Ultimamente ha fatto molto scalpore la notizia che non si insegna più il corsivo a scuola e su questo intendo esprimere la mia opinione in qualità di persona che ha insegnato per più di quarant’anni nella scuola primaria.
Come maestra posso dire che il corsivo, pur ritenendolo importante per la possibilità di favorire connessioni cerebrali, non è determinante nel favorire l’apprendimento.
Mi vengono in mente bambini brillanti e ricchi di idee, ma impossibilitati a ripetere certe azioni, certi movimenti o con disturbi specifici dell’apprendimento come la disgrafia e l’insegnante deve effettuare delle scelte sulla base della personalizzazione.
A cosa dare importanza? Alla bella scrittura o alla capacità di esprimere opinioni personali, con un lessico adeguato e scrivendo in maniera comprensibile e corretta? Esiste il detto “Chi non capisce la sua scrittura è asino per natura”.
Ebbene questo sta ad indicare che la scrittura deve essere interpretata, come i quadri. I grafemi che noi utilizziamo devono essere comprensibili agli altri. Quando li usiamo per mettere su carta le nostre idee devono essere chiari e se così non fosse renderemmo nulla la nostra capacità di esprimere delle idee. Pertanto i ragazzi dovrebbero essere in grado di comunicare per iscritto con una grafia il più possibile leggibile e interpretabile da altri.
Vi siete mai chiesti come mai in Gran Bretagna, in Francia, il corsivo non venga usato? Provate a scrivere le parole inglesi in corsivo, legate una cappa e un’acca in corsivo, e vi accorgerete che questa grafia non è adatta. I bambini che iniziano la scuola primaria, si approcciano alla scrittura con lo stampato maiuscolo. Sono linee che possono assumere caratteristiche diverse a seconda della posizione i che assumono e alla fine danno un senso alla parola.
Successivamente, per far sì che i bambini possano leggere libri, e quindi interpretare altri segni grafici, si presenta lo stampato minuscolo, nel frattempo si è consolidata la motricità fine. Si presenta in seguito anche il corsivo, scrittura elegante ed accurata, che “tiene insieme” i segni. Ma è una grafia che non fa per tutti. Nelle mie classi succedeva questo: due lavagne sulla parete e il medesimo testo veniva scritto su una in corsivo e sull’altra in stampatello minuscolo, così tutti potevano accedere al contenuto e scegliere qual era il font più adatto alle proprie esigenze.
Nella scuola esiste la didattica personalizzata che consente all’insegnante di individuare gli strumenti migliori per ogni alunno. In un’ottica inclusiva mi sembra che questa sia la soluzione migliore per dare ad ognuno la possibilità di non arenarsi di fronte a tecnicismi (il tipo di font) quando si vuole esprimere un’opinione per iscritto. Non esiste il metodo migliore, quello che non ha margini di errore, ma c’è quello che ne ha meno di altri, e ritengo che l’uso obbligatorio del corsivo sia inadeguato.
Circa il 13% degli studenti abbandona gli studi. Siamo certi di aver fatto tutto il possibile per mettere questi ragazzi in grado di comunicare il loro disagio? Se la risposta tarda ad arrivare allora la diatriba sul corsivo è solo una questione secondaria, o no?
Norma Moretto
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