lavoro
di Diana Cavalcoli04 feb 2023
Ogni anno l’Italia perde l’1% del Pil per via dei cervelli in fuga bruciando miliardi di investimenti fatti in capitale umano. Secondo uno studio di Brunello Rosa, docente della London School of Economics, citato dal Sole 24 ore: su 6 milioni di italiani che vivono all’estero un terzo rientra nella categoria dei lavoratori qualificati. Parliamo quindi di circa 2 milioni di persone che hanno studiato in Italia e che hanno intrapreso (o sono stati costretti a cercare) una carriera oltreconfine. Se ad oggi circa il 28% dei giovani sopra i 25 anni ha una laurea, tra gli expat italiani la percentuale arriva al 33%.
Tra le mete di riferimento il Regno Unito ma anche i paesi del Nord Europa dai Paesi Bassi alla Germania passando dalla vicina Svizzera. I giovani italiani hanno quindi scelto Paesi con un mercato del lavoro meno ingessato e, banalmente, dove i salari offerti erano pi alti. Una perdita di conoscenze e potenzialit che interessa anche il tessuto imprenditoriale. Come scrive La Voce:I giovani con alti livelli di istruzione sono il gruppo della popolazione con maggiori probabilit di diventare imprenditori; nel caso italiano sono per anche il gruppo della popolazione con tassi emigratori pi alti.
Un fenomeno quello dei cervelli in fuga che si acuito negli anni. Secondo lo studio della London School of Economics dal 2015, sono emigrati dall’Italia 50mila giovani lavoratori ogni anno. In termini di perdita di investimento per il nostro Paese si parla di 14 miliardi di euro all’anno in fumo. Pi nel dettaglio, lo studio fa riferimento ai dati di Confindustria del 2018 per cui i costi sostenuti da una famiglia per crescere un figlio fino a 25 anni, studi inclusi, di circa 165 mila euro. Se si considera una fuga di 50 mila over 25 (erano 20 mila nel 2008) significa aver perso 8,3 miliardi all’anno a cui se ne sommano circa 5,6 in costi sostenuti dallo Stato per offrire servizi di istruzione e non solo.
Si parla quindi di circa l’1% di Pil bruciato, se oltre all’istruzione si guarda anche alle spese sanitarie offerte dal nostro Paese. Il tutto per l’incapacit del sistema Italia di offrire prospettive di crescita professionale alle nuove generazioni e ai giovani meglio istruiti. Autogol a cui si aggiunge l’ancora bassa capacit di attrarre talenti dall’estero.
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