Clima, siccità e terremoti: è una questione sociale. Servono strategie di  adattamento

Clima, siccità e terremoti: è una questione sociale. Servono strategie di adattamento

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di Leonardo Becchetti*

Nei prossimi decenni centinaia di milioni di persone che vivono nelle aree meno ospitali del Pianeta diventeranno migranti climatici alla ricerca di luoghi pi ospitali e meno a rischio di eventi estremi

Le stime degli ormai numerosi studi scientifici in materia non sono univoche e dipendono dalle diverse ipotesi e previsioni di riferimento. Tutte tendono per a concordare sul fatto che nei prossimi decenni centinaia di milioni di persone che vivono nelle aree meno ospitali del Pianeta potranno diventare migranti climatici alla ricerca di luoghi pi ospitali generando una formidabile pressione migratoria verso il continente europeo. questo uno dei tanti motivi per i quali chi pensa che la questione climatica sia un problema radical chic si sbaglia e di grosso. Come insegnano pandemie, guerre e inflazione sperimentate di recente sono sempre i pi fragili e i pi deboli a pagare il conto dei grandi shock, ed per questo che la sfida climatica e la minaccia del riscaldamento globale eminentemente una questione sociale.

Come noto l’emergenza climatica si traduce principalmente in tre tipi di shock quali siccit, eventi climatici estremi ed alluvioni. possibile dimostrare che l’impatto degli shock climatici sul benessere soggettivo equivalente a quello della perdita di diversi mesi e alcuni anni di reddito per gli agricoltori di Paesi poveri ed emergenti. L’impatto atteso del cambiamento climatico sulla popolazione di questi Paesi, in particolare quella agricola, dipende da numerosi fattori. Bisogna innanzitutto distinguere chi abita in zone aride o semiaride e chi invece in zone umide tropicali. Nel primo caso l’aumento della temperatura e periodi sempre pi prolungati di siccit rendono il rapporto tra popolazione e risorse non pi sostenibile. Come nella regione attorno al lago Ciad che dagli Anni Sessanta del secolo scorso ha perso pi del 90% della sua portata riducendo le opportunit delle popolazioni locali e spingendole a migrare. L’effetto sulle zone umide e tropicali sar invece molto meno negativo.

Un’altra variabile chiave quella dell’altitudine che ha un effetto sul benessere combinato con il cambiamento climatico che diverso a seconda del mix di prodotti agricoli coltivati. Un elemento di partenza indubitabile il gradiente altitudine/temperatura per il quale, in condizioni standard di qualit dell’aria, la temperatura si riduce di 0,6 gradi ogni 100 metri di aumento di altitudine. Appare intuitivo dunque che l’impatto negativo del riscaldamento climatico sia maggiore ad altitudini meno elevate. I dati di un’indagine recente che raccoglie dati individuali su agricoltori in diversi Paesi del mondo (Isole Salomone, Gibuti, Tanzania, Zambia, Nicaragua, Mauritania, India) sottolineano come l’esposizione a shock climatici e la severit di questi shock riduce significativamente il benessere soggettivo degli agricoltori e spiega anche la sua progressiva riduzione negli ultimi anni. Le ipotesi sul ruolo dell’altitudine sembrano confermate perch i contadini che vivono in aree pi elevate sono mediamente meno esposti a questi shock.

La diversificazione delle fonti di reddito e la formazione alle strategie di adattamento saranno fondamentali per contrastare questo fenomeno. Per adattamento s’intende come noto la capacit di adeguamento degli agricoltori alle mutate condizioni climatiche. Una prima ed ovvia direzione di marcia quella della sostituzione delle colture verso quelle che richiedono meno quantit d’acqua e sono maggiormente adatte a sopravvivere in ambienti pi caldi. Il ruolo delle organizzazioni internazionali e delle Ong che operano in questi Paesi deve pertanto sempre pi essere orientato alla formazione all’adozione di strategie di adattamento climatico valorizzando anche le nuove opportunit generate dalla transizione stessa che rende preziose anche economicamente attivit come quelle della produzione ed esportazione di energia dalle fonti rinnovabili e di cattura dalla Co2 (con la connessa opportunit di vendere sul mercato servizi ecosistemici alle grandi aziende che devono acquistarne per realizzare l’obiettivo di emissioni zero nei prossimi anni). Se dunque il Sud del mondo (in particolare le aree aride o semi aride) appare pi vulnerabile ed esposto ai rischi del cambiamento climatico, lo stesso Sud del mondo ha un vantaggio comparato nella resa e nella produzione dell’energia solare che pu e deve imparare a valorizzare.
*Economista

7 febbraio 2023 (modifica il 7 febbraio 2023 | 17:19)

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