Claudio Luti (Kartell): Ogni mese Philippe Starck vola da noi per prendere un tè. I miei inizi? Con Versace

Claudio Luti (Kartell): Ogni mese Philippe Starck vola da noi per prendere un tè. I miei inizi? Con Versace

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di Daniele Manca

L’imprenditore: in Kartell do spazio ai miei figli, sono pronti

Il sorriso non inganni. Le parole sembrano lasciate cadere con noncuranza. Ma provate voi a decidere di mettere del talco nel polipropilene per far diventare la plastica qualcosa di morbido, elegante e pieno di calore. E se decidete di piegare qualcosa che normalmente si spezza, come il legno, devi aver voglia di rischiare. Certo ci deve essere anche un signore come Philippe Starck che si messo in testa di vedere quanto il legno possa piegarsi, che di creativit e rigore ha fatto il suo credo. E che ogni mese arriva di buon grado alla periferia di Milano per prendere un t. O bere un caff. In quella Noviglio dove si concentra l’essenza del made in Italy. Quella capacit di rendere unico un prodotto industriale che dura nel tempo. In una parola la Kartell. Perch anche la plastica non tutta uguale. Sembra scontato. Ma dietro quell’idea c’ studio, ci sono designer, c’ produzione, ci sono famiglie e persone. E mentre l’Italia alle prese con nuove riforme e proposte si deve partire da quel sorriso di Claudio Luti, che significa oltre Kartell, Salone del Mobile, Triennale, Milano, design, creativit e crescita continua, per capire come le imprese continueranno a essere il motore del Paese. C’ da tremare solo a ricordare le crisi che abbiamo superato in questo scorcio di millennio e quella nella quale ci troviamo coinvolti ora, racconta.

Ma non sempre stato cos, il mondo? Quando mai l’Italia ha vissuto epoche tranquille?
S, sempre stato cos verrebbe da dire e soprattutto le imprese italiane hanno sempre dimostrato la capacit e la volont di innovare e innovarsi per contrastare gli scenari pi catastrofici. Anche se adesso serve un segnale forte che dia certezze alle imprese. Quelli della mia generazione hanno forse avuto pi fortuna rispetto ai giovani di oggi . Negli anni ‘70/’80 tutto sembrava possibile. Avevamo meno soldi in tasca ma pensavamo di avere molte pi sicurezze sul futuro, futuro che dipendeva dalla nostra volont di impegnarci e di costruire il nostro successo. A me capitato cos. Oggi per i giovani molto difficile e al tempo stesso molto stimolante.

Ed era la Milano del terrorismo…
S quella Milano ma anche la Milano delle opportunit. Ad esempio al mio ritorno da militare che feci come ufficiale, trovai il mio primo lavoro dal pap di una mia amica. Era un commercialista e stava cercando un giovane per lo studio, a zero lire. Imparai moltissimo e appena possibile decisi di aprire il mio studiolo.

Ma poi arriva Versace.
Vero, si apre un nuovo capitolo della mia vita e carriera. Conobbi Santo Versace quando ero ufficiale a Caserta e poi a Palmanova. Un giorno mi chiam e mi disse: c’ mio fratello Gianni che fa lo stilista e si trasferisce a Milano, gli puoi dare una mano, prenderlo come cliente.

B, una bella fortuna segnare una storia di successo con una telefonata. Oggi pu sembrare strano questo approccio, ma fu proprio cos. Ho iniziato a seguire Gianni e a immergermi nel mondo della moda milanese che stava nascendo. Alla fine del 1977 la scelta stata quella di costituire una societ con Gianni e Santo di cui io ero amministratore delegato e avevo una quota di minoranza. Fu l’inizio di quello che sarebbe poi diventato un brand di grande successo.

Allora com’ che Versace diventa Versace?
Gianni era un genio impareggiabile, accanto a lui io ho costruito le fondamenta dell’impresa cercando di razionalizzare il lavoro completamente nuovo che metteva in relazione tutti gli attori di una grande filiera di eccellenza che ha aiutato lo sviluppo di quello che sarebbe diventato il sistema della moda.

Quella moda che oggi diamo per scontata…
Milano negli anni Ottanta era diventata la capitale del pret porter. Il mondo era molto pi piccolo e tutto da conquistare. A Oriente esisteva solo il Giappone. C’era il muro di Berlino. Oggi non esistono barriere ma una competizione globale e una opportunit infinita di sviluppo.

Ma Milano oggi ancora la Milano delle opportunit?
Oggi Milano conserva quella sua capacit di essere motore, incubatore di energia, attrattore di creativit e innovazione. Qui si combinano il lavoro, gli amici, la famiglia, ci accomuna la voglia di lavorare, discutere, confrontarci e divertirci , stare insieme. Questo Milano, almeno per me.

A un certo punto capisce che il suo cammino con Versace si sta concludendo…
Dopo 11 anni decisi di uscire e di vendere le mie quote alla famiglia Versace. E mi ritrovai a ripensare al mio futuro con la serenit finanziaria che mi ero guadagnato e una famiglia che mi sosteneva nelle scelte. Mia moglie cardiologa. Abbiamo due figli. Lorenza e Federico di cui, quando erano piccoli, si occupata moltissimo la mia mamma che ha sempre abitato vicino a noi.

E arriv Kartell, grazie a sua moglie.
In realt grazie all’avvocato e al commercialista di famiglia. I miei suoceri avevano fondato Kartell insieme a un socio e in quel momento volevano uscire cos io colsi l’occasione. Anche se — e il sorriso si fa pronunciato — i miei amici consulenti mi obbligarono a non entrare in azienda fino a che il passaggio del 100% non fosse stato compiuto. E cos facemmo.

Ma com’ che Kartell diventa Kartell ed entra nei musei?
Il design industriale, quella la svolta. La produzione industriale sui grandi numeri ma con qualit e creativit. il coraggio di rischiare ogni giorno su ogni progetto, quel coraggio che deve essere il motore della nostra passione. quello che ci distingue e che affascina i designer, al di l del materiale usato.

Designer che dovr inseguire per il mondo, con voi lavorano da Lissoni a Patricia Urquiola, Philippe Starck, Citterio, Laviani e prima ci sono stati Magistretti e molti altri.
il contrario, sono loro che vengono qui. Ogni marted abbiamo una riunione. Tutti arrivano almeno una volta al mese. Con ciascuno di loro spendo il tempo necessario non solo per parlare di progetto ma anche di temi generali per entrare in sintonia. Poi si inizia a discutere, verificare i prodotti e analizzare nuove idee. Io inseguo la loro creativit. Voglio che siano liberi di esprimere un pensiero creativo capace di trasformarsi in prodotto industriale. Portare la qualit estetica, i valori di cultura e bellezza nell’industria la nostra missione strategica.

cos che siete riusciti a curvare il legno, a chi venuta l’idea?
A Starck. Voleva lavorare sul legno. Non stato facile, ma mi viene da dire solo qui a Milano, in Italia ci si poteva riuscire. Combinando ingegno e industria, tecnologia e emozione. Quello del legno per non l’unico esempio, ci sono stati tanti progetti molto pi complessi a livello tecnologico sviluppati con diversi designer sul tema delle dimensioni, degli spessori, della ingegnerizzazione del prodotto, della luce. Dall’idea si passa alla ricerca di soluzioni magari utilizzando tecnologie di altri settori applicati ai nostri prodotti di design. Per tutti sempre ci vuole il cuore, non solo la testa. Bisogna creare prodotti che suscitino emozioni.

Magari a partire da scarti delle capsule di plastica del caff Illy che diventano una sedia disegnata da Citterio…
Un altro esempio del nostro impegno sulla ricerca di nuovi materiali e sui progetti di sostenibilit nel caso della sedia di Citterio nasce dall’amicizia con Andrea Illy con cui abbiamo pensato di lavorare sul riciclo delle capsule del caff. Sul riciclato noi lavoriamo da molto tempo e ora integrato nel nostro catalogo. Quando ancora non ne parlava nessuno nei primi anni Novanta noi creammo il primo gettacarta con il riciclo della plastica.

Parla spesso di amicizia come con Illy, della famiglia.
Per me la relazione diretta umana viene al primo posto. Famiglia e amici sono il capitale pi importante. Con gli amici con cui trascorro il mio tempo libero condivido le mie passioni come la barca a vela, che ora un po’ vecchiotta ma che continua a darmi soddisfazioni e a portarmi nel mio adorato mare Mediterraneo, lo sci.

E adesso, che fa? Si ferma?
Macch. Possiamo fare ancora tanto… Certo servono investimenti continui. I risultati ci sono. Siamo orgogliosi del nostro progetto Kartell Loves the Planet, che un manifesto strategico su un concetto ampio di azienda etica e sostenibile. Ritengo che l’azienda sia qualcosa di sociale. Lo dico sempre ai miei due figli che lavorano in azienda.

Ma adesso ci sono i figli in azienda, sono d’accordo?
Lorenza direttore marketing e retail e Federico direttore commerciale worldwide, sanno camminare da soli per quella strada tenendo fermo il concetto di etica aziendale e io cerco , con un po’ di fatica, ammetto, di lasciarli fare da soli.

Gi, tempo di ricambio generazionale. E non mai facile.
Non facile no. Ma Lorenza e Federico, hanno avuto tempo, entrambi, di assimilare i contenuti della laurea in Bocconi con tesi proprio sul ricambio generazionale. Si sono preparati.

12 gennaio 2023 (modifica il 12 gennaio 2023 | 07:28)

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