede dietro a un uomo violento una famiglia che giustifica la violenza, ribadendo l’importanza di proteggere le donne.

Qual è il ruolo delle istituzioni? Secondo Crepet, devono continuare a “seminare parole di speranza”, sottolineando l’importanza dell’educazione nelle famiglie, nelle scuole e nelle realtà sportive. Perché, nonostante il terribile dato, c’è anche una speranza: quella di un cambiamento culturale in atto.