i personaggi Mezzogiorno, 27 settembre 2022 – 08:04 La regione laboratorio dell’intesa tra Pd e M5S sull’onda del voto ha registrato un terremoto politico. Impersonato dai volti simbolo di successi e sconfitte di Michele Cozzi Un mezzo terremoto politico si è abbattuto sulla Puglia. Quella che fu la regione del laboratorio dell’intesa tra Pd e M5S, del civismo, come «gamba» aggiuntiva del centrosinistra, della «Stalingrado» che non sarebbe caduta e avrebbe resistito all’attacco dei «barbari» alle porte, si risveglia il giorno dopo con un esisto elettorale sorprendente. La vittoria, anche grazie alle alchimie della legge elettorale, della destra di Giorgia Meloni e la rinascita del M5S, targato Giuseppe Conte che riesce a confermarsi, nonostante anni di più bassi che alti, il primo partito della regione. E la sconfitta della sinistra. Diversamente da altre epoche, in cui anche un decimale in più poteva essere sufficiente per salvare la faccia, con l’esito delle politiche questi giochetti non sono più possibili: vincitori e vinti hanno un volto preciso. In questo focus, si analizzano i profili individuali e politici, di due vincitori e di due sconfitti. Nulla di traumatico e di personale. È la politica, bellezza. Giuseppe Conte: il capolavoro oltre GrilloGiuseppe Conte , pugliese di Volturara Appula, l’avvocato del popolo, prof universitario, bi-presidente del Consiglio nella scorsa legislatura, è riuscito nel miracolo di rianimare il M5S. Che sembrava destinato ad un lento e costante declino, per l’incapacità di passare dall’epoca della protesta a quella del governo, e di liberarsi dalla lunga ombra di Beppe Grillo, il padre-padrone del Movimento prima maniera. Sorprendentemente, nonostante tutta una lunga serie di intemperie – dal gasdotto Tap, all’Ilva, alla Xylella, alla conversione «emilianana» alla Regione Puglia -, il M5S diventa il primo partito pugliese. Riuscendo a surclassare non solo il Pd, ma anche Fratelli d’Italia. «Giuseppi», come lo chiamava Trump, ha mostrato una capacità di parlare al popolo e di parlare con il linguaggio del popolo, che ne ha fatto il portabandiera di una parte di società meridionale che ha avvertito sulla propria pelle il rischio di diventare marginale e di essere completamente dimenticato. Ha attraversato dal suo Gargano al Salento la Puglia, rilanciando parole d’ordine più prettamente di sinistra che forse il Pd ha dimenticato. Sarebbe sbagliato e persino offensivo interpretare il successo pugliese e meridionale di Conte con la logica del do ut des, per il reddito di cittadinanza. Indubbiamente questo strumento di lotta alla povertà ha inciso, ma non può rappresentare la chiave di lettura della rinascita del M5S. Che conserva un nucleo duro di attivisti e cittadini che credono in una società diversa. È nata una stella, a capo di un Movimento che non è più grillino, ma è «contiano». Raffaele Fitto, ritorno da leaderRaffaele Fitto sognava queste giornate dal lontano 2005, quando, inaspettatamente e per poche migliaia di voti, perse la presidenza della Regione, contro Nichi Vendola. Quel voto fu la prima manifestazione di un’ondata populista (ma allora non si chiamava così) che avrebbe travolto il Paese. E che, secondo alcuni analisti, è arrivato a compimento con la «terza ondata» proprio con la vittoria di Giorgia Meloni. Non sono stati anni facili per Fitto, che, nonostante i successi personali nelle competizioni nazionali, sembrava non riuscire più a «mettere a terra» il suo peso nelle consultazioni pugliesi. Fino alle ultime Regionali, quando, dopo una lotta non trascurabile per ottenere la candidatura, si ritrovò praticamente da solo, senza un grande apporto degli alleati, a fronteggiare Emiliano. Con queste elezioni ottiene una sorta di riscatto, per il successo di Fratelli d’Italia, per il numero di parlamentari eletti e per la capacità di superare vecchie incomprensioni. Ma è a Bruxelles che Fitto ridefinisce il suo ruolo. Per la capacità mostrata di costruire una rete di collegamenti con partiti e delegazioni esteri, che si rileverà fondamentale per permettere alla Meloni di allacciare rapporti con Francia e Germania. Un leader nazionale, ormai, che potrebbe far parte della squadra di governo della prossima premier Meloni oppure continuare a tessere rapporti a Bruxelles. E su quel fronte il governo della destra si gioca il suo futuro. Pier Luigi Lopalco, il virologo-star rimane dietro le quinteÈ andata male a Pier Luigi Lopalco, candidato in un collegio uninominale in Salento. La sua sarebbe stata un’impresa difficile già in una partita aperta e contendibile. Dinanzi, poi, ad una valanga di consensi per la destra, l’esito era segnato. L’epidemiologo, ex assessore regionale della giunta regionale durante il periodo più duro della pandemia, volto televisivo nei talk show in cui dimostra sapienza e passione, ha svolto la sua campagna elettorale utilizzando le sue armi, quelle che gli sono più consone: la professionalità, la competenza e il richiamo ai valori. Non è bastato, perché l’aria che spira nel Paese va ormai in direzione dei «politici puri», non più dei tecnici. Avevano fatto rumore la sua rottura con Emiliano, per la disinvoltura – a suo dire – dell’abbraccio del governatore con esponenti proveniente da destra, la sua adesione ad Articolo Uno, le critiche ad alcune decisioni assunte da Michele Emiliano, vecchio amico e sodale. E non a caso, nella stringata dichiarazione a commento della sconfitta annunciata, fa riferimento agli errori strategici nel campo delle alleanze e al centrosinistra che si è presentato alle elezioni «come al solito divisivo e litigioso». Dure, in passato, le sue accuse a trasformismo e populismo. Parole che non avevano bisogno di precisazione su chi fossero indirizzate. Ha svolto la sua parte con impegno e passione, ma ha perso. La politica – come diceva Dante nel Paradiso – è l’«aiuola che ci fa tanto feroci». Il prof lo sta capendo a sue spese. Francesco Boccia, i suoi errori costano chiaroFrancesco Boccia, la sera del voto, nella diretta dal salotto di Bruno Vespa, aveva il volto della sconfitta. Toccava a lui, responsabile degli enti locali del Pd, bere il calice amaro di una sconfitta elettorale che s+uperava le peggiori previsioni. Ma tant’è. In politica arriva il giorno in cui è necessario portare la croce, addossandosi responsabilità proprie e di altri.Il Pd in Puglia ha subito una dura sconfitta perché questa è la regione di Emiliano, di Decaro e dello stesso Boccia. È (o era) la Stalingrado d’Italia come aveva rivendicato il governatore; una regione in cui la sinistra, alle amministrative, da decenni, incamerava successi dopo successi. Boccia ci ha messo la faccia, anche nella formazione delle liste, per convinzione personale o per costrizione esterna, ha accettato una scelta della squadra da proporre ai pugliesi che aveva il volto dei soliti noti. Gli amici di Emiliano, quelli di Decaro, gli amici di se stessi. Certo, in sintonia con il governatore, Francesco avrebbe auspicato l’alleanza con il M5S. Così, quindi, è come se si fosse trovare a giocare una partita che non era la sua. Con la conseguenza di dover subire l’affondo anche dei sostenitori del civismo in salsa pugliese che rimproverano al Pd di non avere aperto le liste ai civici. L’errore di sempre: confondere le elezioni del paesello o della Regione con le politiche. Invece, sono due campionati diversi: la serie A e la serie B. Boccia esce sconfitto da questa partita. Si vedrà se tenterà la rivincita al prossimo congresso regionale, di cui è commissario. Aprirà le finestre per fare entrare aria nuova? La newsletter del Corriere del Mezzogiorno – PugliaSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Puglia iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 27 settembre 2022 | 08:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-09-27 06:09:00, La regione laboratorio dell’intesa tra Pd e M5S sull’onda del voto ha registrato un terremoto politico. Impersonato dai volti simbolo di successi e sconfitte,