di Marco Ricucci*
Il saggio di Gianna Fregonara e Orsola Riva letto dal professor Marco Ricucci: Un’inchiesta giornalistica senza sconti ma anche molto affettuosa sulla scuola
Fin dalle prime pagine del saggio Non sparate sulla scuola, si capisce subito che le autrici, Gianna Fregonara e Orsola Riva, giornaliste del Corriere della Sera, sono brave nel mestiere di scrivere e si orientano, con cognizione di causa, nella galassia scuola. Di libri che non vogliono solo denunciare e criticare storture e inefficienze, ma anche difendere la mission della scuola di svolgere, pur tra mille problemi, il suo compito istituzionale ovvero formare le nuove generazioni di italiani, se ne sono pubblicati tanti, ma nelle pagine del libro di Fregonara e Riva si respira passione, autentica e diretta: sar che le autrici hanno una marcia in pi come mamme? I nomi ai quali il saggio dedicato, ovvero quelli dei loro figli, lo dimostrano.
Come docente che da pi di venti anni sta nel mondo della scuola, non posso che rallegrarmi che tutto quello che non vi dicono sull’istruzione in Italia, come recita l’azzeccato sottotitolo, sia raccontato con dati alla mano ma in modo brillante, anche per i non addetti ai lavori. Uno dei rischi che si corre, infatti, quando si parla di scuola, lo sbilanciamento verso il tecnicismo, spesso sostanziato di elefantiasi burocratica (si pensi che ci sono almeno 50 acronimi usati nel gergo scolastico!), oppure verso l’ideologismo sindacale e l’opportunismo politico: si parla, ad esempio, della pletora di modalit di reclutamento e stabilizzazione di migliaia di docenti precari, non entrando mai nel merito della formazione iniziale degli aspiranti docenti e dei criteri meritocratici della selezione degli stessi. Un tema che mi sta particolarmente a cuore, quello della formazione iniziale dei docenti, su cui tante volte mi sono confrontato con i colleghi e amici, iscritti all’A.N.F.I.S. che l’associazione professionale dei docenti della scuola con competenze certificate nel campo della formazione, della supervisione di processi formativi, della ricerca didattica nel settore dell’insegnamento.
A complicare ulteriormente le cose – leggiamo a pagina 100 del libro – c’ il sistema sempre pi ingolfato dei concorsi, che per legge sarebbero (il condizionale d’obbligo) l’unica via d’accesso ai posti pubblici. In realt negli ultimi trent’anni quelli veri, e non le sanatorie mascherate da concorsi, sono stati pochissimi: 1990, 1999, un mini concorso nel 2012, un altro nel 2016, che ha decimato i candidati salvo poi ripescarli con un orale farsa nel 2018, l’ultimo nel 2020, con record di bocciati e di contestazioni per domande con svarioni (il pi increscioso: un quesito sbagliato sulla libert di insegnamento nella Costituzione), che hanno provocato una coda di ricorsi al Tar ancora non risolti. Constatata la realt avvilente, l’auspicio che il percorso da 60 crediti per la formazione iniziale dei docenti, praticamente imposto dall’Unione Europea, sia un trampolino di lancio per una maggiore professionalizzazione dell’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
Fregonara e Riva svolgono, naturalmente, un’inchiesta giornalistica, che mi piace definire affettuosa, ovvero come atto di affetto verso il corpo della scuola, perlopi bistrattato da tagli, denigrazioni, mala gestione, insomma trattato con disamore. In mezzo al dipanarsi argomentativo sulle tre sfide individuate dalle autrici (il calo demografico che porter la scuola italiana a una perdita di un milione e mezzo di persone; la sfida tecnologica, in primis dell’intelligenza artificiale; i cambiamenti nel mercato del lavoro), ci sono tuttavia momenti in cui Fregonara e Riva danno dimostrazione di saper coniugare lo stile basso e l’alto, per usare impropriamente i criteri della retorica medioevale. Ecco un passo che mi ha incuriosito: A dispetto del nome, il debate affonda le proprie radici nelle scuole di retorica dell’antica Roma, dove gli alunni si esercitavano a sostenere il proprio punto di vista nelle declamationes, che fossero suasoriae (finte orazioni su personaggi della storia o del mito) o controversiae (finte orazioni giudiziarie). E’ paradossale che proprio la scuola italiana si sia dimenticata di un pezzo di storia che le appartiene, mentre nel sistema scolastico e universitario anglosassone il public speaking da sempre molto considerato. Come non ricordare il banchetto nuziale di Quattro matrimoni e un funerale in cui Hugh Grant, testimone dello sposo, si alza in piedi e tiene un discorso che un piccolo capolavoro di ironia e grazia, arguzia e disincanto? (pag. 115). Altri sono gli innesti in cui si amalgama il riferimento dotto con il collegamento glamour, sempre in maniera appropriata: il che rende la lettura avvincente, per chi vuole capire cosa sia la scuola oggi in Italia. Non rimane che farlo, senza indugi.
*Docente dell’I.I.S. Italo Calvino di Rozzano (MI)
29 novembre 2023 (modifica il 29 novembre 2023 | 11:27)
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