“Le aziende utilizzano gli psicologi in fase di selezione, perché non lo fa la scuola se poi chiede di educare alle relazioni e all’emotività?”. Lo psicoterapeuta Gaetano Cotena lancia un sasso nello stagno alla vigilia dei concorsi scuola 2023 per l’infanzia, primaria e secondaria.
I concorsi si articoleranno in una prova scritta, una prova orale, con eventuale prova pratica per le classi di concorso che la prevedono, e la valutazione dei titoli. La prova si svolgerà nella regione di partecipazione al concorso e sarà computer based. Ogni candidato svolgerà un’unica prova scritta per tutte le classi di concorso e tipologie di posto per cui partecipa. Ciascun quesito consiste in una domanda seguita da quattro risposte, delle quali solo una è esatta. Per l’ambito pedagogico, psicopedagogico e didattico-metodologico sono previsti 10 quesiti di ambito pedagogico, 15 quesiti di ambito psicopedagogico- inclusione inclusa – e 15 quesiti di ambito metodologico didattico, valutazione inclusa. Per completare si aggiungeranno per la Lingua inglese 5 quesiti a risposta multipla, livello B2. Infine, 5 quesiti sull’uso didattico delle tecnologie e dispositivi elettronici.
Gaetano Cotena è psicologo-psicoterapeuta e docente di Scienze Umane, si occupa di formazione psicologica emotiva e relazionale dei docenti di ogni ordine e grado di scuola. E’ autore dei volumi “Insegnare senza farsi male” e “Quello che gli studenti non dicono” (Utet Università). “Quello che mi preoccupa – insiste – è che nel bando si legge che verranno valutate le competenze psicologiche, pedagogiche e sociali del docente”.
E invece, professor Gaetano Cotena?
“Invece quello che si evincerà dalle risposte di questo test saranno solo le conoscenze e non le competenze. Per entrare in classe non basta più conoscere la propria disciplina e avere conoscenze generali di psicologia e pedagogia. Le richieste che vengono fatte dal Mim ai docenti sono molto grandi e vertono sull’educazione all’emotività, alle relazioni, all’autocontrollo. Queste richieste spostano la funzione docente su un piano relazionale che richiede una modifica del sistema di selezione e formazione. Per me la selezione nei concorsi dei docenti deve dare un peso minimo alla valutazione delle conoscenze della disciplina perché queste sono state già appurate durante i corsi universitari e perché la teoria il docente se la può ripassare il giorno prima, se non le ricorda. Ancora una volta il Ministero sottovaluta queste competenze psicologiche e relazionali delegando la valutazione di queste alla pura teoria e conoscenza di autori, perdendo di vista che lo stare in classe e con l’emotività degli studenti richiede competenze concrete che devono essere verificate adeguatamente. Penso che sia un modo con cui si finge di risolvere un problema, lasciandolo irrisolto”.
In questo periodo storico si chiede sempre più ai docenti di intervenire sulle relazioni con gli alunni, sulla motivazione. Si chiede loro addirittura di trasformarsi in tutor e in mentor e addirittura in esperto sui temi dell’affettività. Lei dunque si aspettava qualcosa di più sulla selezione dei nuovi insegnanti e sui criteri di valutazione delle loro competenze psicologiche e pedagogiche?
“Pensiamo davvero che rispondere ad un quesito a risposta chiusa che chieda l’anno di pubblicazione di un libro di psicologia o le fasi di sviluppo di una teoria pedagogica significhi accertare le competenze relazionali, psicologiche e pedagogiche di un docente? Si perché quello che mi preoccupa è che nel bando si legge che attraverso i test a risposta chiusa verranno accertate le competenze sociali e relazionali del docente. Si parla cioè di competenze, non solo di conoscenze. Ma la psicologia è lontana dall’essere questo. La psicologia, quella concreta, è quella che dice ai docenti come stare in relazione con l’alunno, come dare il limite senza svalutare, come dare il limite ad un genitore invadente, come stare con l’ansia e l’aggressività dello studente, come porsi nei confronti dell’alunno come adulto stabile di riferimento. Tutto questo lo tratto, in modo concreto durante i miei corsi di formazione ai docenti. E tutto questo non viene spiegato neanche durante i percorsi di abilitazione all’insegnamento”.
Perché?
“Il problema è che la attuale formazione ai docenti è erogata da docenti universitari di pedagogia che non hanno mai messo piede in una classe, o talvolta da docenti di psicologia che non hanno mai visto un paziente in vita loro. Gli esperti della relazione non sono i docenti universitari, che, diciamo la verità, non hanno esperienza di relazione educativa e non sono gli esperti della relazione. E’ per questo che la formazione dei docenti va affidata anche agli psicoterapeuti”.
E cosa pensa del docente tutor e dell’educazione alle relazioni?
“Penso che siano ancora una volta richieste che approfittano della grande umanità e disponibilità dei docenti, ma che siano richieste non chiare e non adeguate all’attuale sistema di selezione e formazione. Il Ministero fa una serie di richieste ai docenti e queste richieste chiedono chiaramente al docente di avere competenze psicologiche concrete. Il docente tutor, per esempio, come si legge, è chiamato addirittura a contribuire allo sviluppo del Sé dell’alunno alla gestione dell’emotività, all’autocontrollo. Queste sono richieste grandissime per uno psicoterapeuta, che frequenta una specializzazione di quattro anni per raggiungere questi risultati. E sono grandissime anche per un docente. Con l’aggravante che nessuno lo forma per sostenere tutto il carico emotivo che deriva dalla complessità del ruolo e dalle pressioni sul mondo della scuola di oggi, in cui i docenti sono sottoposti a pressioni e carico emotivo che richiede competenza psicologica per essere gestito”.
In alcuni capitoli dei suoi due libri condivide con i docenti alcune conoscenze cliniche. Come mai ha pensato di rivolgersi ai docenti, proponendo loro le sue esperienze cliniche?
“Perché conosco bene la differenza tra educare e curare. E non penso che si possa parlare di educazione all’autocontrollo senza dare al docente alcune conoscenze, parlo solo di conoscenze, sul mondo intrapsichico di chi soffre di attacchi di panico o di chi soffre di disturbi alimentari, perché è necessario che il docente sappia come relazionarsi con chi soffre di queste problematiche. Non per curarle, ma perché inevitabilmente una sintomatologia psicologica, certificata o meno, non costituisce una sofferenza soltanto per chi la vive, ma tira dentro sollecita, provoca, tutte le persone che ci sono intorno. Discorso complesso, ma che affronto durante la formazione ai docenti, e quando apro questo tema le domande sono continue, perché il carico emotivo del docente va preso seriamente e i docenti vanno sostenuti con supervisioni e formazione seria e concreta. E quando mi riferisco ad una formazione seria e concreta, intendo che non si può pensare che una formazione registrata on line basti. Perché il docente ha bisogno di portare le sue problematiche con quello studente, con quell’alunno, di quella classe”.
Veniamo al dunque. Come dovrebbe svolgersi allora la selezione dei docenti, dal suo punto di vista?
“Dando un peso minimo alla valutazione delle conoscenze. Del resto, queste sono già state appurate in università e ormai al docente si chiede di rifarsi a delle indicazioni nazionali e non più di seguire un programma. La teoria il docente può ripassarla il giorno prima di entrare in classe se non la ricorda, ma se non sa gestire la classe o la propria emotività o quella dell’alunno questa rischia di non impararla, neanche con l’esperienza. Per questo per me sarebbe fondamentale introdurre un colloquio psicologico durante il concorso. Un professionista che valuti aspetti emotivi e comportamentali e che intercetti un eventuale disagio psicologico che da test a risposta chiusa certamente non possono emergere. Le assicuro che un professionista della psicologia, uno psicologo o uno psicoterapeuta, sono attrezzati per riconoscere le competenze emotive e relazionali di una persona. Le aziende utilizzano gli psicologi in fase di selezione, perché non lo fa la scuola se poi chiede di educare alle relazioni e all’emotività?”
Facciamo un passo indietro. Quali sono le problematiche che vivono i docenti e che dichiarano durante i corsi di formazione che eroga?
“Per entrare in classe non basta conoscere la propria disciplina. Ci sono due tematiche in particolare che durate i miei corsi di formazione i docenti mi riportano. La prima è il problema del limite da dare agli studenti e ai genitori”.
Entriamo nel dettaglio
“L’invasione del genitore rappresenta un carico emotivo e una fonte di conflittualità enorme per i docenti oggi. Questo è aggravato dalla perdita di potere istituzionale del docente. Accessi agli atti continui da parte dei genitori, Dirigenti scolastici che eliminano le annotazioni o le sospensioni deliberate dai consigli di classe e purtroppo anche invasioni nella didattica per evitare contenziosi. E il problema del limite riguarda anche la relazione con gli studenti e le studentesse. Perché adesso il rischio continuo è che il setting educativo, che deve essere la classe, si sposti in chat e social. Questo è un rischio attuale, e bisogna formare i docenti e dare loro indicazioni chiare sul confine tra educare e prendere in carico. Quest’ultimo aspetto non spetta ai docenti”.
Veniamo alla seconda
“La seconda problematica riguarda la difficoltà di stare in classe con tutte le sfumature emotive di bambini e adolescenti. Ansia, aggressività, rabbia, ma anche attacchi di panico, disturbi alimentari, passività, narcisismo, iperattività. Come stare con tutte queste sfumature emotive? Nessuno lo spiega ai docenti e il burn-out crescente è anche dovuto alla scarsa formazione su queste tematiche. Ribadisco non per curare, ma per sapere come stare con queste sfumature emotive senza farsi male”.
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Concorso docenti, test a risposta multipla non basta: Introdurre un test psicologico per valutare gli aspetti emotivi e comportamentali. INTERVISTA a Gaetano Cotena