di Samuele Finetti
Il Partito comunista ha annunciato che, dopo tre anni, non verranno pi comunicati i numeri della pandemia. Ma quelli reali emergono dai rapporti interni
Zero. Zero morti per Covid in Cina la vigilia di Natale, zero morti il 23 di dicembre, e cos per i tre giorni precedenti. Cos sostiene il bollettino quotidiano stilato dalla Commissione per la salute nazionale di Pechino, che riflette sostanzialmente la posizione del Partito comunista cinese: il graduale superamento delle restrizioni anticontagio — la cosiddetta linea dello Zero Covid — non ha comportato un aumento significativo di ammalati e vittime.
Tant’ che l’ultimo tra gli allentamenti decisi dal Partito stata l’abolizione proprio dell’aggiornamento giornaliero dell’andamento sui contagi. Statistiche che verranno in ogni caso pubblicate ancora, seppur sotto il controllo del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie. Nessuno, per, si premurato di spiegare con quanta frequenza i nuovi numeri verranno comunicati.
Forse perch le cifre ufficiali si discostano drammaticamente da quelle reali, che emergono qui e l dai rapporti che circolano tra i quadri del Partito e sfuggono alle maglie della censura statale. Come nel caso della provincia dello Zhejiang, sulla costa del Mar Cinese Orientale, una delle pi ricche e sviluppate del Paese. Le autorit locali hanno comunicato ieri, 24 dicembre, che ogni giorno si contano un milione di nuovi contagi (lo Zhejiang ha 64 milioni di abitanti), cifra destinata a raddoppiare tra Natale e il 31 dicembre, anche a causa degli spostamenti previsti in vista del Capodanno cinese, che cade il 22 gennaio.
Non va molto meglio a Qingdao, megalopoli da 10 milioni di abitanti, dove sono segnalati mezzo milione di nuovi contagi ogni 24 ore. Anche in questo caso il numero stato fornito dalle autorit, ma per sbaglio: l’informazione stata resa pubblica durante un telegiornale del partito comunista locale, poi prontamente censurato (anche perch, nella stessa trasmissione, si sosteneva che la fine della severe linee guida sui tamponi ha reso di fatto impossibile il tracciamento dei casi).
La situazione complessiva del Paese stata fotografata lo scorso mercoled in un briefing riservato da Sun Yang, vicedirettore del Centro per il controllo delle malattie: secondo il Financial Times, che cita due fonti, nei primi venti giorni di dicembre circa 250 milioni di cinesi, ovvero il 18 percento della popolazione, sono stati infettati. Solo nella giornata di marted, sarebbero stati segnalati 37 milioni di nuovi contagi — il bollettino ufficiale parlava quel giorno di 62mila casi.
Non che ci fosse bisogno di attendere che filtrassero informazioni dal monolitico Partito-Stato. Le immagini dei crematori di Pechino e Shanghai colmi di cadaveri mentre file di carri funebri attendevano nelle strade adiacenti erano piuttosto eloquenti.
Ma per Xi Jinping non esistono retromarce. Gi le proteste di fine novembre, le pi diffuse del suo decennio al potere, lo hanno costretto ad accelerare l’allentamento di misure che stavano rallentando, e non poco, l’economia cinese. E, viste le esigue percentuali di cittadini con una copertura vaccinale adeguata — solo il 48 percento dei cinesi tra i 70 e i 79 anni e il 20 percento degli over 80 hanno ricevuto tre dosi — una tale diffusione della malattia era pronosticabile. Poco importa, la strada verso la normalit imboccata. L’ultimo passo compiuto la conferma della graduale riapertura del confine con Hong Kong, chiuso dalla primavera del 2020. Costi quel che costi.
25 dicembre 2022 (modifica il 25 dicembre 2022 | 16:39)
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