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Si deve allo psicologo tedesco Gerd Gigerenzer, direttore dell’Harding Center for Risk Literacy dell’università di Postdam e direttore emerito del Max Planck Institute for Human Development, il più recente e aggiornato studio sul rapporto tra intelligenza artificiale (IA) e intelligenza umana, pubblicato in Germania nel 2022 e tempestivamente tradotto in italiano dall’editore Cortina (G.G., Perché l’intelligenza umana batte ancora gli algoritmi, Raffaello Cortina editore, 2023).
Il libro è stato scritto a ridosso del big bang di ChatGPT, il software conversazionale di OpenAI (novembre 2022) che sta suscitando serrati confronti tra nuovi apocalittici e nuovi integrati, per usare un’immagine di Umberto Eco, i primi angosciati dalla prospettiva che le macchine che apprendono finiscano per condizionare le scelte degli esseri umani limitando la loro libertà fino ad annullarla (un paragrafo è intitolato “Sopravviverà la democrazia?”), i secondi disposti a delegare una serie di decisioni ad autorità sovraordinate – quelle che l’autore definisce “business della sorveglianza” – in cambio di vantaggi in diversi settori, dalle cure mediche robotizzate alla guida automatica dei veicoli, dalla traduzione automatica in e da tutte le lingue fino alla scelta di un partner.
In entrambi i casi si tratta di atteggiamenti sbagliati, i primi (apocalittici) per eccesso di diffidenza verso l’innovazione tecnologia, i secondi (integrati) per difetto di spirito critico e rinuncia all’autonomia riflessiva. Affermazioni che Gigerenzer supporta con una lunga e dettagliata serie di esempi, che lo portano a concludere che per quanto potente e imbattibile sul piano dell’elaborazione delle informazioni l’IA è condizionata e limitata dal fatto di poter lavorare solo sui contenuti di cui dispone, e secondo programmi che vengono comunque predisposti da soggetti umani. Manca insomma di creatività e di sensibilità, che sono caratteristiche esclusive del genere umano. L’IA non può inventare nulla (salvo nuove combinazioni tra elementi dati), e non ha sentimenti (li può solo simulare). Per questo non può battere l’intelligenza umana.
L’alternativa allo scetticismo e alla sudditanza verso l’IA è quella di “diventare cittadini digitali attenti”, cioè informati, consapevoli e critici, spingendo i decisori politici, almeno nei sistemi liberaldemocratici, a “mostrare i denti alle aziende hi-tech” affinché la rete torni a svolgere la sua funzione originaria, “basata sul libero scambio di conoscenza anziché sul capitalismo della sorveglianza” (p. 241).
La fluidità dell’esposizione, dovuta a una buona traduzione (che l’IA non garantisce), e un meticoloso indice analitico, facilitano la lettura di questo volume, di sicuro interesse per il mondo della scuola.
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