Bozzoli, la sentenza: ergastolo per il nipote Giacomo, ha ucciso lui lo zio

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di Mara Rodella

Dopo sette anni di misteri e colpi di scena, l’unico imputato per l’omicidio di Mario Bozzoli – scomparso nella sua fonderia a Marcheno (Brescia) l’8 ottobre 2015 – è stato ritenuto colpevole in primo grado

La Corte d’Assise di Brescia, dopo una lunga camera di consiglio, ha emesso la sua sentenza: Giacomo Bozzoli è stato condannato in primo grado all’ergastolo per aver ucciso lo zio Mario, nella fonderia di Marcheno, e averne distrutto il cadavere. La difesa chiedeva l’assoluzione totale per mancanza di prove, i giudici hanno invece accolto la richieste dell’accusa che aveva chiesto il massimo della pena per il nipote, unico imputato in questi anni. Giacomo Bozzoli, in aula, visibilmente scosso, è stato sostenuto dal padre Adelio e dal fratello Alex.

Cosa accadde sette anni fa

Mario Bozzoli, 50 anni, imprenditore, scomparve dalla fonderia di Marcheno (Brescia) la sera dell’8 ottobre 2015: alle 19.13 chiamò la moglie Irene – che non immaginava sarebbe stata l’ultima volta in cui gli avrebbe parlato – per dirle di essere in ritardo, che si sarebbe fatto una doccia, cambiato, e l’avrebbe raggiunta in un ristorante sul Garda. Non ci arrivò mai. La sua auto nel parcheggio, i suoi abiti ancora nello spogliatoio, ma di lui nessuna traccia: sparito nel nulla con i vestiti da lavoro e le scarpe antinfortunistiche ancora addosso, niente telefono (non è mai stato trovato) né soldi. L’allarme scattò attorno alle 22, quando preoccupata non vedendolo rientrare, Irene chiese al figlio minore – che viveva in Valtrompia – di fare un salto in fabbrica per capire che fine avesse fatto il padre.

La scomparsa di Giuseppe Ghirardini

Quella sera a Marcheno c’erano altri operai, oltre a Giacomo e Alex Bozzoli, figli di Adelio, fratello di Mario. Sei giorni dopo uno di loro scompare: Giuseppe Ghirardini, coetaneo del titolare Mario, addetto al forno grande della fonderia, chiama un amico per annullare una battuta di caccia causa maltempo e sale in auto, direzione Valcamonica. Viene trovato senza vita il 18 ottobre 2015 nei boschi di Case di Viso: stroncato da una capsula di cianuro rinvenuta nello stomaco. L’inchiesta aperta per istigazione al suicidio a carico di Alex e Giacomo è stata definitivamente archiviata (dopo una proroga di indagini disposta dal gip) nei mesi scorsi. Sul fatto che le due vicende siano strettamente collegate gli inquirenti non hanno mai avuto dubbi.

L’inchiesta della Procura per omicidio

Per quanto riguarda Mario, si iniziò a indagare ipotizzando un omicidio quasi da subito, nonostante l’azienda sia stata posta sotto sequestro solo una settimana dopo la sua scomparsa. A vario titolo furono indagati (per favoreggiamento) anche alcuni degli operai. Per la procura Mario sarebbe stato ucciso e gettato nel forno: ipotesi, questa, abbandonata negli anni dopo l’avocazione del fascicolo da parte della procura generale e tornata in auge solo la scorsa primavera, dopo l’esperimento giudiziale in scala disposto dalla Corte d’assise – con un maialino di 13,2 chili – per capire, viste le conclusioni divergenti dei consulenti tecnici di parte, cosa sarebbe successo, con quali reazioni e in quali tempi.

Unico imputato: il nipote Giacomo

Perché a quasi sette anni dai fatti, unico a processo con l’accusa di omicidio volontario e premeditato dello zio Mario, oltre che di distruzione del corpo, è il nipote, Giacomo Bozzoli. Che si è sempre detto innocente. Per i sostituti procuratori Silvio Bonfigli e Marco Martani, che a suo carico hanno chiesto l’ergastolo, Giacomo avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni, salvo poi affidarne il corpo a Ghirardini, il quale, “dietro compenso” l’avrebbe gettato, appunto, nel forno grande. Avrebbe ucciso spinto da un movente economico, stanco di quello zio che non condivideva la gestione “allegra” dell’azienda da parte del fratello e dei nipoti, pronti a gonfiare fatture, risparmiare sulle leghe e truffare l’assicurazione: non a caso, nell’auto di Mario – ne è certa l’accusa – fu ritrovata una fattura da oltre 46 mila euro di lavori mai eseguiti per aggiustare uno dei forni. In sintesi: un raggiro all’assicurazione.

La difesa: assoluta mancanze di prove. Il ruolo di Abu e Oscar Maggi

Di parere opposta la difesa, che per voce dell’avvocato Luigi Frattini ha chiesto l’assoluzione di Giacomo “per assoluta assenza di prove a suo carico”, sostenendo che alle 19.19 di quella sera, quindi un minuto dopo la fumata anomala alla Bozzoli che per l’accusa certificherebbe la morte dell’imprenditore, Mario fosse vivo e a bordo di un muletto avvistato uscire dal magazzino dei pani di ottone. Non solo. Per la difesa non si può nemmeno sostenere con certezza la vittima sia stata fatta sparire nel forno, anzi. L’accusa ha chiesto anche di rinviare gli atti alla procura affinché proceda per favoreggiamento e falsa testimonianza nei confronti di due operai: Abu e Oscar Maggi. Agli atti anche le intercettazioni in cui nell’ottobre 2015 cercano disperatamente di contattare Ghirardini per accordarsi affinché tutti diano agli investigatori la stessa versione. Per gli inquirenti non possono non aver visto o saputo qualcosa.

30 settembre 2022 (modifica il 30 settembre 2022 | 20:15)

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, 2022-09-30 19:37:00, Dopo sette anni di misteri e colpi di scena, l’unico imputato per l’omicidio di Mario Bozzoli – scomparso nella sua fonderia a Marcheno (Brescia) l’8 ottobre 2015 – è stato ritenuto colpevole in primo grado, Mara Rodella

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