Comandante: nel nuovo romanzo di Edoardo De Angelis e Sandro Veronesi la storia di Salvatore Todaro

Comandante: nel nuovo romanzo di Edoardo De Angelis e Sandro Veronesi la storia di Salvatore Todaro

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di ROBERTO SAVIANO

Esce per Bompiani il libro in cui regista e scrittore rievocano l’impresa del sommergibilista che salv i nemici dal naufragio. Dalla vicenda anche un film con Pierfrancesco Favino

Alcuni luoghi del mondo in cui viviamo hanno il potere di deformare i concetti, di sconvolgere le definizioni lessicali o quantomeno di metterle a dura prova. Sono luoghi particolarmente vasti — deserti, montagne, foreste — in cui l’assenza di riferimenti noti, la mancanza di codici riconoscibili e interpretabili pu creare spaesamento e rovina. cos vasto, il mare, che pensarlo come un luogo risulta difficile. Eppure lo . Per Joseph Conrad un luogo metafisico: spazio isolato, astorico, di pienezza e di solitudine, in cui i conflitti spirituali raggiungono con facilit le posizioni estreme e radicali ed in cui gli uomini vengono a trovarsi, drammaticamente, alle prese con l’Assoluto. Chi va per mare sa molto bene che ci mette niente, la libert, a dilatare la sua grana, a diventare smarrimento, lo smarrimento a trasformarsi in terrore, e il terrore a introdurre le note di un tristissimo requiem. cos, il mare. Unisce e separa. Partorisce e inghiotte. Dal mare nasce la vita che nel mare, spesso, finisce. Non lo scopriamo oggi. Ma oggi siamo costretti a ricordarlo ogni giorno. Ci basta guardare la tv, sfogliare le pagine di un quotidiano, leggere le notizie online o anche, semplicemente, bazzicare i social network. Il mare, oggi, pi cimitero che culla. Il mare non ammazza nessuno, ma non fa neanche nulla perch dalla morte si scampi. Muove onde alte venti metri, ma non muove un dito. Il confine semantico che esiste fra un Ti porto al mare e un Ti getto in mare segna tutta la volubilit di luogo (metafisico oppure no) dalle cui bizze tutte le civilt, in tutte le epoche, hanno sentito il bisogno di garantirsi nominando santi, dei e protettori di ogni sorta.

Eppure, a proteggere gli uomini dal mare sono gli uomini. La storia che Sandro Veronesi ed Edoardo De Angelis raccontano nel libro Comandante (Bompiani) una testimonianza potente e attuale — pur essendo ambientata ai tempi della seconda guerra mondiale — di quell’urgenza laica, umana e inderogabile che obbliga un individuo a salvarne un altro quando si trova in mare aperto. Un’urgenza non che andrebbe mai messa in discussione, ma che ci fa riflettere, soprattutto in certi frangenti, sull’importanza di usare il condizionale. La genesi del romanzo, il suo stesso concepimento, incredibilmente curioso, come ricorda Veronesi nella prefazione al libro. Nel 2018, stufo e frustrato di dover ascoltare espressioni indecenti come pacchia, crociera, taxi del mare associate alle operazioni di soccorso ai migranti in mare, lo scrittore d vita a un movimento chiamato Corpi reclutando partecipanti tra la cerchia di amici, prevalentemente scrittori o registi, anche loro esasperati dalla xenofobia imperante e da certa politica che ne alimenta il fuoco. Quelli di Corpi si scambiano messaggi in una chat di gruppo.

Fra loro c’ anche il regista De Angelis. lui, una mattina, a pubblicare nella chat il link a un articolo che parla dell’ammiraglio Giovanni Pettorino — il comandante della Guardia Costiera che, nonostante le strette governative, ha coraggiosamente ricordato che salvare le vite in mare un obbligo di legge e morale, ve lo ricordate? —, il quale, a sostegno della propria tesi ricorda l’impresa del comandante Salvatore Todaro, in missione per la Regia Marina, quindi per un Mussolini ansioso di far bella figura con i tedeschi e con l’ammiraglio Karl Dnitz. Durante il conflitto, Todaro affond con il proprio sommergibile, il Cappellini, il piroscafo belga Kabalo, che poco prima aveva rischiato di uccidere lui e i membri del suo equipaggio. Ebbene, una volta riuscito a salvare s stesso e i suoi, e dopo aver affondato lui, piuttosto, l’imbarcazione nemica, Todaro fece qualcosa di straordinario, inaspettato, e illegale. Salv l’equipaggio del Kabalo lasciando salire a bordo gli stessi belgi che fino a pochi minuti prima sparavano cannonate contro il Cappellini e che adesso, poveri disgraziati, si apprestavano a morire con i polmoni gonfi d’acqua salata. Tornato a terra, Salvatore Todaro venne duramente rimproverato dall’ammiraglio tedesco Dnitz, che lo chiam Don Chisciotte del mare ricordandogli come quella fosse una guerra, non una crociata missionaria. Todaro era perfettamente a conoscenza delle regole. Sapeva benissimo che molti altri, al posto suo, avrebbero eseguito gli ordini lasciando che i belgi annegassero. Per rispose: Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civilt sulle spalle.

Fin qui storia. Una storia straordinaria, certo. Ma qualcosa di ugualmente straordinario — stavolta dettato dal caso, non dalla volont — doveva succedere perch il libro di Veronesi e De Angelis prendesse la propria strada. Una delle persone iscritte alla chat, la promoter musicale Jasmin Bahrabadi, invia a Veronesi una mail in cui spiega che la buonanima del comandante Todaro era suo nonno. Questo singolare, soprattutto se si tiene conto che la chat coinvolge in tutto ventotto persone, compreso il suo stesso ideatore. La mail corredata da un articolo scritto proprio da lei e pubblicato su un quotidiano nel quale si parla di Todaro. Stregati dalla storia, incuriositi dal caso, De Angelis e Veronesi si mettono a fare ricerche sul comandante, aprendo bauli — letteralmente — con le sue vecchie cose, parlando con i parenti, ricostruendo e dando la forma narrativa del romanzo alla vicenda del sommergibile Cappellini e del suo comandante. Il progetto quello di scrivere insieme la sceneggiatura di un film, che infatti gi in avanzata lavorazione: a interpretare Todaro sar Pierfrancesco Favino, si gira a bordo di un Cappellini fedelmente ricostruito con settantatr tonnellate d’acciaio e oltre cento fra ingegneri e operai. Il punto, per, che la storia si rivela cos potente da spingere Veronesi a proporre a De Angelis, prima ancora della sceneggiatura, la scrittura di un romanzo. un racconto corale, un diario a pi voci che per, una volta calatosi in mare, come molti altri concetti che sulla terraferma hanno una consistenza solida e univoca, trova una nuova disciplina, un rigore composito e unitario. Le voci sono tante, e tanto diverse fra loro, ma suonano insieme. Navigano insieme, sperano insieme, temono insieme. E in questo compito di coagulazione vocale, che anche raggruppamento visuale, la visione dello scrittore e quella del regista sono sinergiche. Veronesi dimostra ancora una volta che la potenza della vera prosa sta nella calibrazione certosina dei suoi registri, che una lama va affilata bene, perch tagli a dovere, ma non troppo, perch altrimenti si sfalda. De Angelis scrive come vede, e questo un grande dono. La grammatica per lui strumento al servizio del suo occhio interiore. In queste pagine, gli autori, com’ sempre auspicabile, scompaiono. Si annichilano, come direbbero i fisici. Risultato del processo, irreversibile, che sulla carta restano solo i personaggi. Restano le loro voci.

La prima a parlare Rina, moglie di Salvatore Todaro, che le viene riconsegnato dopo una banale esercitazione con la schiena rotta, un’invalidit che lo costringer a indossare per tutta la vita un busto metallico che non potr mai togliere e che gli procura un dolore placabile solo con la morfina. Per — e qui la follia assume tratti di spaventosa e umana coerenza — quel busto lo tiene dritto. Lo costringe a restare dritto. In una posa da guerriero. Rina, che aveva sperato grazie a questa disabilit di poterlo vedere finalmente tranquillo, finalmente salvo, Rina che progettava di vendere la casa di Livorno e trasferirsi con lui in un cascinale, deve arrendersi all’idea che Salvatore torner in missione.

La missione si chiama Agguato. Il sommergibile Cappellini deve navigare nell’Atlantico e oltrepassare Gibilterra a caccia di navi nemiche. E la trova, la nave. un piroscafo belga. Nessun problema, sembrerebbe. Nel conflitto bellico il Belgio neutrale. E allora perch il piroscafo scortato a distanza da una nave militare inglese? Cosa trasporta? E perch ha un cannone a prua? In un batter d’occhio, la nave di scorta sparisce e dal piroscafo iniziano a sparare. Cosa succede in questo rapido scambio lo abbiamo gi detto, il Kabalo ha la peggio, il suo equipaggio viene salvato dallo stesso comandante che l’ha affondato e che adesso, per salvare la pelle ai naufraghi, deve stipare i suoi uomini in spazi assai angusti. Quasi non ci credono, i belgi, che quest’uomo malconcio, scalzo e con un busto metallico stia salvando loro la vita mettendo a rischio la propria e contravvenendo a ordini ben precisi. E gli altri, l’equipaggio del Cappellini, di questa bestiaccia lunga 73 metri e larga 7 con un motore termico da 3000 cavalli per la navigazione di superficie e due motori elettrici da 1300 cavalli l’uno per la navigazione subacquea, armato con due cannoni da 100, due mitragliatrici binate da 13 millimetri e otto tubi lanciasiluri da 533. Dodici siluri di dotazione, 600 proiettili da cannone e 6000 da mitragliera, come vanno alla guerra? Ci vanno ognuno con la propria voce, ognuno con il proprio dialetto, con il proprio impiego: il motorista Stumpo, il marconista Schiassi, il cuoco Giggino, ascoltano canzoni trasmesse da Radio Andorra, l’unica che in tempo di guerra parla di tutto tranne che di guerra, e suonano allo stesso tempo la propria, di canzone. Meglio: prendono parte alla sinfonia sottomarina, al racconto corale, mentre Todaro gioca alla lotteria pi pericolosa del mondo schivando mine e bombe di profondit e riuscendo, per via di quei duemila anni di civilt o semplicemente perch (anche senza il busto) uno con la schiena dritta, a conservare un’umanit sorprendente.

Sorprendente, si badi, soltanto perch in fin dei conti Todaro comanda un sommergibile mandato alla guerra in una spedizione chiamata Agguato. Per questo sorprendente. sorprendente che un codice arcaico ed eterno, inderogabile, cromosomico, baleni alla mente di un sommergibilista della Regia Marina fascista sperso nelle vastit dell’Atlantico — quello stesso codice ricordatoci dall’ammiraglio Pettorino: Salvare le vite in mare un obbligo di legge e morale —, per sprofondare miseramente prima che possa raggiungere la terraferma. Prima che possa raggiungere certi palazzi dove chiaramente non ha mai attecchito. Certe stanze dove ancora si parla di crociere e di pacchia. Mentre i Don Chisciotte del mare — per usare l’espressione dell’ammiraglio tedesco Dnitz — invece di fare lo slalom fra mine e bombe di profondit devono schivare bordate e minacce che arrivano dalla terraferma. Bisogna leggerlo, questo bel romanzo. Bisogna leggere anche Don Chisciotte.

24 gennaio 2023 (modifica il 24 gennaio 2023 | 21:36)

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