Domani andrò a votare, ma non ne posso più di partecipare a un gioco di cui non condivido le regole. In Italia le leggi elettorali durano come un paio di pedalini, ma perseguono tutte lo stesso scopo: impedire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti e ai vincitori di governare.
Usano questi finti nomi latini — Italicum, Porcellum, Rosatellum — per rivendicare una specificità che affonda in una tradizione immaginaria: gli antichi romani erano gente seria, che col Rosatellum non avrebbe eletto nemmeno un amministratore di condominio. Grazie a un’irripetibile congiunzione di astri, gli anni Novanta avevano partorito una buona legge per i sindaci, che infatti da allora sono l’unica istituzione stabile e rispettata, persino quando la persona che la incarna è mediocre o incapace.
Si poteva estenderla a livello nazionale, ma non lo si è fatto. Si poteva copiare il sistema francese a doppio turno, ma non lo si è fatto. Si poteva copiare quello proporzionale tedesco, ma non lo si è fatto. Copiare non è sempre un reato, a volte è un bagno di umiltà. Significa riconoscere che l’idea avuta da qualcun altro funziona e vale la pena adottarla, ma adottarla così com’è, senza correttivi che la trasformerebbero in uno sgorbio. E non mi dite che per far funzionare la legge francese o tedesca bisogna essere francesi o tedeschi. Sarebbe l’ennesimo autoinganno dettato dall’affermazione compiaciuta di una nostra intangibile diversità. Un italiano può restare creativo anche diventando più serio.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui.
Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.
24 settembre 2022, 07:22 – modifica il 24 settembre 2022 | 07:22
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-09-24 05:26:00,
Domani andrò a votare, ma non ne posso più di partecipare a un gioco di cui non condivido le regole. In Italia le leggi elettorali durano come un paio di pedalini, ma perseguono tutte lo stesso scopo: impedire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti e ai vincitori di governare.
Usano questi finti nomi latini — Italicum, Porcellum, Rosatellum — per rivendicare una specificità che affonda in una tradizione immaginaria: gli antichi romani erano gente seria, che col Rosatellum non avrebbe eletto nemmeno un amministratore di condominio. Grazie a un’irripetibile congiunzione di astri, gli anni Novanta avevano partorito una buona legge per i sindaci, che infatti da allora sono l’unica istituzione stabile e rispettata, persino quando la persona che la incarna è mediocre o incapace.
Si poteva estenderla a livello nazionale, ma non lo si è fatto. Si poteva copiare il sistema francese a doppio turno, ma non lo si è fatto. Si poteva copiare quello proporzionale tedesco, ma non lo si è fatto. Copiare non è sempre un reato, a volte è un bagno di umiltà. Significa riconoscere che l’idea avuta da qualcun altro funziona e vale la pena adottarla, ma adottarla così com’è, senza correttivi che la trasformerebbero in uno sgorbio. E non mi dite che per far funzionare la legge francese o tedesca bisogna essere francesi o tedeschi. Sarebbe l’ennesimo autoinganno dettato dall’affermazione compiaciuta di una nostra intangibile diversità. Un italiano può restare creativo anche diventando più serio.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui.
Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.
24 settembre 2022, 07:22 – modifica il 24 settembre 2022 | 07:22
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, Massimo Gramellini