Space economy
di Alessandro Bergonzi21 gen 2023
blu. Che meraviglia! esclamava il 12 aprile 1961 l’astronauta russo Jurij Gagarin, nato da una famiglia di contadini in un piccolo villaggio, 180 chilometri a ovest di Mosca, quando divenne il primo essere umano a vedere la Terra da lontano. Da quel momento si scaten la corsa alla conquista dello spazio, un’ambizione umana resa possibile dalla rivalit tra Usa e Urss e che oggi sembra riaccendersi, costituendo, come allora, un’opportunit per l’umanit intera.
Come sessant’anni fa, la ricerca legata all’esplorazione spaziale porta con s effetti economici, sociali e tecnologici inaspettati. Oggi per riduzione dei costi e ingresso dei privati potrebbero generare conseguenze ancora pi sorprendenti per l’umanit
La ricerca legata all’esplorazione spaziale degli anni Sessanta e Settanta ebbe tra i suoi effetti la messa a punto di oltre 6mila nuovi prodotti: dai microchip ai cibi liofilizzati, dalle tecnologie mediche come il pacemaker ai telefoni cellulari, dai dopo-sci Moon Boot agli schermi a cristalli liquidi, solo per citarne alcuni. Oggi per le ricadute economiche, tecnologiche e sociali potrebbero essere ancora pi sorprendenti grazie a due nuovi fattori: la riduzione del costo del trasporto in orbita e l’ingresso dei privati, che iniettano concorrenza e innovazione al settore. Chi ha provato a prevedere le possibili conseguenze di questa rinnovata attrazione Luca Paolazzi, economista nell’ex governo Draghi che, in qualit di advisor di Ceresio Investors, ha studiato i numeri legati all’economia dello spazio.
La competizione tra privati
Nel suo report l’economista evidenzia come primo fattore fondamentale il passaggio dalla filosofia del “ad ogni costo”, che caratterizzava la rivalit tra Usa e Urss, alla teoria del “minor costo” seguita dagli imprenditori. L’ingresso dei privati, spiega Paolazzi, mette in moto un processo competitivo di ricerca e innovazione per abbassare i costi, basato principalmente sul riciclo di materiali, come le parti del razzo vettore, che prima venivano considerati usa e getta. Se i primi lanci avevano costi molto alti, l’equivalente odierno di 100mila dollari per portare in orbita un chilogrammo di carico, gi alla fine degli anni 60 del secolo scorso il programma Apollo aveva tagliato di circa l’80 per cento l’onere. Ma la svolta arrivata negli ultimi anni, con il progetto SpaceX di Elon Musk che nel 2018 ha portato il costo a 1.500 dollari per chilo, mentre ArianeGroup del francese Andr-Hubert Roussel punta a ridurlo a 1.300 dollari. Una competizione tra privati che secondo Citi, colosso statunitense degli investimenti, consentir al prezzo da pagare per ogni chilo portato in orbita di abbassarsi ulteriormente, scendendo a 100 dollari entro il 2040, e forse fino a 33, con il solito Musk che ha fissato il possibile traguardo addirittura a 10 dollari al chilo. In ogni caso, la concorrenza alta, con una dozzina di imprese che gi oggi offrono il servizio di trasporto nello spazio tra cui, oltre alle gi citate SpaceX e ArianeGroup, spiccano anche Blue Origin di Jeff Besos e Virgin Galactic di Richard Branson.
I vantaggi per l’umanit
Una gara tra privati che, secondo l’analisi di Paolazzi, andr a vantaggio di tutta la societ, permettendo il passaggio dall’industria specializzata nel settore spaziale a un’economia dello spazio, meno verticale e che coinvolger sempre pi settori. In quali ambiti avremo maggiore innovazione? L’economista italiano scommette su trasmissioni radio, connessioni di apparecchi mobili, banda larga e monitoraggio terrestre, uno strumento in pi per tutelare il nostro ecosistema. Allo stesso modo, spiega Paolazzi, lo sviluppo di nuove attivit sar esplosivo, soprattutto per gli studi sulla microgravit (con un fatturato atteso in 20 anni di 14 miliardi di dollari); ma anche per il fotovoltaico spaziale (23 miliardi); la logistica (21); lo sfruttamento minerario (12); l’esplorazione dell’Universo (11); le stazioni spaziali commerciali e il turismo (che varranno 8 miliardi ciascuno).
La difesa dell’ambiente e la lotta alla povert
Tra le conseguenze pi importanti per il futuro dell’umanit, non mancheranno risvolti positivi per l’ambiente e per le societ pi povere. L’esplorazione, sottolinea l’economista nello studio, ci dar conoscenze che poi potranno essere impiegate sulla Terra per la decontaminazione delle aree nucleari, negli interventi di emergenza, nelle miniere pi profonde, nei fondali marini o lungo le coste (per il contrasto, ad esempio, alla pesca illegale) e anche in agricoltura, dove gi oggi dove lavorano macchinari senza conducente (con importanti conseguenze nella lotta alla fame e alla povert). Inoltre, la sensibilit del sistema di geolocalizzazione aumenter enormemente raggiungendo una precisione tre volte maggiore e un segnale pi potente, con effetti pratici nella previsione del tempo, nel soccorso, nell’intrattenimento, nelle costruzioni, nell’industria estrattiva e nei trasporti. A trarre vantaggio dalla corsa allo spazio sar anche la medicina, grazie a una maggiore diffusione di informazioni e terapie via Internet.
I rischi della corsa allo spazio
Insomma, la Space economy pu rappresentare davvero un’opportunit per il pianeta Terra, ma nel suo report l’economista Paolazzi non dimentica di evidenziare alcuni rischi della nuova corsa allo spazio: investimenti costosi e a lungo termine, incertezza nella regolamentazione, alto tasso di fallimento nei lanci con persone a bordo (che oggi tocca il 2%, contro un milionesimo dei voli aerei tradizionali) e, non meno importante, l’aumento dei detriti spaziali che rappresentano una minaccia per la sicurezza delle missioni e per l’ambiente. Una serie di sfide spaziali difficili da superare anche per i Paperoni del settore.
Le opportunit per l’Italia…
In tutto questo l’Italia nel gruppo di testa e non da oggi. Siamo stati la terza nazione a mettere in orbita autonomamente un satellite, dopo Urss e Usa. Abbiamo competenze riconosciute a livello internazionale e rappresentiamo il terzo contributore dell’Esa (European Space Agency), dopo Francia e Germania, con un miliardo all’anno di denari pubblici. Siamo tra le poche nazioni con una filiera completa e con punte di eccellenza in molti componenti, tanto che le imprese italiane sono state scelte come partner dalla Nasa in tanti progetti. Inoltre, il valore dell’export italiano nel settore spaziale il quarto al mondo dopo Francia, Usa e Germania e il governo continua a scommetterci, come dimostrano gli 880 milioni allocati nel settore con il Pnrr. Tuttavia, come sottolinea Paolazzi, non esiste ancora una mappatura sufficientemente accurata n delle imprese che sono direttamente coinvolte n di quelle che avrebbero le competenze per partecipare alla conquista dello spazio. Le stime ministeriali parlano di 200 aziende con un fatturato complessivo di due miliardi, mentre uno studio recente di Intesa Sanpaolo ne ha individuato 286 attive, di cui oltre il 50% nato dopo il 2000. Risulta invece pi complicato fare una stima di tutte le imprese di piccole dimensioni che beneficiano dell’indotto.
E per il mondo
Anche allargando la lente, il valore della Space economy risulta ridotto. Se le stime attuali oscillano tra i 340 e i 400 miliardi di dollari (appena lo 0,4% del Pil mondiale), le proiezioni al 2040 (elaborate da istituzioni finanziarie come Citi, Ubs e Goldman Sachs) quotano il giro d’affari dell’industria spaziale tra i mille miliardi di dollari e le svariate migliaia di miliardi. Tuttavia, come accaduto oltre sessant’anni fa, ad oggi i reali effetti che la ricerca avr sulla societ sono ancora imprevedibili, ma se tornare a vedere il pianeta Blu da lontano pu farci esclamare un’altra volta che meraviglia!, allora ben venga la nuova corsa allo spazio.
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