di Valerio Cappelli
Con «Perfetta illusione» Il regista torna a girare un film dopo dieci anni e abbandona il suo stile pop, «astratto», acido, per un triangolo amoroso «classico» pieno di colpi di scena: «Questa storia forse è lo specchio dei tempi»
TORINO «Un thriller dell’anima? Si, ci può stare, c’è una componente misteriosa tra ambizione e amore, un’ambiguità che crea suspence». Pappi Corsicato torna con un film sull’arte della menzogna. Un triangolo amoroso che ha un segno estetico molto diverso dal suo passato «astratto», acido e pop, neon-realista, così si definiva il suo cinema. Perfetta illusione, dopo il Torino Film Festival, nelle sale dal 15, vede un giovane inserviente di una SPA, Giuseppe Maggio, felicemente sposato «con un peperino intraprendente», Margherita Vicario. Ma dipinge, quello è il suo sogno e vuole fare l’artista. L’incontro con una giovane facoltosa che lo mette in contatto con una gallerista, Carolina Sala, «minuta, un volto alla Jean Seberg» (sua madre è una irriconoscibile Ivana Monti bianca come zucchero filato), farà precipitare tutti nel pozzo delle illusioni.
Ha pensato a Match Point di Woody Allen?
«No, semmai a Balzac e a Woolrich, lo scrittore americano. Mi piaceva raccontare con attori giovanissimi una storia non troppo sopra le righe, più lineare, più classica, breve come tutti i miei film (82 minuti), con la musica di Brahms che aggiunge una tinta malinconica e melodrammatica, che avesse meno simbolismi e sberleffi caustici, una storia per la storia».
Lui non sa amare.
«Vale per tutti e tre. Non so se rispecchia i tempi, certo c’è una forma di cinismo e distacco. Hanno ambizioni forti, c’è l’illusione di poter fare qualsiasi cosa, un interesse pratico mischiato al sentimento amoroso, usando l’altro. Ci sono immagini fuori fuoco per sottolineare l’ambiguità: si amano davvero? Lui, che sembra il grande manipolatore, alla fine, dopo un incidente stradale che non ha nemmeno visto, viene messo in mezzo. Ognuno pensa agli affari suoi».
Il mondo dell’arte è così perfido come si dice?
«Ogni ambito si pensa sia il peggiore. L’arte contemporanea è difficile capirla e darne una valutazione, un po’ come al cinema, è complicato stabilire criteri oggettivi. Io vado d’istinto, non faccio troppi ragionamenti. Francesco Bonomi, quello che dice odio tutti e tutti odiano me, fa sé stesso, è il personaggio del critico d’arte. Per i pittori ho voluto una connotazione realista, i quadri sono veri, Schnabel, Koons, Cattelan, Clemente».
Desdemona dice, nulla è più facile che illudersi.
«Perché l’uomo crede vero ciò che desidera, dice Shakespeare. Otello vede in lei, bianca, giovane, bella, il mondo che non gli appartiene; e vale il contrario. L’illusione è uno stimolo che ti porta a commettere pasticci pazzeschi. Spesso non sai di avere talento ma ti illudi di averlo, poi fai i conti con la realtà, come accade al protagonista».
E lei, di che cosa si è illuso nella vita?
«Di essermi innamorato mille volte. Quella di Internet è una società illusoria, dove tutti pensano di poter fare tutto. Si parla tanto degli influencer, anche gli stilisti di moda influenzano. Piuttosto mi incuriosisce come alcuni ragazzi che si mettono in mostra riescono e altri per niente, e questo avviene indipendentemente dal talento».
Se le diciamo Almodovar?
«Eh, a 28 anni sono stato suo assistente in Légami. Il primo regista incontrato, non potevo scegliere di meglio. Un mondo visionario, colorato, bizzarro. Una giostra».
Perché non girava film da dieci anni?
«Ho fatto documentari su pittori e una serie tv. Un film per le sale è un incastro di tante cose. Si produce tanto, forse troppo e c’è un’asimmetria tra quantità e qualità».
28 novembre 2022 (modifica il 28 novembre 2022 | 22:16)
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, 2022-11-28 21:17:00, Corsicato e «Perfetta illusione»: ragazzi che non sanno amare, forse uno specchio dei tempi, Valerio Cappelli