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Continua la “larga offensiva” della Russia nei confronti dell’Ucraina mentre si è arrivati al quarto giorno di combattimenti e le truppe di Putin sono sempre più vicine a Kiev. I civili morti finora negli attacchi sarebbero almeno 64, secondo l’Onu, circa 200 secondo il Governo ucraino. Il presidente Zelensky si è detto aperto ai negoziati con Mosca, ma non in Bielorussa, respingendo così la proposta avanzata dal Cremlino, che però pare stia cambiando strategia. Come spiega su Twitter Andreas Umland, politologo tedesco che studia la storia contemporanea della Russia e dell’Ucraina come pure le transizioni di regime, a differenza dei giorni scorsi, “Mosca ora sta prendendo di mira massicciamente le infrastrutture civili in Ucraina. È impegnata in operazioni militari in prossimità di siti di materiali nucleari, come è successo a Chernobyl e nei pressi di Zaporizhzhia“, cinquanta chilometri a Sud di Dnipro, dove ci sono sei reattori attivi. Il che dovrebbe portare ad un nuovo approccio nei confronti del conflitto.
I nuovi sviluppi delle ultime 24 ore significano, sottolinea Umland, che “la natura della guerra si sta evolvendo e che la posta in gioco per l’Occidente è in aumento. Cambiamenti epocali sul campo richiedono cambiamenti congruenti negli approcci e nelle politiche dell’Occidente nei confronti della Russia e dell’Ucraina in almeno due modi”. Come? Secondo il politologo “in primo luogo, alla luce della condotta ora esplicitamente terroristica della Russia nei confronti della popolazione civile, limitare le consegne di armi all’Ucraina alle sole armi difensive non è più né eticamente né strategicamente giustificabile. Il Cremlino vuole raggiungere il suo obiettivo attraverso il terrore aperto“. Ecco perché “la risposta più adeguata all’approccio russo è aumentare la capacità dell’esercito ucraino di condurre operazioni reattive il cui impatto vada oltre il semplice contenimento delle vittime civili. Quando il nemico cerca di spaventarti, un solo comportamento difensivo potrebbe non aiutare molto”.
Sempre secondo Umland, “di fronte solo alle armi difensive dalla parte di Kiev, Mosca potrebbe non essere in grado di stimare in anticipo la maggior parte dei costi delle sue azioni. La certezza genera aggressività mentre l’incertezza porta alla cautela”. In altre parole, se l’Ucraina possedesse delle armi per lanciare una offensiva e non solo per difendersi, “ciò aumenterebbe l’incertezza del Cremlino e diminuirebbe il suo avventurismo. Le armi offensive ridurrebbero il conflitto e salverebbero le vite dei civili che sono minacciate”.
In secondo luogo, il politologo spinge verso una “limitazione risoluta o la completa interruzione di qualsiasi esportazione russa verso i paesi occidentali e la fine di tutti gli altri pagamenti alla Russia, fino alla fine della guerra”, soprattutto dopo l’attacco a Energodar e il trasferimento della zona di guerra vicino alla più grande centrale nucleare d’Europa, a Zaporozhye. “Ciò dovrebbe indicare un aumento consistente degli sforzi materiali – ha aggiunto -. Questa politica dovrebbe essere molto costosa per la Russia e moderatamente costosa per l’Occidente. I costi moderati dell’UE per porre fine a tutte le importazioni di petrolio e gas russi – ha concluso – dovrebbero essere contrapposti ai guadagni per la sicurezza nazionale degli Stati membri, vale a dire la loro protezione da grandi afflussi di rifugiati, possibile contaminazione radioattiva e minacce correlate e di altro tipo”.
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