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di Matteo Cruccu
La lunga fase di instabilit, iniziata con la guerra e culminata con la fine di Saddam, conclusa il Paese pronto a riaprire ai turisti e a riprendersi i tesori archeologici sparsi nel mondo. Anche grazie al gruppo di giovani laureati fondatori di Iraqi Travellers Cafe
I ragazzi si passano il narghil e bevono un t zuccheratissimo dietro l’altro; alle pareti si mescolano foto di vecchi prozii, mitologiche cantanti egiziane, istantanee ingiallite di ex primi ministri, mentre all’ingresso Mohammed, l’anziano proprietario, osserva l’avventore di turno con noncuranza, figlia di un’ineguagliabile sofferenza. Gi, nel 2007 un kamikaze si fece esplodere qui, davanti allo Shabandar Cafe, nel cuore di Baghdad, cenacolo di intellettuali e perdigiorno da pi di cento anni: Mohamed perse cinque figli e da allora fatica giustamente a parlare.
Da allora per, sono cambiate fortunatamente molte altre cose: quella che gli estremisti volevano colpire la sempiterna dedizione alla cultura di questa citt millenaria e di questo Paese ancora pi antico, l’Iraq, bellissimo e sfortunato. Ebbene, oggi, dopo trent’anni di instabilit permanente, l’Iraq (e Baghdad) sono tornati ad essere accessibili come nei lontani Anni 70. Non in modalit tour operator all inclusive, come vedremo, ma comunque finalmente visitabili, negli ancestrali angoli da abbecedario sui cui, bambini, ci siamo formati tutti: Babilonia e Ur. E nella sua araba fenice, Baghdad appunto. A dispetto della nomea di “stato terrorista” che il Paese, meta sconsigliata dai principali ministeri degli Esteri di tutto il mondo, fatica a levarsi di dosso.
Il nostro Paese era trattato come paria
Io e un amico non potevamo sopportare di vedere l’Iraq trattato come un paria. E ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa: Osama Moussa, 34 anni, un master in India in medicina, nato alla periferia di Baghdad, nel 2019 decise di fondare “Iraqi Travellers Cafe”, un gruppo su Facebook per quei sparutissimi viaggiatori che allora osavano avventurarsi da queste parti. Dai due che erano, in tre anni sono diventati ben 37.000 gli utenti della pagina, con oltre mille ragazzi iracheni che si sono dati da fare per fornire consigli su come spostarsi e dove alloggiare, offrendosi come guide (spesso gratis) ai visitatori. Che si muovono con la modalit zaino in spalla e taxi condiviso: in Iraq non esistono ancora regolari autobus di linea, mentre il treno si muove solo sulla direttrice Baghdad-Bassora, una volta la settimana: Quando nel 2021 continua Osama, il governo ha liberalizzato gli ingressi, permettendo il visto alla frontiera per 37 Paesi senza pi doverlo richiedere alla propria ambasciata, tornato il turismo.
La strada per l’aeroporto, un tempo bersagliata dall’Isis
E cos nell’un tempo inaccessibile aeroporto di Baghdad (la strada che dal centro portava alla struttura era una delle preferite dagli attentatori di Isis) incontri svariate comitive, dove non mancano anche i nostri connazionali. Come Marco da Bergamo, dipendente di una societ di trasporti con un gusto particolare per i posti considerati “estremi” dai pi: Sono stato in Libano e in Siria: avevo l’Iraq nel mirino. Appena ho scoperto la novit del visto, mi ci sono fiondato subito. Noi italiani, gi: di nuovo turisti, ma anche decisivi nella rinascita di questo Paese in ben altre vesti, come archeologi e imprenditori. E non solo militari , come sembrato dall’esposizione mediatica della prima uscita all’estero, proprio in Iraq, del nostro neopremier, Giorgia Meloni, in uniforme. Ci sono 18 nostre missioni archeologiche che finanziamo direttamente spiega infatti l’ambasciatore a Baghdad Maurizio Greganti decisive per il rilancio del patrimonio del Paese. Perch il vero petrolio di qui la cultura.
Gli egiziani scrivono, gli iracheni leggono
Intanto, Marco e tutti gli altri, percorrendo a ritroso la strada verso il centro, risalgono Mutanabbi street, la via dello Shabandar Cafe e dei librai, dedicata a un poeta del nono secolo e rimessa a nuovo; dopo anni possono tornare negli ariosi cortili della madrassa di Mustansiriyah che conteneva una delle pi grandi biblioteche del medioevo. Per una citt che ha ritrovato dunque la sua vocazione: Gli egiziani scrivono, i libanesi pubblicano, gli iracheni leggono diceva del resto un antico proverbio. La tangibile evidenza che per qui c’ stata la guerra sono i tantissimi checkpoint, come quelli che cingono l’inizio e la fine di Mutanabbi. E come i tanti che troveremo in tutto l’Iraq: non si viene sempre fermati, ma quando accade, ufficiali gentilissimi controllano a fondo i documenti, non certo con fare punitivo o con l’intento di spillare soldi, come pu accadere in altri contesti.
Un luogo (finalmente) sicuro
L’Iraq vuole dimostrare di essere un luogo sicuro. O di provarci, perlomeno, con questo massiccio spiegamento di forza. Intanto, anche quando cala il buio, la citt tornata a respirare, in modi diversi: nel quartiere sciita di Kadhmiya, intorno alla splendida moschea, negozi di dolciumi e di abiti sono aperti fino a notte fonda; scendendo gi lungo il Tigri i ristoranti fanno a gara ad offrire il miglior Masgouf, carpe alla brace; e scivolando ancora pi sud e oltrepassando la celebre piazza Firdos Square, dove venne abbattuta la statua di Saddam, oggi sostituita da un gioco di fontane e luminarie, si susseguono una via l’altra insegne di whisky occidentali, nightclub e caff moderni.
I fasti degli Anni 70 e la ripartenza
Come il Beban, dove incontriamo altri membri di Iraqi Travellers Cafe, ingegneri informatici, imprenditori nelle costruzioni, inventori di startup, la meglio giovent irachena insomma, tutti tra i 30 e i 40. Vedi Al, esperto di telecomunicazioni: Mi fa rabbia pensare che noi, negli Anni 70, fossimo il Paese arabo dove era nata la prima tv, fondato il primo giornale, costruito il primo aeroporto, un modello per tutta l’area . Quello che vogliamo tornare ad essere. Dopo mesi di instabilit, come premier stato eletto Mohamed Al-Soudani, 52enne di famiglia sciita, ingegnere agricolo: Perlomeno non viene da fuori commenta Ali cresciuto con noi. E un segnale della ripartenza sicuramente la piena riapertura del Museo dell’Iraq: ricordiamo tutti il devastante saccheggio che segu all’indomani dell’invasione americana, nel 2003. Come se gli Uffizi, il Louvre e tutti i musei di Washington fossero scomparsi dalla Terra dichiararono allora afflitti gli archeologi. La collezione di arte sumera, babilonese, assira effettivamente impressionante, le sale ora sono di nuovo affollate, si tratti di scolari iracheni o turisti americani.
Il ritorno di 18 mila manufatti archeologici
Fino a cinque mesi fa per, qui era tutto chiuso: Da almeno tre anni dice Hassan, affabile guida prima per i disordini, poi per il Covid. Sono intanto tornati 18000 manufatti, peccato per che non sapremo mai quanti ne abbiamo persi, visto che i saccheggiatori prelevarono migliaia di reperti dai magazzini. Usciti dalla monumentale costruzione, ci si reca nell’affollata e vicina stazione dei taxi, l’unico modo dunque per spostarsi da una parte all’altra del Paese, se non si possiede un’auto: si sale sul retro, si aspetta che si riempia e per una decina di euro si conquista il proprio biglietto per la leggendaria Babilonia e in meno di un’ora e mezza si arriva davanti alla famosa replica della porta di Ishtar, turchese e fintissima. Gi, l’originale a Berlino, al Pergamon Museum: ma la verit che quasi tutta Babilonia un enorme fake. Ovvero la rappresentazione plastica della megalomania di Saddam Hussein che la fece ricostruire da architetti tedeschi nel 1982. Alcuni mattoni recano perfino una scritta in arabo con cui il fu dittatore si celebrava come novello Nabucodonosor, il leggendario re babilonese.
L’Isis a Babilonia non mai arrivata
Mohammed, guida che lavora qui da trent’anni, dice intanto con orgoglio che Isis a Babilonia non mai arrivata, li abbiamo cacciati prima ancora che si avvicinassero. Cos rimasta intatta questa gigantesca opera di rifacimento che fa inorridire gli archeologi e per non priva di suggestione mentre passeggi sotto le mura, pensando che qui vi erano i Giardini Pensili, la Torre di Babele e vi mor a 33 anni Alessandro Magno. Il mix vero-falso rimane per impressionante: sullo sfondo si erge la villa abbandonata di Saddam. La fece costruire su un terrapieno che doveva essere pi alto dell’antica citt, perch potesse dominarla tutta. Giace abbandonata anch’essa dal 2003, gli enormi saloni coperti di graffiti e le suppellettili divelte dai muri: della smania di grandezza del Rais rimangono solo le placche sopra i portoni con Saddam di nuovo a fianco di Nabucodonosor. Grottesco, mentre si sentono sbattere le finestre dal vento nelle stanze vuote. Via su un altro taxi condiviso, e trecento chilometri pi a sud si raggiunge Nassiriya: gi, l’infausta Nassiriya, dove un attentato, il 12 novembre 2003, port via 19 italiani che partecipavano alla missione Antica Babilonia.
L’infausta Nassiriya e la sumera Eridu
Anche qui, molte cose sono cambiate: al posto del vecchio compound distrutto dove alloggiavano i nostri soldati, ora c’ la camera di commercio della citt. E a un’oretta di distanza, in pieno deserto, si raggiunge Eridu, antichissima citt sumera: un sogno per qualunque archeologo, da terra affiorano ciottoli di ogni genere e perfino mattoni con iscrizioni cuneiformi. S, c’ tantissimo da scoprire, dopo anni di abbandono: noi italiani siamo stati i primi a venire in quest’area nel dopo Saddam, nel 2010 racconta Franco D’Agostino, direttore del dipartimento degli Studi Orientali della Sapienza a Roma e responsabile di una delle 18 missioni di cui sopra che qui scava intorno alla ziggurat in rovina e alla necropoli. Una storia per certi versi simile quella di Hatra, nel nord del Paese che era stata devastata da Isis ed stata rimessa in ordine dal team di Massimo Vidale dell’universit di Padova insieme all’Ismeo, l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente: Quando ho visto che gli estremisti prendevano a martellate le statue, lo sdegno stato enorme. Ebbene, tornando a Sud e verso Nassiriya appare di lontano l’altra ziggurat, quella leggendaria, di Ur: questa s compatta, la meglio conservata della Mesopotamia, ma per anni non visitabile perch qui, anche ai tempi di Saddam, vi era una base militare.
Nel 2021 il viaggio di papa Francesco
Sempre qui, nel suo decisivo viaggio del 2021, venne Papa Francesco, anche perch a pochi passi vi , secondo la tradizione, la casa nata di Abramo. Da allora, sono tornati i turisti, accolti da Abdallah, 21 anni: si divide tra il lavoro di guida e il museo. Suo bisnonno lavorava con Leonard Woolley, l’archeologo inglese che riport Ur alla luce, suo nonno e suo padre erano e sono i guardiani del tempio e hanno collaborato con D’Agostino. Voglio andare a studiare archeologia a Roma, sento molto il fascino e la storia del vostro Paese dice speranzoso. E gli italiani sono ovunque: sempre a poca distanza di Nassiriya, nelle paludi dell’Eufrate, c’ un progetto per impiantare un caseificio di mozzarelle di bufala. Gi, i placidi animali popolano quel che rimane del primo parco protetto dell’Iraq, istituito nel 2016. Saddam fece prosciugare le paludi, riducendole di nove decimi, per punire quelli che riteneva i suoi nemici, gli abitanti di qui, di culto sciita. Come Zaynab Al Asady, stretta nel suo velo nero, 37enne attivista ambientale. Prima del terremoto, la diga costruita sull’Eufrate dalla Turchia aveva fatto ulteriormente abbassare il livello del fiume. Se andasse completamente in secca spiega Zaynab sarebbe un dramma vero, perch anche le 200 famiglie che ancora vivono qui dovrebbero andarsene via.
La ressa allo stadio con 2 morti e 80 feriti
E il dramma si verificato nell’ultima tappa del nostro viaggio, a Bassora. Per la prima volta dopo trent’anni, la citt ospitava, a inizio gennaio, un evento internazionale di calcio, la Coppa del Golfo, altro tassello verso la normalit: una ressa davanti allo stadio della finalissima (vinta, per la cronaca, dall’Iraq) ha causato 2 morti e 80 feriti. Una pagina tragica, certo, figlia della disorganizzazione per e non dell’instabilit politica. Per una citt da sempre tollerante, perch crocevia di religioni ed etnie. Che ospita anche una piccola Venezia, Shanashil, quartiere con case bellissime sui canali, oggi per in stato di abbandono: Basterebbe poco per rimetterle a posto dice sconsolato il 30enne avvocato Mohammed Hussein, si occupa anch’egli di battaglie ambientali Ma spesso la politica non capisce che bisogna reinvestire per ripartire. Gi, con giovani come lui per, il futuro di questo bellissimo e sfortunato Paese assicurato.
PER SAPERNE DI PIU’
UN NUOVO EQUILIBRIO – Dopo quarant’anni di guerre e disordini interni, l’Iraq sembra vivere finalmente una stagione pacifica. Un equilibrio fragile che al momento per regge. Ma ripercorriamo queste quattro decadi di instabilit.
LA PRIMA GUERRA – Dopo la sanguinosa guerra con l’Iran iniziata nel 1980 che, di fatto, si chiude senza vincitori n vinti nel 1988, nell’agosto 1990 Saddam Hussein decide di invadere il Kuwait. La comunit internazionale, guidata da George Bush padre, insorge. E nel gennaio 1991 gli iracheni vengono cacciati via dal piccolo emirato.
LA SECONDA GUERRA – Nel 2003 Saddam viene rovesciato (per poi venire giustiziato nel 2006, aveva 69 anni ) e l’Iraq invaso dagli Usa di George Bush figlio (e dai suoi alleati). Per otto anni il Paese rester sotto controllo degli americani, per poi finire in preda a una guerra civile, i cui ultimi strascichi si sono protratti fino a pochi mesi fa.
10 marzo 2023 (modifica il 10 marzo 2023 | 08:22)
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, https://www.corriere.it/sette/esteri/23_marzo_10/cosi-trentenni-riaprono-l-iraq-la-guerra-anni-rinascita-37e6b8a2-bcf8-11ed-b743-21e74a13bd9b.shtml, Corriere,