Perché il voto americano «conviene» a Meloni (e quali conseguenze ci saranno sul resto del mondo)

Perché il voto americano «conviene» a Meloni (e quali conseguenze ci saranno sul resto del mondo)

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Le elezioni di midterm hanno punito Trump, lanciato DeSantis e concesso a Biden lo spazio di manovra per una «mezza tregua» con la Cina

Eccovi le prime conseguenze dell’elezione di midterm sul resto del mondo; con l’avvertenza che ancora non abbiamo risultati definitivi, ma qualche verdetto è già nell’aria.

Non c’è stata la valanga repubblicana. La destra vede rafforzarsi la sua nuova star, Ron DeSantis governatore della Florida. Si aprirà una resa dei conti al suo interno, perché il vecchio establishment repubblicano accusa Donald Trump: il mancato trionfo viene addebitato alla pessima qualità dei duecento «pasdaràn del negazionismo» che lui ha sponsorizzato (dando i suoi endorsement solo a coloro che non riconoscono la legittima elezione di Joe Biden nel 2020).

La sfida tra DeSantis e Trump è nella logica dei fatti. Forse solo il governatore della Florida ha i numeri per epurare il Grand Old Party di un leader tanto ingombrante quanto carismatico.

In quanto a carisma, DeSantis è scarso. I suoi numeri sono altri: nella crescita economica della Florida favorita anche dall’assenza di restrizioni durante la pandemia; nell’emigrazione interna da New York e dalla California alla Florida, non più solo pensionati in cerca di sgravi fiscali ma forza lavoro giovane attratta da un clima più favorevole alle start-up. Infine DeSantis ha le carte in regola su tutte le battaglie valoriali: in Florida ha contrastato la penetrazione della woke culture nelle scuole, ha vietato che si insegni l’identità sessuale fluida in quinta elementare o il «razzismo genetico» dei bianchi. Ha tolto i privilegi fiscali alla Disney che «riscrive le fiabe perché eroine ed eroi siano solo gay e di colore».

Non ha carisma, certo, però ha servito la patria in divisa sul fronte iracheno mentre Trump fece l’imboscato durante la guerra in Vietnam… Insomma lo scontro tra i due promette bene.

Conseguenze immediate della «mancata valanga repubblicana».

Penso prima di tutto all’Europa e all’Italia.

Buone notizie per la continuità della politica estera Usa. Un trionfo dei candidati trumpiani avrebbe messo a repentaglio il consenso bipartisan sull’Ucraina.

Questo risultato invece rafforza indirettamente il vecchio establishment repubblicano, atlantista doc. Un personaggio come il capogruppo repubblicano al Senato, Mitch McConnell, fu decisivo nel ratificare l’elezione di Biden nel fatidico 6 gennaio 2021. Oggi McConnell esce a testa alta da un’elezione che ha castigato Trump. McConnell ha sempre garantito voti repubblicani ai vari pacchetti di aiuti americani per Kiev.

Visto che Giorgia Meloni ha «investito» sull’atlantismo, questo risultato le conviene, mentre un trionfo trumpiano avrebbe creato scenari più incerti sul futuro della Nato.

Sull’Ucraina dunque il risultato delle elezioni rafforza la previsione di Jake Sullivan, capo del National Security Council, che trovate qui: il consenso bipartisan continuerà.

Nel frattempo lo stesso Sullivan, reduce da un viaggio a Kiev, si era «giocato» lo spauracchio trumpiano con Zelensky e lo ha costretto a rinunciare alla pregiudiziale per cui il presidente ucraino escludeva un negoziato con Putin.

Sulla Cina: qui non c’è mai stata una vera distanza fra le Amministrazioni Trump e Biden. Anzi Biden ha «studiato» il caso-Huawei, notando che le restrizioni imposte da Trump contro la vendita di tecnologia americana al colosso cinese delle telecom hanno stoppato l’espansione globale di Huawei nel 5G. Biden ha esteso quella ricetta applicandola in modo più ampio e l’embargo tecnologico contro la Cina è diventato un asse portante della politica di questa Amministrazione. Ora, da un lato Biden si vede rafforzato perché l’ala tradizionalista del Grand Old Party, con un personaggio come il senatore Marco Rubio rieletto in Florida, abbonda di «falchi» sulla Cina.

D’altro lato avendo scongiurato una débacle elettorale Biden ha una libertà di manovra che gli consentirà di incontrare Xi Jinping al G20 di Bali per negoziare una sorta di «mezza tregua». L’America e la Cina continueranno a trattarsi reciprocamente come delle antagoniste e rivali strategiche; ma potrebbero accordarsi su un modus vivendi che ripristini alcuni terreni di collaborazione e consultazione. I più urgenti sono due: la lotta al cambiamento climatico (totem dell’ala ambientalista del partito democratico); e un meccanismo di consultazione tra alte sfere militari che cerchi di prevenire un «disastro ucraino a Taiwan».

Quest’ultimo tema interessa il mondo intero e in particolare gli alleati americani in Asia: Giappone, Corea del Sud, Australia, ma anche Vietnam e Filippine. Si tratta di stabilire delle linee di comunicazione costanti e ad altissimo livello – come fu il telefono rosso Washington-Mosca nella prima guerra fredda – per evitare errori di calcolo, fraintendimenti dell’avversario, spirali di reazioni incontrollate che possono sfociare su un conflitto tragico tra superpotenze.

Un Biden che esce dalle midterm senza danni eccessivi può manovrare con Xi senza temere che si apra subito un processo contro di lui in patria.

In una prospettiva di medio-lungo termine, però, lo scampato disastro può indurre i democratici a sottovalutare i pericoli per il 2024.

Primo: se davvero DeSantis riesce a far fuori Trump nella corsa alla nomination, il ticket Biden-Harris diventa inadeguato per contrastare un 44enne dalle solide credenziali conservatrici, ma libero dagli scheletri nell’armadio di Trump.

Secondo: la sinistra democratica continuerà a condizionare le scelte di Biden sulla politica energetica, impedendo che l’America sfrutti appieno il potenziale strategico delle sue energie fossili. L’autosufficienza energetica dà una marcia in più agli Stati Uniti rispetto alla Cina, e al tempo stesso può risultare preziosa per aiutare gli europei ad affrancarsi dal gas russo; ma la presa degli ultra-ambientalisti sull’Amministrazione Biden riduce queste potenzialità.

Infine un’ultima notazione di colore sull’elezione Usa vista da Mosca o Pechino. Anche in America gli oligarchi contano meno di quanto si crede. Il tweet con cui Elon Musk ha consigliato di votare repubblicano, non sembra aver spostato le masse. Musk è una superpotenza per tante altre ragioni, dalla Tesla alla rete satellitare Starlink; ha anche un seguito di fan tra cui 110 follower su Twitter; non significa che li possa manipolare a suo piacimento.

9 novembre 2022 (modifica il 9 novembre 2022 | 16:45)

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, 2022-11-09 15:40:00, Le elezioni di midterm hanno punito Trump, lanciato DeSantis e concesso a Biden lo spazio di manovra per una «mezza tregua» con la Cina, Federico Rampini

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