“L’oggetto del presente contributo è la distruzione della scuola, con qualche idea per provare a cambiare rotta”. E’ questo l’incipit di un paragrafo inserito in un più ampio documento pubblicato da Fratelli d’Italia, intitolato Appunti per un programma conservatore, firmato dalla neo premier Giorgia Meloni. Il documento è stato redatto prima delle elezioni politiche con il contributo di Guido Crosetto, Paolo Del Debbio, Stefano Antonio Donnarumma, Alfredo Mantovano, Carlo Nordio, Marcello Pera, Stefano Pontecorvo, Cesare Pozzi, Luca Ricolfi, Giampaolo Rossi e Giulio Tremonti.
“Interpretato da alcuni come possibile base o comunque parte di quello che sarà il programma politico della coalizione di centrodestra che non è stato ancora pubblicato – ha scritto Open online – era in realtà un insieme di ‘contributi, riflessioni e provocazioni degli amici più autorevoli della società civile”. Sebbene si tratti “di una raccolta di spunti esterni e non di un vero e proprio programma politico, il documento non è più rintracciabile all’interno del sito di Fratelli d’Italia”, conferma Open. “Il frutto dei suggerimenti della società civile al partito che, secondo i sondaggi, potrebbe prendere più voti di tutti il prossimo 25 settembre – scriveva Open nei giorni scorsi – può essere recuperato solo in alcuni siti dove altri utenti lo hanno caricato in modo autonomo”.
Ad ogni modo Giorgia Meloni riconosce, all’interno di esso, che “in questo documento il nostro partito conferma la sua apertura culturale, politica e strategica verso le classi dirigenti, i capitani coraggiosi dell’imprenditoria, gli spiriti liberi della cultura e tutte le categorie sociali della nostra Italia. Sono qui raccolti i contributi, le riflessioni e anche le provocazioni degli amici più autorevoli della società civile. Fratelli d’Italia ha voluto ascoltarli, sollecitarli e coinvolgerli su tutte le grandi sfide che attendono la nostra Nazione nell’attuale, difficile congiuntura politica globale: economia, lavoro, sicurezza, difesa, natalità, famiglia, ambiente, giustizia, identità, memoria, scuola, ricerca e innovazione”.
Ma veniamo al documento, che mette in evidenza in maniera esplicita e peraltro legittima e trasparente molti spunti capaci di aiutare tutti a meglio a interpretare il senso della parola merito inserita nella nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione.
La distruzione della scuola e dell’università – secondo quanto si legge nel paragrafo intitolato “Libertà di emergere. La scuola progressista ha ampliato le diseguaglianze e tradito l’art. 34 della Costituzione sui capaci e meritevoli”, leggibile alle pagg 39-41 e firmato da Luca Ricolfi – sarebbe “avvenuta negli ultimi 50 anni”. Secondo quanto si legge nel documento “la scuola senza qualità tutto sommato piace a molti, probabilmente alla maggioranza. Ma, nello stesso tempo, esiste una minoranza – tutt’altro che esigua – che vorrebbe studi più seri, più profondi, più impegnativi. E desidererebbe che la scuola tornasse a svolgere innanzitutto la sua funzione classica, di trasmissione del patrimonio culturale. Una società libera dovrebbe tutelare entrambe. Paradossalmente, una società libera dovrebbe difendere anche il diritto di non studiare, o di studiare poco. Purché tale diritto non venga esercitato, come finora è accaduto, a scapito del’altro diritto, quello delle minoranze dissenzienti di studiare molto, e scegliere percorsi di studio alti”.
Ma andiamo con ordine. Il documento si rifà esplicitamente al libro Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza, di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi. In questo libro gli autori dimostrerebbero, secondo Fratelli D’Italia, che si apprestano a guidare il nuovo corso della pubblica Istruzione, orientata al merito, come emerge dalla nuova denominazione del Ministero, “che l’abbassamento del livello degli studi, attivamente promosso dalla sinistra in nome di un’idea umiliante (e perversa!) di democratizzazione e inclusione, ha danneggiato più i ceti medio-bassi che quelli medio-alti, finendo per rendere il destino sociale di un ragazzo o di una ragazza ancora più dipendente dall’origine sociale. E questo per una ragione assai semplice. I figli dei ceti superiori hanno mille armi per farsi strada, nella scuola come nel mercato del lavoro: le ripetizioni, la possibilità di studiare fino a 30 o 35 anni, le risorse economiche famigliari, il sistema delle conoscenze dei genitori. I figli dei ceti subordinati, invece, hanno un’unica arma per competere con i figli dei ceti alti: la qualità degli studi. Abbassare il livello degli studi ha significato togliere ai ceti popolari l’unica arma di cui avrebbero potuto disporre. Ed è paradossale, perché l’abbassamento è stato promosso, e anzi imposto, in nome loro. Il risultato è che oggi, a fare bene i calcoli, ovvero se si tiene conto dell’inflazione dei titoli di studio, il sistema instaurato da decenni di riforme progressiste è più e non meno selettivo di quello di 40 anni fa. Nel libro Il danno scolastico Mastrocola e Ricolfi “si astengono volutamente da ogni proposta di riforma della scuola e dell’università, giudicandole sostanzialmente irriformabili. Le riforme che hanno distrutto la scuola e l’università, infatti, sono state sì promosse dalla sinistra, ma non sono mai state contrastate dalla destra, e sono state ben accolte dalla maggioranza degli studenti e delle loro famiglie (forse non altrettanto dai docenti): lo scambio meno cultura contro più socializzazione, fondamentalmente è piaciuto, o comunque è stato ben accetto. Tuttavia, forse non è inutile provare a immaginare almeno qualche cambiamento, piccolo o grande”.
Che cosa fare?
“Un cambiamento piccolo ma significativo è già stato messo a punto da Fratelli d’Italia con l’idea del “liceo del made in Italy”. Il pregio di questa proposta è di prospettare ai giovani uno spazio lavorativo intermedio fra le professioni manuali, tendenzialmente disdegnate dai giovani italiani (anche per l’assenza di una tradizione di scuole tecnico-professionali come in Germania), e le “lauree deboli”, dove continuano ad affollarsi i futuri disoccupati e sottoccupati. Se ben congegnato, il liceo del made in Italy ha la potenzialità di diventare un percorso attraente, perché capace di fornire, oltre a un reddito, anche prestigio e reputazione”.
Una provocazione
“Un cambiamento rivoluzionario sarebbe il passaggio dal sistema delle bocciature a quello dei livelli: non ti boccio mai, ma – anziché certificare il falso, come oggi troppo sovente avviene – alla fine della scuola secondaria superiore certifico in modo accurato e fedele il livello di conoscenze che hai effettivamente raggiunto. Al termine dell’ultimo anno, non ti rilascio un diploma, ma una scheda che dettaglia, materia per materia, il livello che sei stato in grado di raggiungere (un approccio simile a quello degli A-levels, nel Regno Unito). E accompagno questa rivoluzione con una applicazione letterale dell’articolo 34 della Costituzione: borse di studio generose per tutti i “capaci e meritevoli”, fino ai “più alti gradi degli studi”, ossia laurea magistrale e dottorato di ricerca.
Il diritto di scegliere
“Infine, riforma fondamentale, il diritto di scegliere fra scuole socialization-oriented, come le attuali, in cui le priorità sono la socializzazione, l’intrattenimento, e la tutela (malintesa!) delle minoranze in difficoltà, e scuole knowledge-oriented, in cui le priorità sono lo studio e l’acquisizione di conoscenze. Famiglie e insegnanti che non apprezzano la deriva dell’abbassamento dovrebbero avere il diritto di fondare scuole di tipo nuovo, cui si accede con appositi voucher, e in cui a un maggiore impegno (e fatica) di tutti corrispondono obiettivi di conoscenza più elevati. Può sembrare un ripiego o una sconfitta, ma in fondo non è altro che un principio di libertà, o forse di tutela delle minoranze. Perché, non nascondiamocelo, la “scuola senza qualità” tutto sommato piace a molti, probabilmente alla maggioranza. Ma, nello stesso tempo, esiste una minoranza – tutt’altro che esigua – che vorrebbe studi più seri, più profondi, più impegnativi. E desidererebbe che la scuola tornasse a svolgere innanzitutto la sua funzione classica, di trasmissione del patrimonio culturale. Una società libera dovrebbe tutelare entrambe. Paradossalmente, una società libera dovrebbe difendere anche il diritto di non studiare, o di studiare poco. Purché tale diritto non venga esercitato, come finora è accaduto, a scapito dell’altro diritto, quello delle minoranze dissenzienti di studiare molto, e scegliere percorsi di studio alti”.
In questi “Appunti per un programma conservatore” – scrive Giorgia Meloni all’interno del documento, e proprio poco tempo prima di vincere le elezioni e di andare al governo – Fratelli d’Italia continua il suo cammino patriottico verso quelle responsabilità di governo che un domani non troppo lontano vorrà esercitare per restituire alla nostra Patria l’orgoglio della sua storia, le certezze di un presente di riscatto e la consapevolezza di un destino di grandezza. In questo documento il nostro partito conferma la sua apertura culturale, politica e strategica verso le classi dirigenti, i capitani coraggiosi dell’imprenditoria, gli spiriti liberi della cultura e tutte le categorie sociali della nostra Italia. Sono qui raccolti i contributi, le riflessioni e anche le provocazioni degli amici più autorevoli della società civile. Fratelli d’Italia ha voluto ascoltarli, sollecitarli e coinvolgerli su tutte le grandi sfide che attendono la nostra Nazione nell’attuale, difficile congiuntura politica globale: economia, lavoro, sicurezza, difesa, natalità, famiglia, ambiente, giustizia, identità, memoria, scuola, ricerca e innovazione. Dopo una pandemia che ha messo in ginocchio le nostre imprese e una crisi internazionale che mette in dubbio le false certezze sul “migliore dei mondi possibili”, Fratelli d’Italia è sempre più convinta che la crisi della globalizzazione imponga una svolta conservatrice per liberare le energie di un popolo antico e sempre giovane, forte e creativo, ostaggio delle burocrazie e dei vecchi e nuovi dispotismi internazionali. In questi “appunti” sono contenute analisi, idee e suggestioni, ma soprattutto una visione più ampia e più alta del mondo contemporaneo, un mondo in cui l’Italia deve tornare protagonista. Il genio italiano merita una classe dirigente pronta a governare una nuova stagione politica per la libertà, l’indipendenza e il benessere del suo popolo. In un tempo dominato dall’incertezza e dalla paura, vogliamo che l’Italia conservi e rinnovi la coscienza di sé, la sua vocazione universale alla bellezza, all’eccellenza e alla qualità della vita. Le pagine che seguono e i contributi che contengono, ne siamo sicuri, condividono queste speranze, come la consapevolezza dell’urgente bisogno di tornare a una “grande politica” italiana”
, 2022-10-25 05:40:00, “L’oggetto del presente contributo è la distruzione della scuola, con qualche idea per provare a cambiare rotta”. E’ questo l’incipit di un paragrafo inserito in un più ampio documento pubblicato da Fratelli d’Italia, intitolato Appunti per un programma conservatore, firmato dalla neo premier Giorgia Meloni. Il documento è stato redatto prima delle elezioni politiche con il contributo di Guido Crosetto, Paolo Del Debbio, Stefano Antonio Donnarumma, Alfredo Mantovano, Carlo Nordio, Marcello Pera, Stefano Pontecorvo, Cesare Pozzi, Luca Ricolfi, Giampaolo Rossi e Giulio Tremonti.
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