di Felice CavallaroSebastiano (Nello) Musumeci è stato per cinque anni il presidente della Regione Sicilia a capo di uno schieramento di centrodestra scosso da fibrillazioni interne PALERMO — «Il riconoscimento del lavoro svolto in questi anni alla presidenza della regione Sicilia. E il coronamento di una vita dedicata alla politica»: Sebastiano (Nello) Musumeci commenta così la nomina a ministro delle Politiche del mare e del Sud nel nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Quando fu eletto governatore della sua regione, la prima dedica la fece ai tre figli. E, aggiunse, «ai figli dei siciliani». Forse adesso che Giorgia Meloni l’ha indicato come ministro del Sud potrà aggiungere «ai figli dei meridionali». Allora qualcuno pensò che tutto rientrasse nel profilo aulico di un signore vecchia maniera. Ma, a parte la volontà di sottolineare l’impegno legato ad un auspicato sviluppo capace di dare lavoro in terra di disoccupazione crescente, quel riferimento celava anche un tormento legato alla scomparsa del figlio Giuseppe, stroncato nel 2013 da un infarto fulminante. E forse, come allora, il pensiero sarà ancora volato allo strazio privato di un uomo descritto sempre, anche dai suoi avversari, come un galantuomo di cui sono fieri gli altri due figli. Salvo, quarantenne, un tempo a Londra in cerca di lavoro. E Giorgio, trentenne, attore in pianta stabile a Roma. Come la madre, la signora Giovanna, separata da tanti anni dall’ex governatore, grato per averla ritrovata vicina nei passaggi cruciali della sua esistenza: «Resta la donna più importante della mia vita. La rottura? Colpa dell’impegno politico…». Si limita solo a questa confidenza il neo ministro che non ama parlare della sua famiglia e che nei cinque anni trascorsi alla Regione ha tentato di lasciare un segno controcorrente. Partendo dalla scelta della poltrona che conta di più, quella di segretario generale di Palazzo d’Orleans, affidata a Maria Mattarella, la figlia del presidente della Regione ucciso nel 1980, nipote del capo dello Stato. Ma sono stati tormentati gli ultimi anni trascorsi sotto la scossa di fibrillazioni interne alla maggioranza di centrodestra dove ha cercato di resistere alle tempeste navigando sulla sua «Diventerà bellissima», il partitino fondato dopo una vita trascorsa fra Movimento sociale e Alleanza Nazionale, sempre apprezzato dall’astro nascente di Giorgia e vicino al suo conterraneo Ignazio La Russa. Appunto, il neo presidente del Senato che ha passato una estate chiedendo agli altri partener del centrodestra di ricandidare Musumeci a governatore dell’isola. Era il suo vero sogno, ma Nello Musumeci s’è trovata davanti la strada sbarrata dal coordinatore azzurro Gianfranco Micciché. Una guerra virtualmente vinta da quest’ultimo, con Musumeci candidato al Senato e La Russa infuriato contro il colonnello di Berlusconi. Adesso il primo sta al governo e il secondo è fuori gioco, almeno a livello nazionale. E forse ripenserà a quando, in agosto, ancora tuonava contro il neo ministro: «La sua maggiore colpa? Essersi chiuso in una stanza con 12 assessori convinti di essere i più grandi esperti mondiali delle rispettive questioni…». Ma fra i 12 c’erano pure gli assessori di Forza Italia che adesso annaspa, pur avendo eletto come successore di Musumeci un predecessore di La Russa, Renato Schifani. Altra vecchia colonna forzista che adesso dovrà dialogare di investimenti, risorse e Ponte più con Musumeci che con lo stesso Micciché. 21 ottobre 2022 (modifica il 21 ottobre 2022 | 20:34) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-21 20:05:00, Sebastiano (Nello) Musumeci è stato per cinque anni il presidente della Regione Sicilia a capo di uno schieramento di centrodestra scosso da fibrillazioni interne, Felice Cavallaro