Le celle, i colloqui (col vetro): cosè il 41 bis e come si vive in regime di carcere duro

Le celle, i colloqui (col vetro): cosè il 41 bis e come si vive in regime di carcere duro

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di Ferruccio Pinotti

Le regole, i numeri, i limiti: tutto quello che c’ da sapere sul regime introdotto dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio che la mafia da sempre combatte (e che ora al centro del caso Cospito). Ecco cosa si pu fare e cosa non si pu fare. E i pareri. Il pm Tescaroli: Indispensabile. Favero (Ristretti): L’emergenza finita, va cambiato

Una misura nata per tagliare le gambe alla mafia, all’indomani delle stragi di Capaci e di via D’Amelio; laddove ci si era resi conto che la detenzione ordinaria non fosse sufficiente a interrompere la catena di comunicazione tra i boss e l’organizzazione (tanto da lasciare intatta, in molti casi, la capacit dei boss di comandare). Ecco l’origine del 41 bis, il regime detentivo speciale (dall’art. 41 bis, comma 2 dell’ordinamento penitenziario, appunto) di cui oggi si torna a parlare. E che, nelle intenzioni del legislatore, doveva avere carattere emergenziale, quindi per sua natura temporaneo (ma che poi stato reso permanente nel 2002). In Italia, ad oggi, sono 728 i soggetti cui riservato questo regime (12 le donne), su un totale di una popolazione carceraria che si aggira attorno alle 56mila unit (ovvero, l’1,3%): 184 sono detenuti in attesa di giudizio, 332 sono condannati definitivi, 208 sono soggetti con posizione mista e 4 internati.

La ratio

Il magistrato Luca Tescaroli , procuratore aggiunto a Firenze e responsabile della Dda ( stato il pm che sostenne l’accusa per la strage di Capaci) spiega che in realt il 41 bis ha origine anteriori al ‘92: Il regime del 41 bis nacque il 10 ottobre 1986 con la legge n. 663 introdotta per il contrasto al terrorismo e poi fu esteso con un decreto del 1992 anche ai mafiosi, attuato il 19 luglio ‘92 col trasferimento di molti boss dal carcere dell’Ucciardone a quello dell’Asinara. La misura ancora importante e attuale perch la pericolosit del crimine mafioso non diminuita, bens aumentata. L’intento primario del 41 bis non spingere alla collaborazione con la giustizia ma impedire la comunicazione dei boss mafiosi con l’esterno, cosa che ne conserva il carisma e il potere— spiega Tescaroli —. Numerose sentenze passate in giudicato relative alle stragi mafiose del ‘93 dicono proprio che i vertici di Cosa Nostra le compirono proprio per ottenere la revoca del 41 bis e per contrastare la politica antimafia dello Stato . Ci significa che si trattava e si tratta di uno strumento efficace. Va inoltre detto che, come stabilito da varie pronunzie, il 41 bis non incompatibile con la normativa europea. Inoltre l’emegenza italiana ha una sua specificit, che non pu essere ignorata e il 41 bis resta un punto fermo nella lotta alle mafie.

Le strutture

Le carceri nelle quali ci sono sezioni di 41 bis sono 12: la pi importante quella de L’Aquila, dove stato trasferito l’ultimo capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, che ospita in tutto 121 detenuti in regime di carcere duro (e tutte le donne).

Come si vive

In alcune sezioni alle finestre delle celle ci sono fino a tre sbarramenti, come scrivono su Ristretti.it, rivista dei detenuti del carcere di Padova e centro di documentazione delle carceri italiane : Il primo di sbarre vere e proprie il secondo di una rete abbastanza fitta, il terzo fatto da una serie di fasce di ferro o di vetro antiscasso che formano una tapparella dalla quale filtrano poca aria e poca luce. I detenuti di queste celle hanno spesso un notevole abbassamento della vista. I rinchiusi in queste sezioni vanno all’aria, due ore al giorno, in gruppi di 6 o 7, cos pure in socialit in una saletta. I passeggi per l’ora d’aria variano da carcere a carcere: si va da quelli davvero ridotti a quelli grandi come campi di calcetto.

I colloqui concessi, solo uno al mese (ci a fronte della disciplina ordinaria che contempla per i detenuti comuni il diritto a sei colloqui al mese, pi eventuali altri colloqui che possono essere richiesti in presenza di particolari circostanze familiari), si svolgono in un locale col vetro divisorio fino al soffitto, telecamere, citofono per parlare coi parenti (nel regime ordinario non c’ nulla di tutto questo e i colloqui avvengono in spazi liberi). Le sale vanno dalle pi grandi, a Tolmezzo, alle pi piccole di Viterbo e L’ Aquila dove consistono in due cabine telefoniche di 1 metro per 1 metro: da una parte il detenuto, dall’altra i famigliari, che devono fare i turni. Poi ci sono quelle senza vetro divisorio, che servono per i dieci minuti di colloquio consentiti coi figli minori di 12 anni: hanno un bancone che consente il contatto fisico sottoposto a videoregistrazione. Il vetro divisorio il problema su cui tutti i detenuti si sono soffermati. La nostra protesta civile per abbracciare i nostri figli. Il vetro divisorio una tortura psicologica, ci sono mezzi alternativi, telecamere e microfoni. Se lo mantengono solo per farci pentire, ma il pentimento coercitivo non genuino, hanno dichiarato. Ii colloqui coi familiari possono essere videoregistrati e costituire fonte di informazione utile per attivit investigative e per prevenire reati.

Nelle sezioni del 41 bis, i detenuti non possono frequentare corsi scolastici, si pu studiare solo per proprio conto e l’unico intermediario coi professori un educatore. Ciononostante, non sono rari i casi di detenuti che si sono diplomati in 41 bis o hanno conseguito una laurea. I detenuti sono prigionieri anche di una sorta di gabbia procedurale dalla quale non riescono ad uscire se non per mezzo del pentimento. Sempre con riguardo alle comunicazioni con l’esterno, un’altra limitazione riguarda la corrispondenza, sia in partenza, sia in arrivo che, previa autorizzazione giudiziale, sottoposta a visto di controllo, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorit europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia.

Un’altra prescrizione diretta a regolare i rapporti dei detenuti con l’esterno quella relativa alla limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno: proprio basandosi su tale disposizione l’amministrazione penitenziaria ha imposto il divieto per i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di ricevere e inviare all’esterno libri e riviste (sulla legittimit di tale divieto cfr. ora C. cost., 8.2.2017, n. 122). Oltre alle limitazioni sino ad ora indicate, che riguardano i rapporti con l’esterno, il co. 2 quater ne elenca delle altre che attengono ai rapporti tra gli stessi detenuti: in questo senso, la legge prevede l’esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati e la limitazione della permanenza all’aperto.

Il parere dell’operatrice

Ornella Favero, che nel carcere di Padova cura proprio la rivista Ristretti Orizzonti e che presidente della conferenza nazionale Volontariato Giustizia, spiega al Corriere: Ho lavorato con molti detenuti ex 41 bis ora in regime di in alta sicurezza e posso dire che il 41bis un regime davvero duro: sospesa la rieducazione, viene concessa solo un’ora di colloquio al mese dietro a un vetro, a parte coi figli minori, di 12 anni. Di fatto si sempre soli, solo a volte in due. Conosco il figlio di un detenuto col padre da 20 anni al 41 bis e vi posso assicurare che non facile. Bisogna dire che dopo 30 anni abbiamo vinto la mafia, non c’ pi uno stato di guerra. Le emergenze prima o poi devono finire. Allora come mai anche alcuni detenuti a 41 bis come i Graviamo sono riusciti a comunicare com l’esterno? Ci possono essere responsabilit delle carceri in caso di fughe di notizie o di forme di corruzione.

La Corte costituzionale

I caratteri controversi della misura sono stati per smussati dalla Corte costituzionale che, tra il 1993 e il 2002, stata pi volte chiamata a pronunciarsi sulla sua legittimit sotto svariati profili. Attraverso le sue pronunce la Corte – che non ha mai censurato la legittimit del 41 bis, riconoscendone l’utilit nel contrasto al fenomeno mafioso – si impegnata in un’opera di profonda ricostruzione della disciplina, fissando dei paletti di costituzionalit, entro i quali l’Amministrazione penitenziaria si poi mossa nel dare applicazione all’istituto. Le indicazioni della Corte costituzionale sono state recepite in toto dalla legge 23.12.2002, n. 279, che, oltre ad aver reso stabile la misura all’interno dell’ordinamento, ne ha riformato profondamente la disciplina.

A chi riservato

I destinatari del regime detentivo speciale — riporta invece la voce sul 41 bis della Treccani, una delle pi complete sul tema, da cui citiamo — sono selezionati sulla base di due presupposti. Un primo presupposto, oggettivo, relativo al titolo di reato: il 41 bis, infatti, si applica ai detenuti o agli internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo comma 1 dell’art. 4 bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso. Nonostante che l’elenco dei delitti contenuto nell’art.4 bis sia decisamente nutrito, l’esame dei dati statistici consente di rilevare come, nella prassi, il 41 bis sia una misura applicata quasi esclusivamente agli autori di reati di stampo mafioso, salvo casi rari come quello dell’anarchico Alfredo Cospito. Come si evince dal dato normativo (che parla genericamente di detenuti), i destinatari del regime detentivo speciale possono essere tanto soggetti con condanne definitive, quanto soggetti in attesa di giudizio: ci del resto del tutto coerente con la finalit della misura, posto che le esigenze di prevenzione che essa persegue sussistono anche, ed anzi a maggior ragione, nei confronti di detenuti in attesa di giudizio, essendo proprio nel momento dell’ingresso in carcere che il membro dell’associazione avverte con urgenza il bisogno di comunicare con gli affiliati all’esterno, per trasmettere le informazioni di cui in possesso. Al primo presupposto applicativo, se ne affianca poi un secondo, di carattere soggettivo, consistente nella presenza di elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica ed eversiva.

I controlli

Nonostante la formulazione testuale della norma sembrerebbe consentire valutazioni meramente indiziarie, l’Amministrazione penitenziaria tenuta ad effettuare un accertamento rigoroso, perch solo l’effettiva pericolosit del detenuto rende legittima l’applicazione di una misura cos gravemente incidente sui diritti della persona. Di regola, la prova dei collegamenti desunta da due indici: dal grado di capacit operativa sul territorio dell’organizzazione e dal ruolo rivestito dal soggetto all’interno della stessa. Sotto questo secondo profilo nella prassi, la misura adottata nei confronti di coloro che rivestono cariche direttive che di coloro che, in virt dei precedenti rapporti con i vertici, siano in grado di veicolare all’esterno le disposizioni fatte pervenire dai capi.

31 gennaio 2023 (modifica il 31 gennaio 2023 | 19:20)

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