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“Abbiamo sbloccato un contratto che era fermo da tanto tempo, stanziato 100 milioni aggiuntivi e soprattutto deciso di cambiare finalità a 300 milioni che erano già previsti a Bilancio ma che erano stati indirizzati a non ben precisate finalità”. Parole del ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara in occasione del “question time” dello scorso 22 marzo sulla condizione economica dei docenti.
Quali finalità? In altra precedente dichiarazione il ministro aveva accennato alla necessità di non sprecare risorse per “microprogetti”. Forse si riferiva a quelli affidati alle scuole – stile PON – per attività varie di aggiornamento e sperimentazione: spazio aperto alla “fantasia” delle scuole sui contenuti dei progetti, rigide regole di rendicontazione con parametri fuori mercato e conseguenti frequenti “acrobazie”, nessuna rendicontazione pubblica. Sono stati spesi così miliardi di euro ma, salvo pochi casi, non si sa nulla dei risultati conseguiti, si sa solo che a livello di sistema non si sono visti miglioramenti.
Ora Valditara è tornato sulla questione esplicitando la volontà di “destinare questi 300 milioni all’aumento del contratto di 1.200.000 lavoratori del mondo della scuola, così da realizzare il più importante aumento retributivo fin qui conseguito”.
In altri termini non si tratta di risorse aggiuntive, messe a disposizione della trattativa contrattuale, ma di fondi già messi a bilancio per una finalità diversa e ora dirottati verso il contratto. La ragione di questa decisione del ministro (destinata forse a scontentare i docenti impegnati nei “microprogetti”) è certamente da ricondurre alle rinnovate proteste dei sindacati, sostenuti in questo da una documentata campagna di stampa, per il basso livello delle retribuzioni dei docenti della scuola italiana confrontate con quelle di quasi tutti gli altri Paesi europei.
Questa decisione del ministro potrebbe non essere risolutiva (300 milioni diviso 1.200.000 fa 250 euro lordi all’anno), ma va nella direzione di innalzare la base degli stipendi di tutti, come vogliono i sindacati. Non in quella di differenziare i profili professionali e i relativi stipendi in una prospettiva di carriera che renda la professione docente più appetibile agli occhi dei giovani studenti universitari (soprattutto, anche se non solo, quelli delle discipline STEM) che devono decidere se dedicarsi all’insegnamento o ad altre professioni.
Ma la novità di questi giorni è l’annunciata introduzione nelle scuole di due figure nuove, quelle del tutor e dell’orientatore. Ne parliamo nella notizia successiva.
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