Catasto, un accordo che non placa la destra d’opposizione

Catasto, un accordo che non placa la destra d’opposizione

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di Massimo FrancoSalvini smentisce un asse con i 5 Stelle, ma entrambi continuano a martellare contro gli aiuti militari all’Ucraina Il compromesso trovato dal centrodestra di governo con Mario Draghi su catasto e fisco va letto anche come un messaggio a Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia insiste da tempo sulla dannosità di far parte di una maggioranza di unità nazionale da parte dei suoi alleati. Lega e FI hanno sempre risposto che l’opposizione consente una rendita elettorale ma non permette di incidere. Per questo, l’esito del colloquio di ieri a Palazzo Chigi fra Draghi e Matteo Salvini torna utile al capo del Carroccio e a Silvio Berlusconi nella competizione con Meloni: serve a giustificare la loro permanenza nell’esecutivo. Ma è difficile che sani conflittualità e divergenze. La leader di FdI liquida la riforma del catasto come «la patrimoniale mascherata che voleva Enrico Letta, segretario del Pd», soddisfatto per l’intesa. E replica alle accuse della Lega di pensare solo al suo partito. Lo scontro più preoccupante, tuttavia, va oltre il recinto di questo schieramento: rimanda alle divergenze nella maggioranza e nel centrodestra sulla politica estera. Lo conferma il fatto che ieri Salvini sia stato costretto a smentire un asse con il M5S sull’invasione russa in Ucraina. Eppure, magari non cercata né voluta, la loro convergenza è vistosa; e per questo perfino più sconcertante. Accreditare «un asse con gli italiani e il Papa», come fa Salvini, significa velare l’ostilità agli aiuti militari a Kiev. Eppure, all’unisono leghisti e grillini continuano a sostenere che dare armi all’Ucraina allungherebbe la guerra. Nel silenzio imbarazzato del ministro degli Esteri dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e il suo movimento non smettono di attaccare il governo: Draghi e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Ritorna l’intimazione di Conte al premier di spiegare al Parlamento le scelte di politica estera. E il M5S definisce «allarmanti» le parole di Guerini sulla consegna di armi per «neutralizzare» l’aggressione russa; e per avere sostenuto che un negoziato può aprirsi solo dopo il «cessate il fuoco»: critiche che fanno il paio con quelle del leghista sulla fornitura di armi. Si tratta di un tentativo simmetrico di smarcamento dalla strategia europea e della Nato. Ma si scontra sia con le scelte di Draghi, rafforzate e approvate dal capo dello Stato, Sergio Mattarella; sia con il silenzio-assenso di Di Maio. L’ambiguità è vistosa. E fa ristagnare il sospetto di una presa di distanze che finisce per favorire la propaganda del presidente russo Vladimir Putin. Giorgia Meloni ironizza su Conte. «Fa sorridere la sua posizione. Prima ha votato un mandato pieno al governo sul tema delle armi e poi chiede che Draghi venga a riferire». Ma forse, segnalando la contraddizione pensa non solo al capo del M5S ma anche a quello leghista. 5 maggio 2022 (modifica il 5 maggio 2022 | 21:52) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-05 19:52:00, Salvini smentisce un asse con i 5 Stelle, ma entrambi continuano a martellare, Massimo Franco

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