Cina, il trionfo di Xi Jinping. E Hu Jintao viene portato fuori dal Congresso

Cina, il trionfo di Xi Jinping. E Hu Jintao viene portato fuori dal Congresso

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Xi Jinping si è fatto definire formalmente «centro dell’intero partito». E mentre nella Costituzione entra il rifiuto dell’indipendenza di Taiwan, i «vecchi» della nomenklatura vengono spostati per non porre freni al presidente

Xi Jinping più forte; estende il suo dominio; si fa definire formalmente «centro dell’intero Partito».

La conclusione del XX Congresso comunista porta la Cina nell’era di «Xi terzo», altri cinque anni di potere assoluto e incontestabile. Ha ottenuto tutto quello che voleva il segretario generale, nonché presidente della Repubblica popolare e capo della Commissione militare centrale.

Il segno del suo trionfo è forse anche in un piccolo incidente, forse un malore, del suo predecessore Hu Jintao.

Vanno in pensione (molti non per limiti di età) tutti i dirigenti che non erano pronti a eseguire senza esitazioni la sua linea, anzitutto la nuova svolta marxista-leninista imposta all’economia; nella Costituzione sono inclusi nuovi termini che rafforzano il suo prestigio e il suo controllo; viene incluso anche un passaggio su Taiwan, che Xi ha promesso di riunificare alla madrepatria.

1) Il ruolo costituzionale

I nuovi 205 membri del Comitato centrale hanno votato all’unanimità una risoluzione che impone agli oltre 96 milioni di membri del Partito di «difendere il ruolo centrale del compagno Xi Jinping».

Nella Costituzione del Partito-Stato la presenza del «Pensiero di Xi» viene ampliata con nuovi concetti della sua produzione ideologica, in particolare i «Due stabiliti» e le «Due salvaguardie». Sembrano parole oscure, ma significa che è stato «stabilito» che Xi è il cuore del Partito e le sue idee ne sono il principio guida. E che la forza del segretario generale come «nucleo centrale» salvaguarda il Partito, che a sua volta salvaguarda la Cina con la sua autorità.

I sinologi cercano di decifrare il linguaggio per poter finalmente concludere che «Xi è il nuovo Mao».

L’etichetta è però riduttiva: Xi è già più potente di Mao, perché guida la seconda superpotenza mondiale, legata al mondo da migliaia di miliardi di interessi commerciali. Mao dominava una Cina povera e isolata. Il vero senso degli emendamenti costituzionali che concedono a Xi titoli onorifici è che chiunque volesse criticare il suo Pensiero violerebbe la Costituzione e sarebbe dunque un traditore.

2) Tutti uomini di Xi

Escono di scena (formalmente per limiti di età) dirigenti coetanei o anche più giovani del leader supremo, che ha 69 anni. Nell’elenco dei 205 nuovi membri a pieno titolo del Comitato centrale (altri 170 circa agiranno da supplenti a rotazione) mancano i nomi del premier Li Keqiang, 67 anni; del presidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo Li Zhanshu, 72; del presidente dell’Assemblea consultiva Wang Yang, 67.

Erano nell’ordine il numero due, tre e quattro della gerarchia del Politburo composto da sette uomini compreso Xi.

Si ritirano e quindi fanno spazio per altri uomini più vicini al capo. La composizione del nuovo Politburo verrà comunicata domani e dall’ordine di sfilata dietro Xi si potrà immaginare il nome del nuovo primo ministro, che di solito marcia al secondo posto. È più ampio del previsto anche il ricambio nel Comitato centrale: è stato sostituito il 65% dei circa 370 membri tra effettivi e supplenti. Si sono ritirati altri mandarini di spicco, come il responsabile della politica Estera del Partito Yang Jiechi.

Continua la linea maschilista del Partito-Stato: solo 11 donne tra i 205 membri a pieno titolo del Comitato centrale.

3) La questione taiwanese

È chiaramente un’ossessione quella di Xi e del suo Partito per Taiwan. Nella Costituzione comunista è stata aggiunta la «risoluta opposizione e la deterrenza del separatismo che cerca l’indipendenza» dell’isola.

Xi ha promesso di non lasciare la questione della riunificazione irrisolta per le generazioni future. Per altri cinque anni almeno sarà al potere e quindi non dovrebbe avere fretta di chiudere la partita con una mossa avventata (come Putin in Ucraina, per intendersi).

Ma a Washington si sono convinti che potrebbe accelerare i piani e fare passi irreparabili già nel 2023. La soddisfazione e la potenza di Xi emergono dal suo breve saluto al termine del Congresso: «Sono incomparabilmente gloriosi i successi del Partito comunista negli ultimi cent’anni, il Partito sta ancora fiorendo e noi abbiamo fiducia di saper creare nuovi e più grandi miracoli, noi dobbiamo osare e batterci».

4) Il vecchio Hu portato fuori

Poco prima del discorso di Xi nella Grande sala del popolo di piazza Tienanmen al suo fianco è comparso uno spettro. Hu Jintao, il suo predecessore alla guida della Cina, pensionato dal 2013, oggi vicino agli ottant’anni.

Era stato seduto alla sinistra di Xi per tutta la durata del Congresso, a segnalare il rispetto del Partito per i suoi grandi vecchi.

Due inservienti gli si sono avvicinati e lo hanno aiutato (o invitato) ad alzarsi.

Hu era pallidissimo, dalla sua espressione frastornata non si è capito se fosse poco lucido per un malore o contrariato.

È sembrato che Hu non volesse lasciare il suo posto, ha cercato di toccare i fogli davanti a Xi, forse quelli del discorso che si apprestava a pronunciare.

Xi si è girato, ha fermato i fogli e osservato brevemente la scena; poi si è voltato verso la sala.

Quando gli inservienti hanno preso Hu sottobraccio, l’ex segretario generale è rimasto ancora trenta secondi alle spalle di Xi, disorientato. Ha sussurrato qualche parola prima di essere portato fuori. Voleva scusarsi o lamentarsi di qualcosa?

Il malore del vecchio Hu simbolicamente segnala anche la fine della «dirigenza collegiale», del potere dietro le quinte degli «anziani compagni» che agivano da suggeritori.

Xi III non ha più bisogno di loro.

22 ottobre 2022 (modifica il 22 ottobre 2022 | 11:43)

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, 2022-10-22 09:43:00, Xi Jinping si è fatto definire formalmente «centro dell’intero partito». E mentre nella Costituzione entra il rifiuto dell’indipendenza di Taiwan, i «vecchi» della nomenklatura vengono spostati per non porre freni al presidente, Guido Santevecchi

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