I tre motivi per i quali la Cina è preoccupata per la guerra in Ucraina

I tre motivi per i quali la Cina è preoccupata per la guerra in Ucraina

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di Guido Santevecchi

Il ministro degli Esteri cinese ammonisce gli Stati Uniti: «Se non cambiano rotta su Taiwan, il confronto diventerà inevitabilmente conflitto». E incontra, all’Onu, il collega ucraino Dmytro Kuleba

L’apparente presa di distanza di Pechino dall’escalation militare russa, la sua richiesta di dialogo per un cessate il fuoco in Ucraina sembra riaprire la strada verso un negoziato che coinvolga Cina e Stati Uniti nelle pressioni per portare a un accordo pacificatore tra Mosca e Kiev.

Un altro segnale viene dai corridoi del Palazzo di Vetro dell’Onu, dove questa mattina si sono incontrati a sorpresa i ministri degli Esteri di Cina e Ucraina. Wang Yi e il collega Dmytro Kuleba in questi mesi si erano parlati due volte, al telefono, marzo e aprile. Pechino fa sapere che Wang ha ribadito all’ucraino che «il presidente Xi Jinping ha sottolineato la necessità di rispettare sovranità e integrità territoriale di tutti i Paesi». E poi che «le legittime preoccupazioni di tutte le parti in materia di sicurezza debbono essere considerate». Infine che la Cina è «sempre dalla parte della pace» e continuerà a svolgere un «ruolo costruttivo». Frasi non nuove, per i cinesi, ma che assumono un significato più interessante ora, ripetute all’inviato dell’Ucraina nel giorno in cui sono cominciati i referendum di Putin per l’annessione alla Russia di quattro regioni ucraine. Kuleba ha colto l’occasione per pubblicare su Twitter la foto della stretta di mano con Wang, sotto le bandiere affiancate di Cina e Ucraina. Il ministro di Xi si è prestato al gioco mediatico: e in questi ultimi drammatici giorni, Pechino sembra voler riequilibrare la sua posizione. Non ha certo denunciato la sua promessa di «collaborazione senza limiti» tra Xi e Putin, ma ha di fatto indicato dei limiti, in particolare sul ricorso irreparabile all’arma nucleare. E poi c’è la questione dei referendum di annessione, strategicamente pericoloso per i cinesi.

Xi Jinping sta giocando una doppia partita, nella quale la tattica ucraina serve a coprire la strategia sull’obiettivo principale: Taiwan. Lo ha ricordato con parole estremamente dure il suo ministro degli Esteri Wang Yi, parlando all’Asia Society a New York. Ha detto Wang che «se gli Stati Uniti non cambiano rotta nei confronti della Cina, il confronto diventerà inevitabilmente conflitto». Il diplomatico ha cerchiato di rosso, per l’ennesima volta, Taiwan, sostenendo che la questione taiwanese sta crescendo e diventando «il più grande pericolo per le relazioni Cina-Usa, con un potenziale devastante». Secondo i cinesi, in questi mesi gli Stati Uniti hanno accostato la crisi ucraina alla questione taiwanese «nonostante la loro natura sia completamente diversa».

Ecco dunque che cosa racchiudono le «preoccupazioni» di Xi Jinping sulla destabilizzazione causata dall’avventura di Putin in Ucraina (che lo Zar ha dovuto ammettere nel vertice con l’amico a Samarcanda il 15 settembre). Al numero 1 c’è la riunificazione di Taiwan, che Joe Biden ha detto di voler difendere se si trovasse sotto attacco (e sembrano a questo punto di facciata le precisazioni di funzionari della Casa Bianca i quali sostengono che il presidente non ha scardinato il principio della Ambiguità strategica). Con la mobilitazione finora compatta per fermare l’aggressione russa all’Ucraina, in sostanza nella visione di Pechino americani, europei e Nato hanno dimostrato che potrebbero impegnarsi anche per l’isola democratica di fronte alla costa della Cina continentale.

La preoccupazione numero 2, connessa alla prima, riguarda i referendum nelle regioni dell’Ucraina controllate dai filo-russi o occupate durante la guerra: quando Pechino dice che «bisogna rispettare l’integrità territoriale e la sovranità nazionale, secondo la carta Onu», pensa a Taiwan, che secondo la comunità internazionale e le Nazioni Unite farebbe formalmente parte della «Unica Cina» (quella governata da Pechino). I cinesi non appoggiano quei referendum, come non hanno riconosciuto quello di dieci anni fa in Crimea, per non creare un precedente che serva da modello ai taiwanesi.

La preoccupazione numero 3 è il «caos mondiale» scatenato dalla guerra di Putin, che danneggia anche gli interessi economici della Cina. Quando Pechino dice che «la guerra in Ucraina e le sanzioni non sono nell’interesse di nessuno», cercando di indebolire il blocco occidentale, intende anzitutto il proprio interesse strategico, la riunificazione di Taiwan e rapporti commerciali vantaggiosi con il mondo globalizzato. Il gas e il petrolio scontato di Putin non possono certo colmare un calo delle esportazioni cinesi verso l’Occidente.

Pechino ha mandato un messaggio importante anche a mezzo stampa, con un articolo del Quotidiano del Popolo che accusa Joe Biden di strumentalizzare l’Ucraina e di usare la campagna contro la Russia per bloccare l’unificazione di Taiwan. «Dopo la parziale mobilitazione delle riserve militari in Russia, l’Occidente guidato dagli Stati Uniti ha intensificato gli sforzi cercando di trasformare l’Assemblea generale dell’Onu in un palco anti-russo».

Ma dopo il cappello russo-ucraino, il giornale del Partito comunista cinese punta dritto su Taiwan e sostiene che con questo «tentativo malintenzionato, Biden e i suoi principali alleati hanno cercato di saldare alla crisi ucraina la questione taiwanese, nonostante la loro natura completamente diversa». Il Quotidiano del Popolo bolla come «sconsiderato e pericoloso» il riferimento fatto da Biden nel discorso all’Onu: «gli Stati Uniti si oppongono a ogni cambiamento unilaterale dello status quo».

Conclude il giornale di Pechino che «aver affrontato la questione di Taiwan, che è un affare interno della Cina, davanti all’Onu, dimostra la doppiezza della politica americana». Oggi a New York Wang Yi incontra il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Antony Blinken. Si spera che il colloquio serva a preparare il primo vertice in presenza tra i due presidenti, Xi e Biden, che parteciperanno al G-20 di Bali a novembre.

23 settembre 2022 (modifica il 23 settembre 2022 | 15:01)

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, 2022-09-23 13:21:00, Il ministro degli Esteri cinese ammonisce gli Stati Uniti: «Se non cambiano rotta su Taiwan, il confronto diventerà inevitabilmente conflitto». E incontra, all’Onu, il collega ucraino Dmytro Kuleba, Guido Santevecchi

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