di Massimo FrancoDietro i contrasti velati tra il leader dei 5 Stelle Conte e il ministro degli Esteri Di Maio si delinea il bivio sul governo e le alleanze Più di quella del governo, a rischiare sull’Ucraina nella riunione del Senato del 21 giugno sembra la tenuta del Movimento 5 Stelle. Lo scambio avvenuto ieri tra il leader Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, lascia capire quanto l’argomento sia divisivo. E non, per paradosso, perché i due si sono scambiati parole corrosive. Al contrario, perché entrambi hanno eluso qualsiasi contrasto, ma dicendo ognuno una cosa diversa dall’altro. È possibile che dipenda dal voto amministrativo di domenica, che si preannuncia deludente e suggerisce cautela. Ma il principale motivo è che Di Maio e il grillismo di governo continuano a seguire la strategia di Mario Draghi. Significa sì agli aiuti militari a Kiev, lealtà all’Europa e alla Nato, e sottile fastidio per la richiesta insistita di un altro voto parlamentare da parte di Conte. «Tutti gli aiuti all’Ucraina sono basati sul principio della legittima difesa», ha precisato il ministro quando gli è stato chiesto se confermasse un contrasto tra linea del governo e di Conte. «Anche sul piano militare, nascono da una risoluzione del Parlamento votata da quasi tutti i partiti, e non solo della maggioranza». Traduzione: chiedere un altro voto sulla politica estera è superfluo. E le polemiche dei grillini fuori dai ministeri sull’invio di armi suonano pretestuose, perché «gli ucraini si stanno solo difendendo». Dietro la presa di posizione di Di Maio si indovina un avvertimento all’ex premier dei Cinque Stelle perché non tiri troppo la corda; e, continuando ad alzare i toni, non provochi un cortocircuito che avrebbe come effetto la spaccatura del Movimento. C’è chi legge anche un segnale a quanti, tra i grillini, pensano che una crisi del governo Draghi li porterebbe nella nicchia comoda dell’opposizione. Di Maio sarebbe convinto invece che provocherebbe uno strappo e probabili elezioni: vero spauracchio di un M5S in discesa. È probabile che Conte lo sappia; e che una sconfitta nel voto nelle città del 12 giugno sia destinata a indebolire il suo estremismo tattico. Non a caso ieri ha dichiarato: «Non ho mai avvertito che Di Maio, quando l’ho incontrato, abbia una linea diversa dal Movimento». Frase anodina che può far pensare sia alla volontà di andare fino in fondo nelle critiche a Draghi; sia, più verosimile, di lasciarsi porte aperte. Anche perché Conte tende a deviare sui giornali l’accusa di fomentare uno scontro nel governo. E sostiene che il M5S lavora «per curare l’interesse dell’Italia. Nessuno deve permettersi di dire che stiamo lavorando per mettere in difficoltà il governo». Ma la credibilità del suo monito dipenderà da quanto farà il 21 giugno; e segnerà anche il futuro dell’alleanza tra M5S e Pd. 7 giugno 2022 (modifica il 7 giugno 2022 | 09:32) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-07 07:33:00, Dietro i contrasti velati tra il leader dei 5 Stelle Conte e il ministro degli Esteri Di Maio si delinea il bivio sul governo e le alleanze, Massimo Franco