Chi è Rosario D’Onofrio, l’ex procuratore arbitri arrestato: l’esercito, la finta laurea

Chi è Rosario D’Onofrio, l’ex procuratore arbitri arrestato: l’esercito, la finta laurea

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di Marco Letizia

La doppia vita di D’Onofrio, colui che doveva controllare gli arbitri, finito in carcere perché coinvolto in un’inchiesta di traffico di droga. Nel mondo degli spacciatori veniva chiamato «Rambo», era stato sospeso dall’Esercito e deferito dalla procura Figc

L’uomo dai due volti. E dalla doppia vita. La vicenda umana e giudiziaria di Rosario D’Onofrio, l’ormai ex presidente della procura dell’Aia, l’Associazione nazionale arbitri, arrestato per associazione per delinquere nell’ambito di un’inchiesta della Dda milanese che ha portato a smantellare un traffico di stupefacenti tra Italia e Spagna, ha dell’incredibile. L’11 marzo 2021 la Sezione di Cinisello Balsamo comunica: «Il nostro associato Rosario D’Onofrio è stato meritatamente nominato Procuratore Nazionale. Per Rosario una grande gratificazione che gli consentirà di poter pienamente esprimere le sue qualità personali e professionali. Il presidente Giuseppe Esposito, il consiglio direttivo e tutti gli associati inviano a Rosario le migliori congratulazioni e un sentito ringraziamento per l’immagine di prestigio che la sua nomina conferisce a tutta la sezione Cinisellese!». Peccato che si trattasse dello stesso Rosario D’Onofrio che era già stato arrestato una prima volta nel maggio 2020 per essere stato trovato in possesso di un carico di 40 chili di marijuana.

Come la doppia vita di D’Onofrio potesse essere stata finora invisibile all’Aia resta un mistero, tanto che il presidente della Figc Gabriele Gravina non usa mezze parole: «Sono sconcertato, ho subito chiesto riscontro al presidente Trentalange sulle modalità di selezione del Procuratore, in quanto la sua nomina è di esclusiva pertinenza del comitato nazionale su proposta del presidente dell’Aia. Una cosa è certa, la Figc assumerà tutte le decisioni necessarie a tutela della reputazione del mondo del calcio e della stessa classe arbitrale».

Del resto D’Onofrio, che per l’Aia era al di sopra di ogni sospetto, tanto da meritarsi nel luglio di quest’anno il premio «Concetto Lo Bello», nel giro degli spacciatori era invece conosciuto come «Rambo», uno se serve pronto ad usare le mani: «Dice che se lo prende lo tortura con corrente …» si scrivono su messaggistica criptata due della banda, riferendosi al ruolo di D’Onofrio in un pestaggio.

In serata l’Aia ha diffuso un comunicato in cui esprime «sorpresa e sgomento», si dice «vittima» di un «tradimento», cioè le mancate dichiarazioni di D’Onofrio che avrebbe dovuto segnalare le sue disavventure con la giustizia e se n’è ben guardato («Per assumere la qualifica di arbitro, l’interessato deve dichiarare l’assenza di procedimenti penali nonché di condanne superiori a un anno per reati dolosi in giudicato. L’articolo 42 infine del Regolamento Aia impone l’immediata comunicazione al Presidente di sezione di avvisi di garanzia, pendenze di procedimenti penali e misure restrittive della libertà personale») e rammenta che «non ha a disposizione poteri istruttori per esercitare un’opera di verifica e controllo di quanto dichiarato dagli associati».

Ma a scavare nella vita di D’Onofrio di ambiguità se ne trovano parecchie. Innanzitutto la professione, quella di ufficiale dell’ Esercito. Che non esercitava più in quanto era stato sospeso: ma non per un problema da poco. Era ufficiale medico, ma si era scoperto che non aveva mai conseguito la laurea in medicina.

E anche la sua attività collaterale di arbitro prima e di procuratore arbitrale poi era terminata con D’Onofrio deferito il 28 ottobre scorso dal procuratore federale della Figc Chiné per non aver instaurato un formale procedimento disciplinare nella vicenda relativa all’assistente arbitrale Robert Avalos. Insomma il procuratore che viene indagato: una vicenda che ben rappresenta il doppio volto di D’Onofrio.

12 novembre 2022 (modifica il 12 novembre 2022 | 19:38)

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, 2022-11-12 18:38:00, La doppia vita di D’Onofrio, colui che doveva controllare gli arbitri, finito in carcere perché coinvolto in un’inchiesta di traffico di droga. Nel mondo degli spacciatori veniva chiamato «Rambo», era stato sospeso dall’Esercito e deferito dalla procura Figc, Marco Letizia

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