La Cina torna in mezzo a voi: perch ben presto i suoi turisti affolleranno di nuovo Roma Firenze e Venezia. E perch i suoi palloni-spia perlustrano i cieli d’Europa a vostra insaputa.
L’uscita dal regime zero Covid e da tutte le misure d’isolamento che comportava, sta andando molto meglio del previsto. La normalizzazione cinese avr un impatto enorme anche sul resto del mondo, con ogni probabilit sar l’evento pi importante del 2023 per l’economia globale. I settori destinati a beneficiarne sono tanti, anche in Italia: il turismo e l’industria del lusso sono fra i primi candidati.
Ci sono anche i risvolti negativi: il consumo di gas e petrolio da parte della Cina sta gi tornando a livelli record. Questo potr da un lato aiutare Putin, dall’altro ostacolare la campagna della Bce per ridurre l’inflazione. Infine c’ la grande incognita geopolitica: Pechino ha bisogno dei nostri mercati per sostenere la sua ripresa, per la vicenda del pallone-spia insegna che la Repubblica Popolare non si comporta come una superpotenza prevedibile e responsabile.
Comincio dalla parte buona di questa storia. Ho appena sentito un collega dell’Economist, corrispondente da Shanghai, raccontare come quella metropoli rinata in modo spettacolare e a gran velocit. Da quando Xi ha fatto l’improvviso dietrofront, ha liquidato di colpo la politica zero Covid e ha riaperto il Paese, la prima ondata di contagi passata senza generare quella spaventosa ecatombe che molti si aspettavano. Certo, ci sono stati picchi di affluenze ai reparti di emergenza, ospedali sopraffatti, code agli obitori. Certo, il regime ha truccato le statistiche per minimizzare il bilancio dei morti, ai medici stato imposto di dichiarare come decessi per polmoniti quelli che erano causati dal Covid. Per quell’ondata sembra gi essere dietro le nostre spalle, stata comunque pi breve e meno mortifera di quanto si temeva. Anche in questo caso forse siamo stati prigionieri della sindrome apocalittica, per cui tendiamo a prediligere il catastrofismo. In mancanza di ulteriori sorprese, questa normalizzazione cinese in tempi record andr segnata come una vittoria di Xi. Il leader comunista cinese si rivelato un autocrate pi flessibile del suo compare Putin: Xi pur non ammettendo di aver commesso errori con la politica zero Covid, l’ha per abbandonata visto che era in un vicolo cieco.
La ripresa dei consumi cinesi gi in atto da due mesi, la molla repressa scattata non appena Xi ha dato il via libera. I cinesi daranno prova dello stesso revenge spending (spendere per prendersi una rivincita) che segn la ripresa americana post-Covid? Forse i consumatori cinesi avranno qualche ragione di prudenza in pi, legata per esempio alla crisi immobiliare, per nell’insieme ci sono tutte le ragioni per un boom economico nel 2023. La voglia di ricominciare a viaggiare dovrebbe beneficiare il turismo, a cominciare dai paesi del Sud-Est asiatico, fino alle mete pi ambite come Italia e Francia. A trattenere il boom dei visitatori, almeno all’inizio, ci sono le altissime tariffe aeree (le compagnie sono ben lungi dall’aver ripristinato la stessa quantit di voli che esistevano pre-pandemia) nonch la lentezza nella macchina dei visti da parte delle autorit consolari del resto del mondo. L’industria dei beni di lusso un’altra candidata a stappare lo champagne (o il prosecco) quest’anno.
Quando i cinesi ricominciano a spendere, e le loro fabbriche tornano a funzionare a pieno regime, uno degli acquisti che fanno in gran quantit l’energia fossile: l’economia della Repubblica Popolare la numero uno mondiale per l’uso di carbone petrolio e gas. Il carbone lo produce in gran parte in casa, gas e petrolio li compra all’estero. E quindi fa salire i prezzi. Per la gioia di Putin, che negli ultimi mesi aveva visto assottigliarsi brutalmente le sue entrate energetiche. Per il dolore degli europei, se torneranno a importare inflazione a causa dell’impennata nella domanda cinese di materie prime. L’America un po’ meno esposta su questo fronte: ha l’autosufficienza energetica, e la Fed pensa che le sue fonti d’inflazione siano in prevalenza domestiche.
Quanto la normalizzazione della Cina potr provocare anche un ritorno in massa degli investitori stranieri? Gli afflussi di capitali occidentali alle Borse di Shanghai, Shenzhen e Hong Kong sono gi ripartiti. Diverso il discorso per gli investimenti diretti, quelli che fanno le multinazionali per aprire fabbriche o potenziare quelle che hanno gi sul territorio cinese. Questi sono investimenti di lungo termine. Qui pesa l’atmosfera da guerra fredda, per cui i top manager delle multinazionali devono preoccuparsi pi che in passato dei rischi geopolitici. E la vicenda del pallone-spia non ha rassicurato nessuno. Il comportamento di Xi ha ingigantito una crisi che poteva essere contenuta e depotenziata. Ha mostrato il volto peggiore del regime, quello che pu minacciare la pace e la stabilit mondiale.
Joe Biden non lo ha mai citato esplicitamente nel discorso sullo Stato dell’Unione che ha tenuto davanti al Congresso il 7 febbraio, ma il pallone-spia cinese proiettava su quel discorso un’ombra inquietante. Il presidente ha preferito non soffermarsi su quell’incidente, poco lusinghiero per l’intelligence e le forze armate degli Stati Uniti. Dopotutto, lo spazio aereo della prima superpotenza mondiale stato violato dalla sua rivale pi pericolosa, che ha potuto raccogliere immagini e informazione per quattro lunghi giorni prima che Biden prendesse la decisione di farlo abbattere. Per di pi si scoperto, a posteriori, che le incursioni di palloni-spia cinesi in passato erano gi avvenute senza che la U.S. Air Force intercettasse questi strumenti di spionaggio. Ma ora si scopre che le stesse incursioni sono avvenute con grande regolarit sui cieli d’Europa.
Brutta storia di per s, che si innesta in un contesto di crescente preoccupazione per il riarmo della Repubblica Popolare: di questi giorni la notizia che la Cina ha superato l’America per il numero di piattaforme di lancio di missili intercontinentali (quelli che possono trasportare testate nucleari). Ultimo dettaglio che accentua l’allarme: si susseguono le rivelazioni sulle forniture di armi dalla Cina alla Russia, in spregio alle sanzioni occidentali e alle promesse pi volte fatte da Xi Jinping di non mischiarsi direttamente nella guerra in Ucraina.
Forse pi di ogni altra cosa la vicenda del pallone-spia deve preoccupare per il modo in cui stata gestita, o non-gestita, dalle autorit di Pechino. Chi e perch ha autorizzato questa operazione di spionaggio alla vigilia di un importante viaggio del segretario di Stato Antony Blinken, che doveva essere ricevuto a Pechino dallo stesso Xi Jinping? L’annullamento di quella visita – che doveva contribuire ad un parziale disgelo bilaterale – era un obiettivo , previsto, calcolato, desiderato? Perch dopo l’abbattimento del pallone-spia le autorit cinesi hanno continuato a propagare la menzogna secondo cui era intento a fare solo osservazioni meteorologiche? Perch avere in seguito rifiutato la telefonata del segretario alla Difesa americano, e quindi aver respinto un tentativo di de-escalation?
Per capire la gravit dell’accaduto, che va ben oltre il peso del singolo pallone-spia, utile fare un salto indietro nella storia. Spionaggio dai cieli, tensione Cina-Usa: un precedente risale a 22 anni fa. L’ho ricordato di recente sul Corriere. Fu a ruoli invertiti e in un contesto profondamente diverso. Ricordare quell’incidente aiuta anzitutto a misurare quanto cambiato il rapporto di forze; poi serve a capire i rischi che si corrono quando due superpotenze non si parlano. Il primo aprile 2001 un aereo spia americano che sorvolava l’isola di Hainan nel Mare della Cina meridionale (fuori dallo spazio aereo nazionale) venne intercettato dai caccia dell’Esercito Popolare di Liberazione. Ci fu una collisione, un caccia cinese precipit e il pilota mor. L’aereo americano riusc un atterraggio di emergenza, i 24 dell’equipaggio vennero detenuti. A Washington c’era George W. Bush. A Pechino Jiang Zemin, continuatore della strategia di Deng Xiaoping nell’integrare la Cina all’economia globale. Trovarono un’intesa per il rilascio degli americani in dieci giorni. Ma furono dieci giorni gravidi di tensione, in cui la situazione poteva sfuggire di mano e la crisi poteva precipitare verso esiti pericolosi. Si scopr in quel frangente che tra Pechino e Washington non esisteva un “telefono rosso” come quello attivato tra Mosca e Washington durante la guerra fredda per comunicazioni d’emergenza che evitassero una terza guerra mondiale (nucleare). Oltre al “telefono rosso” mancava tutto quello che quello strumento di consultazione veloce tra i vertici presuppone: delle regole di condotta concordate preventivamente per operare una de-escalation, ricondurre un incidente imprevisto entro limiti controllabili. Alla fine, dopo dieci giorni di tensione, l’Amministrazione Bush ottenne il rilascio dell’equipaggio perch fece – sia pure con un linguaggio molto cauto e astutamente ambiguo – delle scuse per l’accaduto. Quelle che Xi non ha mai fatto per il pallone-spia: anzi lui a differenza di Bush nel 2001 si rifiuta perfino di ammettere che quel pallone stesse facendo spionaggio.
Insiste nella menzogna sul pallone per osservazioni meteo, prendendo per i fondelli l’America e il mondo intero.
La vicenda del pallone crea a Pechino danni indesiderati, se vero che Xi Jinping voleva usare la visita di Blinken per normalizzare i rapporti bilaterali. Xi deve sostenere la crescita economica e rassicurare gli investitori spaventati dalla sua sterzata socialista che ha allontanato o penalizzato molti imprenditori privati. Alla luce di queste sfide, alcuni si chiedono se l’incidente del pallone-spia non sia stato un autogol involontario, magari perfino il sabotaggio interno ordito da un’ala dura delle forze armate per impedire il disgelo con gli Stati Uniti. In ogni caso tutte le reazioni successive all’abbattimento del pallone-spia hanno acutizzato le tensioni fra Pechino e Washington anzich smorzarle. Il problema che questo incidente – a differenza di quello dell’aprile 2001 – avvenuto quando la Cina ha un’autostima ingigantita, ha aumentato la sua potenza di fuoco, ha coltivato un’opinione pubblica nazionalista. Coincide con una fase politicamente delicata sull’altra sponda del Pacifico. La nuova maggioranza repubblicana alla Camera incalza Joe Biden denunciando il suo ritardo nell’abbattere il pallone-spia come una debolezza. Una cosa invece rimasta identica dall’aprile 2001 ad oggi: non c’ il telefono rosso, manca una procedura collaudata per appianare le crisi. Immaginarsi come questo possa far precipitare un incidente su Taiwan fino alla deflagrazione di un conflitto totale, fa venire i brividi.
9 febbraio 2023, 19:44 – modifica il 9 febbraio 2023 | 19:44
© RIPRODUZIONE RISERVATA