Conte chiede 1,8 milioni di “Tfr” agli scissionisti M5S. La replica: «Non è il partito a cui aderimmo»

di Claudio Bozza

Il leader chiede 30 mila euro a ciascuno dei 61 parlamentari che passarono con Di Maio. Presutto: Decreti ingiuntivi? Bene, in tribunale faremo chiarezza sulla sua opacit

Il Movimento di Giuseppe Conte pretende indietro 1,8 milioni dagli scissionisti che passarono con Luigi Di Maio prima della caduta del governo Draghi. Nel 2018, accettando la candidatura in Parlamento, il regolamento dei Cinque stelle di allora prevedeva la restituzione di 30 mila euro (dei circa 45 mila totali) che ogni eletto percepisce al termine di ogni legislatura. Tecnicamente si chiama assegno di solidariet, che pi semplicemente come un “Tfr”. Una richiesta difficilmente contestabile, viste le clausole messe nero su bianco e controfirmate dagli ex grillini.

Ma gli scissionisti, capitanati dall’ex vicecapogruppo al Senato Vincenzo Presutto, replicano con una contestazione di sostanza: Il M5S a cui aderimmo nel 2018 non esiste pi. Quello di oggi il partito di Conte, un soggetto totalmente diverso e giuridicamente distinto da quello attuale: quindi perch dovremmo restituire a Conte questi soldi? — afferma Presutto —. Procederanno con decreti ingiuntivi? Benissimo, sar l’occasione per fare chiarezza su tutto e tutti. C’ stata una gestione opaca e, visti i procedimenti giudiziari in corso , Conte resta potenzialmente un leader abusivo.

Dopo l’inizio della nuova legislatura, un gruppo di fedelissimi dell’ex premier sta lavorando a un nuovo regolamento interno, che, tra i vari punti, rivede le cifre delle restituzioni, ben diverse da quelle dei tempi anticasta. Deputati e senatori dovrebbero continuare a rinunciare a 2.500 euro al mese. Nella precedente ra, mille finivano nelle casse del partito, mentre 1.500 venivano restituiti alla collettivit, finanziando tra i vari soggetti onlus e microcredito per le imprese. Ma nel nuovo corso contiano gli equilibri sarebbero ribaltati: 2 mila euro al partito e solo 500 indietro alla collettivit.

Non un mistero, infatti, che i conti del Movimento siano in difficolt. Mantenere questa macchina politica diventata un’impresa anche per un giurista navigato come l’ex premier avvocato del popolo. Buona parte dell’apparato infatti ancora tarato sui fasti del 2018, quando i grillini riuscirono a fare eleggere 330 parlamentari, un numero grazie al quale si ottenevano circa 16 milioni annui come rimborsi ai gruppi parlamentari. Dopo il 25 settembre scorso, e dopo una campagna elettorale in cui non sono stati accettati i grandi finanziamenti privati come gli altri partiti, oggi il Movimento ha solo 80 parlamentari. Le spese sono s diminuite, ma oltre ai fondi per garantire il funzionamento delle attivit istituzionali alla Camera e al Senato, servono quelli per pagare la sede di Via di Campo Marzio (si parla di 12 mila euro al mese) e soprattutto il contratto di consulenza per la comunicazione tra i Cinque stelle e il fondatore Beppe Grillo (si parla di 200 mila euro annui).

C’ da rimettere in sesto i conti, insomma. E anche per questo Conte prevede di ricorrere ad azioni di recupero (che in realt sarebbero decreti ingiuntivi) per incassare le presunte morosit, come appunto il “Tfr” non versato dagli scissionisti. E in questa azione di recupero crediti sono previsti due pesi e due misure: coloro che non hanno abbandonato il M5S e sono stati rieletti dovranno restituire solo il 20% del “Tfr” (circa 9 mila euro), mentre agli scissionisti niente sconti: 30 mila euro. Si annuncia un’altra lunga battaglia legale, come quella avviata dagli attivisti seguiti dall’avvocato Lorenzo Borr, che nel ricorso contestano la legittimit della leadership di Giuseppe Conte.

8 dicembre 2022 (modifica il 8 dicembre 2022 | 18:42)

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, 2022-12-08 17:42:00, Il leader chiede 30 mila euro a ciascuno dei 61 parlamentari che passarono con Di Maio. Presutto: «Decreti ingiuntivi? Bene, in tribunale faremo chiarezza sulla sua opacità» , Claudio Bozza

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