di Francesco VerderamiLa presenza del senior national officer Patrick Shiflett e le sue parole sulla Cina e sui suoi rapporti con gli Stati Uniti dell’amministrazione Trump Sono le 15 di martedì 24 maggio e il Copasir è pronto a ricevere un ospite inatteso, viene dagli Stati Uniti e ha chiesto un «incontro informale» per discutere di «ingerenze cinesi». Fin dall’inizio ai membri del Comitato per la sicurezza della Repubblica sembra di stare su un set cinematografico. All’appuntamento si presenta Patrick Shiflett, senior national intelligence officer dell’Fbi. È accompagnato da quattro funzionari dell’Ambasciata statunitense ed è assistito da un interprete personale. Cosa ci fa in Italia un alto ufficiale dell’Agenzia che in America si occupa di controspionaggio interno? Come mai ha deciso di venire a Roma, visto che il 12 giugno i rappresentanti del Copasir voleranno a Washington in visita ufficiale? E perché vuole parlare di Cina nel bel mezzo del conflitto ucraino scatenato dalla Russia? Tra i presenti c’è chi vorrebbe porre queste domande, ma l’ospite anticipa tutti con un’altra domanda: «Avete da chiedermi?». Per superare un momento di stupore collettivo, il presidente del Copasir prende la parola così da rompere il ghiaccio. Adolfo Urso introduce la discussione toccando temi sensibili che però sono noti ai rappresentanti parlamentari. E pure Shiflett, che si inserisce, non offre spunti di novità. L’attività di penetrazione cinese nei Paesi occidentali è al centro di una vasta pubblicistica, che comprende informative dei servizi segreti e report delle ambasciate. Di recente la diplomazia italiana ha riferito che due distinte delegazioni sono state inviate nel Vecchio Continente dal Waijiaobu — il ministero degli Esteri di Pechino — per riallacciare «relazioni alquanto sfilacciate» e rese ancor più difficili dall’atteggiamento di «neutralità filo-russa» adottato dalla Cina dopo l’inizio della guerra russa in Ucraina. C’è un’ora da passare insieme. E più il tempo passa senza alcun sussulto, più i membri del Copasir si chiedono quale sia il reale motivo di questa visita inattesa, che è stata richiesta attraverso i canali diplomatici. Shiflett però non aggiunge elementi particolari rispetto ai dossier sulla propaganda cinese. Chi li ha studiati sa che l’attività è controllata direttamente da un apposito Dipartimento per la Propaganda del Comitato centrale del Partito comunista. Sa che le missioni sono composte da parlamentari, accademici, imprenditori. Sa persino delle liti che scoppiano tra «compagni» durante questi viaggi. Compresi gli ultimi in Europa. Insomma, la saletta del Copasir sembrerà pure un set cinematografico, visto il dispositivo che accompagna l’uomo venuto da Washington. Ma il film non offre colpi di scena e l’ora di colloquio sta scadendo. Mancano pochi minuti quando Shiflett riprende la parola e inizia a spiegare come i cinesi finanzino negli Stati Uniti fondazioni, università, circoli culturali. E anche la politica. D’un tratto chi sta per alzarsi torna a sedere, perché comprende che non può perdersi il finale. Non resterà deluso. Come riferiscono in modo univoco alcuni dei presenti, l’ufficiale dell’Fbi rivela che nel suo Paese è in corso un’indagine per verificare se la Cina abbia finanziato la campagna presidenziale di Donald Trump. Shiflett non fa in tempo a terminare la frase che i funzionar i dell’Ambasciata dicono «dobbiamo andare». Così i rappresentanti del Copasir restano appesi a una domanda: se è venuto fino a Roma per raccontarci dell’indagine, è perché c’è qualcosa in quel fascicolo che si collega all’Italia? La risposta appare scontata perché non ci sarebbe stata alcuna necessità di informare il Parlamento di uno Stato estero su fatti interni all’Amministrazione statunitense. Perciò il pensiero è corso all’estate del 2019, quando alla Casa Bianca sedeva Trump. Al viaggio a Roma dell’ex ministro per la Giustizia William Barr. All’accoglienza che gli fu riservata dall’allora premier Giuseppe Conte e dal direttore del Dis Gennaro Vecchione. E all’insofferenza dell’attuale presidenza americana per quei contatti ritenuti «anomali», visto che delegavano agli 007 italiani i rapporti con un politico di Washington. Il governo è stato informato. Non è parso sorpreso della visita inattesa. 3 giugno 2022 (modifica il 3 giugno 2022 | 22:44) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-03 20:31:00, La presenza del senior national officer Patrick Shiflett e le sue parole sulla Cina e sui suoi rapporti con gli Stati Uniti dell’amministrazione Trump, Francesco Verderami