Il ciclismo in tv diviso tra fascino della corsa e del paesaggio

di Aldo Grasso

Toccherebbe al servizio pubblico servirsi di una corsa per mostrare il Bel Paese, senza nulla togliere al pathos della competizione

Sabato ho seguito le Strade Bianche, una delle pi fascinose corse ciclistiche; domenica ha preso il via la Parigi-Nizza, con lo scontro tra il danese Jonas Vingeegard e lo sloveno Tadej Pogacar; iniziata anche la Tirreno Adriatica e finir domenica. Quest’anno la Corsa dei due Mari si corre nel ricordo di Davide Rebellin vincitore nel 2001 e sar battaglia tra Primoz Roglic, Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Mikel Landa. Fra non molto partir una delle grandi classiche monumento, la Milano-Sanremo. Insomma, per chi ama le due ruote ogni giorno la tv serve un men prelibato, anche se il ciclismo italiano un po’ in crisi. Non in crisi invece il rapporto fra televisione e ciclismo, anzi in questi ultimi anni migliorato parecchio, da quando le corse vengono trasmesse integralmente, dalla partenza all’arrivo. Per gli appassionati, seguire una corsa dal vivo vivida emozione (mi piace restar qui sullo stradone impolverato, se tu vuoi andare, vai…), ma il punto di vista della telecamera totale, pura immedesimazione.

Una corsa ciclistica lunga da seguire e spesso i telecronisti chiacchierano a vuoto senza accorgersi del paesaggio. S, perch il ciclismo in tv descrive due cose: la corsa e le strade che si snodano lungo la corsa. E quando non c’ Fabio Genovesi a raccontarci la storia e il fascino di quello che stiamo vedendo, si corre il rischio di sprecare una grande occasione. Spiace ammetterlo, ma i francesi sono un po’ pi attenti di noi a valorizzare il territorio, a usare le corse come biglietti da visita, come spot turistici. Toccherebbe al servizio pubblico servirsi di una corsa per mostrare il Bel Paese, senza nulla togliere al pathos della competizione. Ho ancora negli occhi gli sterrati delle Strade Bianche, quel polverone che si alza da lontano, le colline senesi, la grande bellezza dell’Italia.