Cosè la memoria di lavoro? Quali metodologie adottare per renderla più efficiente nei nostri studenti? INTERVISTA al professor Marzocchi

Cosè la memoria di lavoro? Quali metodologie adottare per renderla più efficiente nei nostri studenti? INTERVISTA al professor Marzocchi

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Nei processi educativi è importante strutturare metodologie didattiche che aiutino gli alunni nel loro percorso di crescita e di apprendimento. Nello studio è importante acquisire e ricordare le informazioni, ma quali sono le funzioni delle memorie nell’apprendimento ed in particolare il ruolo della memoria di lavoro? Ne abbiamo parlato con il Professor Gian Marco Marzocchi docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso l’Università Milano Bicocca.

Professor Marzocchi, la memoria di lavoro è un particolare tipo di memoria a breve termine, ci spiega come funziona e le implicazioni nei processi di apprendimento?

La memoria di lavoro è un modo e un modello che ha descritto agli inizi degli anni ’80 uno psicologo inglese che si chiama Alan Baddeley. Baddeley ha chiamato la memoria a breve termine memoria di lavoro descrivendo anche come funziona. Inoltre ha anche dimostrato che è un tipo di memoria, quella a breve termine, che può essere attiva e serve proprio per lavorare al fine di acquisire nozioni, competenze, strumentalità, e per questo motivo l’ha chiamata, appunto, working memory che noi abbiamo tradotto con il termine di memoria di lavoro. Quindi è una definizione della memoria a breve termine. Come funziona, secondo Alan Baddeley ci sono 3 sistemi: un processo di elaborazione delle informazioni verbali, un processo che elabora le informazioni di tipo visuo-spaziali e un sistema sovraordinato che controlla questi due tipi di processi, verbale e visuo-spaziale. Quindi dobbiamo intendere la memoria di lavoro come un tipo di memoria a breve termine che elabora informazioni differenti, o verbali o visuo-spaziali, e queste informazioni possono essere gestite in modo più o meno attivo. Ad esempio, secondo Cesare Cornoldi, i processi di memoria di lavoro si distinguono su un continuum relativamente al fatto che le informazioni vengono elaborate in un modo più volontario, più decisionale, più attivo da parte della persona, oppure vengono trattenute in modo più passivo. Se ad esempio devo ricordare un numero di telefono che mi viene detto, cerco di ricordarmelo in un modo piuttosto passivo ripetendo le cifre ascoltate. Se invece devo ricordare più informazioni che per me sono difficili da tenere in memoria, cercherò di attivare delle strategie, ad esempio cercherò di ricordare quali sono certi dettagli, certi elementi che mi permettono di fare un collegamento tra queste informazioni in un modo più significativo. Ecco che alloro io sto applicando delle strategie, sono più attivo, ho una maggiore profondità di codifica e quindi elaboro queste informazioni in modo più approfondito, mentre l’esempio che vi ho fatto prima riguardava delle informazioni che elaboro in maniera più superficiale e che rimarranno nella mia memoria per un periodo più limitato. Viceversa le informazioni elaborate in un modo più approfondito rimangono nella memoria per un periodo prolungato e vengono poi depositate nella mia memoria a lungo termine.

La memoria di lavoro è coinvolta in gran parte delle attività svolte a scuola, come ad esempio le operazioni aritmetiche, la lettura, la scrittura e la comprensione verbale. Ci spiega quali ambiti sono coinvolti e come vengono elaborate i vari tipi di informazioni?

Nell’ambito scolastico è difficile dire in cosa non serva la memoria di lavoro. In realtà la memoria di lavoro serve in tutti i processi di apprendimento, a cominciare da quelli più semplici, cioè quando il bambino inizia ad apprendere la lettura. Basti pensare al momento in cui il bambino riconosce che alcuni simboli, cioè i grafemi, possono essere trasformati in fonemi e quindi nel momento in cui il bambino impara a leggere deve tenere queste informazioni temporaneamente in memoria. Ad esempio se devo leggere la parola “tavolo” e riconosco le lettere t-a-v-o-l-o, questi suoni, se voglio poi produrre la parola nella sua completezza, li devo tenere nella mia memoria di lavoro in modo tale che via via che riconosco dei grafemi li fondo. Quindi nella lettura decodifica e nella lettura strumentale la memoria di lavoro è importante. Ma nella lettura è ancora più importante un processo di memoria più attivo che è quello legato alla comprensione del testo. Nel momento in cui leggo un’intera riga, se non ricordo che cosa ho letto nella prima parte della riga non riuscirò a capire il significato della riga nella sua interezza, per cui devo elaborare in modo più approfondito le informazioni che sto raccogliendo per riuscire a creare un cosiddetto schema mentale, un modello mentale. Quindi anche nella comprensione del testo la mia memoria di lavoro è assolutamente fondamentale. Ma anche nella matematica la memoria di lavoro ha un ruolo fondamentale. Se devo svolgere dei calcoli, ad esempio “47 + 52”, nel momento che vado a sommare le unità, quindi il 7 ed il 2, il risultato, il 9, lo devo tenere in mente, poi devo procedere con la somma delle decine, mantenendo sempre in memoria il risultato della somma delle unità, per poi andare a scrivere il risultato che è rappresentato dalla fusione delle due somme effettuate. Ecco che anche nello svolgimento dei calcoli devo usare la memoria di lavoro. Per non parlare della risoluzione dei problemi dove già durante la lettura del quesito mi rappresento mentalmente una situazione relativa al problema. Questo avviene anche nella scrittura, se devo scrivere un pensiero, un breve testo, devo tenere in memoria quello che devo scrivere per poi produrlo e monitorare se poi effettivamente sto scrivendo quello che realmente volevo scrivere. Una piccola distinzione, per chiudere, riguarda proprio la differenza tra il coinvolgimento della memoria verbale e quella visuo-spaziale. La memoria di lavoro verbale è molto coinvolta nella lettura e nella scrittura, mentre la memoria di lavoro visuo-spaziale è più coinvolta nello svolgimento di attività aritmetiche, o meglio nelle attività aritmetiche sebbene siano coinvolte sia la memoria di lavoro verbale che quella visuo-spaziale, quest’ultima ha una rilevanza particolare, perché nel momento in cui io manipolo ed uso i numeri per me questi numeri hanno anche una loro collocazione spaziale, il cosiddetto Fenomeno SNARC (Spatial-Numerical Association of Response Codes). Questo fenomeno è una sorta di collocazione dei numeri nello spazio per cui se dovessi chiedervi se avendo due numeri, ad esempio il 2 e il 9, dove immaginiamo il numero 2 rispetto al numero 9, la stragrande maggioranza di lettori occidentali direbbero che il 2 sta a sinistra e il 9 a destra. Questo perché noi i numeri ce li immaginiamo disposti su una linea mentale, quindi i numeri hanno anche una loro elaborazione dal punto di vista visuo-spaziale, tant’è che i bambini che hanno problemi di calcolo o discalculia, molto spesso hanno difficoltà di memoria di lavoro sia a livello verbale che a livello visuo-spaziale.

Quali sono le metodologie che si sente di suggerire ad un docente per allenare e rendere più efficiente la memoria di lavoro nei propri alunni?

Dobbiamo tener conto che la memoria di lavoro è proprio uno snodo. Immaginiamocelo come un talamo, un crocevia di tutti questi diversi processi di apprendimento. Se noi potenziamo la centralina, mettiamola così, conseguentemente ci aspettiamo di migliorare poi gli effetti e quindi anche gli apprendimenti, tant’è che un training sulla working memory può produrre dei miglioramenti anche a livello di processi di lettura e di calcolo. All’interno della memoria di lavoro abbiamo detto che c’è un sistema di controllo, il cosiddetto esecutivo centrale, come l’ha chiamato Alan Baddeley, che si occupa di vari processi, tra cui il monitoraggio dell’apprendimento, ma soprattutto di un processo molto importante che è quello dell’aggiornamento o updating. Questi processi di aggiornamento sono fondamentali perché nel momento in cui sto ascoltando o sto elaborando delle nuove informazioni, queste entrano nel mio sistema e permettono proprio di aggiornare le mie conoscenze. Quindi un processo che è molto importante allenare sono i processi di aggiornamento. Un paradigma molto utile per allenare i processi di aggiornamento viene chiamato n-back. In questo tipo di paradigma di allenamento troveremo tantissime proposte di training di updating. Ma come funziona? L’n-back è un paradigma di esercizi in cui al bambino, ma vale anche per l’adulto o l’anziano, vengono proposte attività in cui vengono via via presentati degli stimoli che possono essere dei numeri, delle lettere, delle parole o delle immagini e la persona deve sempre aggiornare quello che ha appena ascoltato. Facciamo un esempio, se proponiamo una serie di numeri che possono essere 4, 5 e 6, e successivamente presento il numero 6, il compito del bambino è quello di riconoscere se tra i numeri proposti ce ne sia uno già ascoltato in precedenza ed in tal caso deve eseguire un compito prestabilito come ad esempio battere le mani. Questo tipo di esercizio è l’n-back di livello 1, ovvero quando il numero ripetuto è identico all’ultimo elemento proposto. Ma è più difficile l’esercizio se chiediamo al bambino di segnalare tutte le volte che sente un numero uguale a quello proposto due posizioni precedenti. Ad esempio se proponiamo una serie numerica del tipo 3, 5, 7, 5 il bambino deve riconoscere che il numero 5 è uguale al penultimo proposto, quindi il bambino deve tenere in memoria due elementi, il 5 e il 7, per poi tra questi riconoscere se il successivo è di nuovo il 5. Questo processo di aggiornamento mi permette di tenermi sempre attivo. Il problema, però, è che esercizi di questo tipo oltre ad essere faticosi sono noiosi, perché richiedono sforzo, concentrazione, attenzione e quindi i bambini spontaneamente non è che li facciano gioiosamente o divertendosi. Allora dobbiamo inserire due ingredienti fondamentali, il gioco e la sfida. Se questi esercizi li rendiamo più motivanti attraverso il gioco, inserendo personaggi o parole più divertenti dei numeri, e inseriamo la sfida, la gara, stimolandoli a vedere chi vince, chi ottiene più punti, allora inseriamo questa variabile che è la motivazione. Se riesco a motivare il bambino allora lui farà un’attività che non è più noiosa, ma diventa stimolante e raggiunge determinati risultati. È quello che abbiamo fatto nel nostro programma FEREA (Funzioni Esecutive Relazioni Emozioni Ambiente), che è un programma di training proprio per allenare le funzioni esecutive tra cui proprio la working memory. Chiudo con una buona notizia che in letteratura tantissimi articoli dicono che la working memory è il dominio delle funzioni esecutive che più è soggetto a miglioramento a seguito del training e la working memory è proprio quel processo, tra le funzioni esecutive, più importante negli apprendimenti scolastici.

Lei parlava appunto di apprendimenti scolastici dove è importante conservare le informazioni per lunghi periodi. Come incide la memoria di lavoro negli apprendimenti a lungo termine?

Se ho usato la memoria di lavoro in modo efficiente, cioè ho applicato delle strategie come ad esempio per un bambino ricordare i nomi dei vari gruppi montuosi delle Alpi e quindi effettua uno sforzo volto a ricordare i nomi di queste catene montuose, è più probabile che se esercitino delle strategie di memorizzazione e quindi sarà più probabile che queste informazioni vengano depositate in modo stabile nella memoria a lungo termine. Ma qual è la memoria a lungo termine più efficace? È la cosiddetta memoria semantica. Questo tipo di memoria è una rete di nozioni che se opportunamente collegate tra di loro permette proprio di riuscire a mantenere più a lungo termine il ricordo e la rievocazione, perché il problema nella memoria a lungo termine non è tanto quello del decoding, cioè la codifica dell’informazione, ma quella del recupero. Riuscire a trovare le informazioni nella nostra memoria è molto importante, perché se io le ho organizzate in modo confuso, come ad esempio quando raccolgo oggetti in un garage in modo disordinato, sarà molto difficile poi trovare le cose che mi servono, se invece li ho organizzati in modo strategico in base a delle categorie, ad un significato, è molto più facile per me riuscire a recuperarle. Quindi la memoria di lavoro serve proprio per riuscire ad analizzare le informazioni in modo approfondito e categorizzare queste informazioni nel lungo termine per riuscire a recuperarle in un modo più funzionale.

Nella scuola, generalmente, si è abituati a verificare apprendimenti che coinvolgono la memoria a lungo termine che, se non debitamente rinforzati, incombono nel fenomeno dell’oblio (la memoria a lungo termine è coinvolta solo nel ricordo di nozioni che possono essere organizzate nella memoria semantica. In realtà la memoria di lavoro è coinvolta in quasi tutti i processi di apprendimento). Come si possono valutare, invece, gli apprendimenti legati alla memoria di lavoro?

Solitamente nel contesto scolastico vengono valutati proprio i processi di apprendimento, che sono il prodotto, il fine, mentre la memoria di lavoro è uno strumento, è sostanzialmente un mezzo per acquisire gli apprendimenti. Per cui nel contesto scolastico è poco funzionale valutare la memoria di lavoro di per sé, perché viene valutata la comprensione del testo, la lettura come decodifica, la qualità dei testi, la capacità di problem solving e la capacità di svolgimento dei calcoli. In queste 5 aree la memoria di lavoro gioca un ruolo fondamentale, per cui è importante valutare questi diversi 5 processi, cosa che a scuola normalmente viene effettuato, e se si valuta che questi processi sono stati acquisiti è molto probabile che la memoria di lavoro stia funzionando in modo adeguato. Sono un po’ scettico nel chiedere agli insegnanti di valutare processi più di carattere neuropsicologico, come potrebbe essere la memoria di lavoro verbale o visuo-spaziale, innanzitutto perché quando il bambino dà una determinata risposta ad una prestazione, un test o un compito di questo tipo, potrebbe essere influenzato anche da altre variabili, come ad esempio l’ansia da prestazione, piuttosto che l’attenzione o la motivazione a svolgere quel compito, inoltre la prestazione del bambino ad un compito di questo tipo non deve essere preso in un modo cristallizzato e statico e quindi la sua prestazione potrebbe essere molto variabile. Molto più importante è allenare i processi di memoria di lavoro con alcune attività come ad esempio quelle dell’n-back di cui abbiamo parlato in precedenza, ma soprattutto valutare i 5 prodotti, perché con questa attività valutativa devo sapere che sto testando anche la memoria di lavoro.

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