di Gian Antonio Stella
Il ricorso davanti a cinque magistrati del Consiglio di Stato, ma tre hanno già condannato in precedenza gli scaligeri nei tribunali sportivi
Ma voi vi fidereste se la sentenza finale da cui dipende la vostra vita stessa fosse nelle mani di magistrati che fanno parte contemporaneamente di un tribunale parallelo che vi ha già dimostrato d’ignorare il clamoroso conflitto d’interessi? È quanto può capitare oggi al Chievo se, paonazzi d’imbarazzo, quei giudici a doppio servizio, del Consiglio di Stato e dei «tribunali» calcistici (sui cui verdetti sempre loro decidono), non decidessero di mettere fine all’obbrobrio proibito per legge facendo saltare una catena di scelte che non fa onore né ai giudici né al calcio.
Ultima istanza
L’accusa, nomi e curricula alla mano, parte dall’ultima memoria presentata giovedì scorso dall’avvocato Stefano de Bosio, uno dei difensori della società calcistica, inviata al Consiglio di Stato, che com’è noto non prevede la presenza d’un terzo grado (una sorta di Cassazione) ma affida l’ultima istanza a una delle sue sezioni delegata a occuparsi dello sport, cioè la V. La quale sulla carta ha tre possibili presidenti. Due dei quali membri anche (incredibile ma vero) della giustizia sportiva. Ma che sorpresa! Di più: del consiglio chiamato a decidere oggi i membri anche della giustizia sportiva sono tre su cinque. Sorpresa bis! Sinceramente: alzi la mano chi pensi a una semplice, pura, cristallina e innocente coincidenza. Il tutto dopo anni che queste commistioni erano state già al centro di polemiche varie perché, ad esempio, lo stesso presidente attuale del Consiglio di Stato Franco Frattini è stato per anni fino a sette mesi fa presidente di sezione del massimo organo amministrativo e in abbinata presidente del Collegio di Garanzia Giustizia Sportiva.
Onore (e milioni)
A farla corta, come sottolinea il legale della società gialloblu, l’ultimo decreto firmato dal presidente della V Sezione Luciano Barra Caracciolo il 7 giugno scorso, benché il linguaggio sia complicato e «benché giustamente abbia riservato al Collegio la valutazione del fumus boni iuris (…) evidentemente suppone che qualcosa di grave non torni nel castello di sabbia costruito dall’amministrazione resistente per nascondere la semplice verità». Insomma, finalmente si vede il tentativo di capire come è andata. Lasciando spazio, ed era ora, a una sentenza che potrebbe fare chiarezza e al limite restituire al Chievo non solo l’onore ma addirittura il patrimonio della società calcistica a partire dalla proprietà dei cartellini dei giocatori (importantissima per chi negli anni ha investito larga parte dei suoi bilanci sui vivai) valutata almeno una cinquantina di milioni.
La retrocessione
Come sia andata la faccenda della retrocessione dovuta alle plusvalenze, un tormentone di pasticci, ambiguità, furbizie, che coinvolse lo stesso presidente Luca Campedelli, abbiamo cercato di ricostruirlo l’altro giorno. Tentando di spiegare anche una serie di diversi trattamenti, diverse benevolenze, diversi pesi e misure riservati dalla stessa giustizia sportiva ad altre società con bilanci molto più traumatici (esempio Juventus: perdite di 119 milioni di euro nel solo primo semestre 2021) ma con «peso politico» in tifosi, voti e amicizie enormemente superiore. Scrive l’Ansa il 27 novembre 2021: «Stando ai dati del Report Calcio Figc, nel 2007/08 i club avevano registrato plusvalenze pari a 218 milioni di euro, con un impatto pari al 12% sul fatturato del massimo campionato. Nel 2019/20, i ricavi dalle cessioni dei giocatori erano pari a 740 milioni, rappresentando il 24% di tutte le entrate dei club». Risultato finale il 15 maggio di quest’anno: tutti e undici i club e i 59 dirigenti assolti: «Il metodo di valutazione adottato dalla Procura federale può essere ritenuto un metodo di valutazione, ma non il metodo di valutazione. Perciò il Tribunale ritiene che non esista o sia concretamente irrealizzabile il metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. Tale valore è dato e nasce in un libero mercato…» Per capirci: assolto anche il Chievo accusato nel 2018 di ipervalutazioni modeste (rispetto alla media generale poi emersa) eppure non solo coperto di sdegno ma colpito dalla giustizia sportiva con la richiesta abnorme di 15 punti di penalizzazione ridotti poi a 3. Con l’ovvio tracollo a campionato in corso della squadra, finita a 17 punti cioè 23 meno di quanti ne aveva l’anno prima. Chi glieli restituisce?
I giudizi precedenti
E siamo ad oggi. E alla scoperta che, come ricordano l’avvocato difensore nel suo «interpello» e Sergio Rizzo su MF, «il presidente del collegio giudicante, Diego Sabatino, è anche componente della sezione consultiva della Corte federale d’appello della Federcalcio». La stessa che il 26 ottobre 2021 respinse già il ricorso del club veronese contro il devastante svincolo dei giocatori. Questa poi! Di più: la consigliera Giuseppina Luciana Barreca, lei pure membro del collegio di oggi, fu relatrice di quella ordinanza del 27 agosto 2021 che confermò l’esclusione della società scaligera dal campionato e ritenne «non impugnabili» gli svincoli dei calciatori. Questa poi! Di più ancora: il consigliere Valerio Perotti, terzo giudice su cinque oggi in plateale conflitto di interessi, aveva già partecipato ai collegi della Corte federale d’appello della Federcalcio che rigettò le istanze cautelari del Chievo, e in un caso addirittura lo presiedette sostituendo l’allora incaricato Carlo Santelli, che si era dovuto astenere come membro sia del Consiglio di Stato sia della Corte federale d’appello della Federcalcio. Una sgradevole coincidenza? No: negli ultimi quattro anni la V Sezione del Consiglio di Stato chiamata a giudicare i ricorsi contro le decisioni degli organi sportivi ha avuto tre presidenti che appartenevano nello stesso momento a entrambi i «tribunali»: sportivo e amministrativo. Chiamati a decidere su temi talora comuni: Carlo Saltelli, Diego Sabatino e Francesco Caringella. Senza avvertire brividi di imbarazzo.
L’interrogativo
E torniamo alla domanda: cosa faranno quei giudici? Tireranno diritto sfidando il buon senso e la riprovazione di chi un giorno dovrà ben svegliarsi davanti a questi conflitti di interessi? Sia chiaro: se c’è un giudice a Berlino ha il diritto di prendere le decisioni che gli pare. Compresa, ovvio, una nuova condanna della squadra giallo-blu. Ma con questi stessi magistrati? Siete sicuri? Mah…
22 giugno 2022 (modifica il 22 giugno 2022 | 22:14)
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, 2022-06-22 20:20:00, Il ricorso davanti a cinque magistrati del Consiglio di Stato, ma tre hanno già condannato in precedenza gli scaligeri nei tribunali sportivi, Gian Antonio Stella