Via alle parole «padre» e «madre» sui documenti dei figli. Cosa può fare il governo?

Via alle parole «padre» e «madre» sui documenti dei figli. Cosa può fare il governo?

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di Alessandra Arachi

Il ricorso fatto da due donne, che hanno vinto la causa. Il decreto del 2019 imponeva la dicitura «padre» e «madre». L’ordinanza del Tribunale civile di Roma vale solo per il caso specifico. Gli avvocati: «Chiediamo che il decreto Salvini venga annullato»

Cosa mettere sulla carta di identità di un minore: «padre» e «madre»? O una dizione neutra come «genitore»? C’è un decreto ministeriale che ha stabilito come comportarsi. Un’ordinanza di un Tribunale civile che ha ribaltato quella decisione. E a questo punto c’è il governo che ha fatto sapere: prenderemo in mano la questione per fare ordine, è a rischio il sistema di identificazione personale. Non è una pura questione burocratica.

È una questione che riguarda direttamente le famiglie omogenitoriali

, quelle che vengono chiamate famiglie arcobaleno. E il problema si pone quando i bambini si trovano due mamme e due papà: cosa scrivere nei documenti? Quando il 31 gennaio del 2019 al Viminale c’era Matteo Salvini, il ministro non ha avuto dubbi: fece un decreto per stabilire che sui documenti dei minori ci dovesse essere scritto chiaro «padre» e «madre».

E adesso è proprio il leader della Lega che si indigna contro l’ordinanza del Tribunale civile di Roma

che ha stabilito: «La dicitura che dovrà comparire sulle carte di identità della bambina dovrà essere neutra: genitore, anziché padre e madre».

Il ricorso è stato fatto da due donne: Sonia e la sua compagna, unite civilmente, con una figlia nata con la fecondazione artificiale che Sonia ha praticato all’estero. Prima dell’ordinanza del Tribunale civile c’era stata una sentenza passata in giudicato in cui si riconosceva l’avvenuta adozione della bambina da parte della compagna di Sonia. Le due donne hanno così proseguito sulla via dei Tribunali. Si sono affidate agli avvocati della Rete Lenford Vincenzo Miri e Federica Tempori. E a Roma il giudice Francesco Crisafulli ha accolto le loro istanze.

Un’ordinanza di venti pagine per dettagliare la sua decisione, con un fondamento: il suo provvedimento voleva restituire «un senso alle parole». Quelle parole che ora Salvini ha smarrito. Dice, infatti: «Illegali o discriminanti le parole “mamma” e “papà”? Non ho parole, ma davvero». Oggi Salvini è vicepremier e ministro delle Infrastrutture, ma ovviamente difende quel suo decreto da ministro dell’Interno: «È incredibile. Usare sulla carta di identità le parole “padre” e “madre”, le parole più belle del mondo, secondo il Tribunale civile di Roma sarebbe una violazione delle norme comunitarie e internazionali».

Il giudice è andato a fondo: «Un documento che indichi una delle due donne come “padre” contiene una rappresentazione alterata e perciò falsa della realtà» e quindi — a suo dire — i funzionari dell’anagrafe erano stati costretti ad un falso in atto pubblico mettendo sulle carte d’identità la dicitura «padre». «Il giudice ha messo nero su bianco quello che già sapevamo», ha commentato Alessia Crocini, presidente delle famiglie arcobaleno.

Tuttavia l’ordinanza del Tribunale civile di Roma non ha un valore generale, ma vale soltanto per il caso specifico

. «Chiediamo che il decreto Salvini venga annullato perché bambini con due mamme o con due papà hanno il diritto di veder riconosciuta la loro storia e la loro famiglia», è la richiesta che arriva dalle famiglie arcobaleno. Ma il governo è già intervenuto ponendo il problema del sistema di identificazione, facendo sapere che valuteranno con grande attenzione l’ordinanza che, dicono da Palazzo Chigi, risale al 9 settembre e che il ministero dell’Interno non ha impugnato.

17 novembre 2022 (modifica il 17 novembre 2022 | 08:23)

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, 2022-11-17 07:27:00, Il ricorso fatto da due donne, che hanno vinto la causa. Il decreto del 2019 imponeva la dicitura «padre» e «madre». L’ordinanza del Tribunale civile di Roma vale solo per il caso specifico. Gli avvocati: «Chiediamo che il decreto Salvini venga annullato» , Alessandra Arachi

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