Covid, il cervello dei pazienti gravi  rischia un invecchiamento di 20 anni  Il bollettino: 47.039 casi e 152 morti

Covid, il cervello dei pazienti gravi  rischia un invecchiamento di 20 anni  Il bollettino: 47.039 casi e 152 morti

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di Cristina Marrone

A sei mesi dall’infezione il deterioramento cognitivo causato dalla malattia grave è simile a quello subito nel passaggio tra i 50 e i 70 anni, pari alla perdita di dieci punti del quoziente intellettivo

Le persone ricoverate per Covid grave potrebbero perdere fino a 10 punti di quoziente intellettivo nei sei mesi successivi all’infezione, ovvero una perdita intellettiva pari al declino cognitivo cui mediamente si va incontro dai 50 ai 70 anni. Anche se al momento non è chiaro quanto questi danni cognitivi siano permanenti, dato l’ampio numero di individui colpiti gravemente dal Covid nel mondo l’impatto complessivo potrebbe essere enorme. A rilevarlo è uno studio condotto da un team di scienziati dell’Università di Cambridge e dell’Imperial College pubblicato su una rivista collegata a The Lancet.

I danni del Long Covid

Sono sempre più numerose le evidenze che Covid-19 può causare problemi di salute cognitiva e mentale duraturi, con pazienti guariti che riferiscono diversi sintomi tra cui affaticamento, «nebbia nel cervello», problemi nel ricordare le parole, disturbi del sonno, ansia, disturbo post-traumatico da stress. Il Long Covid può colpire fino al 10% dei guariti e causare sintomi come depressione e disturbi ansiosi.Fino a un anno dopo l’infezione potrebbero insorgere malattie cardiovascolari ed esiste il sospetto che il Covid possa influire anche sul microbiota intestinale.

Anche i casi lievi possono portare a sintomi cognitivi persistenti: uno studio dell’Università di Oxford e pubblicato su Nature ha concluso che il Covid può ridurre la materia grigia quanto un invecchiamento di 10 anni in persone tra i 51 e gli 81 anni contagiate ma non ricoverate in ospedale.

Test cognitivi

In questo ultimo studio i ricercatori di Cambridge hanno valutato l’esito di diversi test cognitivi eseguiti sei mesi dopo l’infezione su 46 pazienti ricoverati in terapia intensiva per Covid, confrontandoli con l’esito di test cognitivi eseguiti su una popolazione di controllo di 66 mila individui. Sedici di questi pazienti sono stati sottoposti a ventilazione meccanica controllata e tutti erano stati ricoverati tra il marzo e il luglio 2020, all’ospedale di Addenbrooke.

Per effettuare i test è stata utilizzata la piattaforma Cognitron, che misura diversi aspetti delle facoltà mentali come memoria, attenzione e ragionamento. Sono stati valutati anche ansia, depressione e disturbo post-traumatico da stress con specifiche scale. I dati emersi sono stati confrontati con quelli del gruppo di controllo.

I risultati

Nei guariti dal Covid sono emersi diversi deficit cognitivi: dalla riduzione della velocità di elaborazione delle informazioni, alla riduzione delle capacità di comprensione del linguaggio. Gli effetti sono stati più forti per coloro che hanno richiesto la ventilazione meccanica. Confrontando i pazienti con 66.008 individui del gruppo di controllo, i ricercatori stimano che l’entità della perdita cognitiva è in media simile a quella sostenuta nel corso di venti anni, tra i 50 e i 70 anni, e ciò equivale a perdere 10 punti di quoziente intellettivo. Studi precedenti hanno anche dimostrato che il Covid incide sulla capacità di usare lo zucchero come «benzina» da parte di aree neurali nevralgiche per attenzione, memoria di lavoro, risoluzione dei problemi.

L’impronta del Covid

Il professor David Menon della Divisione di Anestesia dell’Università di Cambridge, autore senior dello studio, ha affermato: «Il deterioramento cognitivo è comune a un’ampia gamma di disturbi neurologici, inclusa la demenza, e persino l’invecchiamento di routine, ma nei modelli che abbiamo visto “l’impronta digitale” di Covid-19 era distinta da tutte queste».

Sebbene sia ormai accertato che le persone che si sono riprese da una grave malattia da Covid-19 possono manifestare un ampio spettro di sintomi di cattiva salute mentale – depressione, ansia, stress post-traumatico, scarsa motivazione, affaticamento, umore basso e sonno disturbato – il team ha scoperto che la gravità della malattia acuta è il modo migliore nel predire i deficit cognitivi ed esiste una forte correlazione tra gravità della malattia e declino cognitivo.

Le cause

È probabile che il Covid favorisca il declino cognitivo in vari modi, ad esempio danneggiando il cervello per eccesso di reazione immunitaria o perché l’infezione causa delle micro emorragie o delle micro ischemie in diverse aree neurali. Resta da capire quanto questi danni siano permanenti e quale sia al contrario la capacità di ripresa a lungo termine.

L’impatto sul cervello

L’impatto a lungo termine del Covid sul cervello non è trascurabile:«Solo in Inghilterra 40.000 persone sono state ricoverate in terapia intensiva a causa del Covid, questo significa che i deficit cognitivi post-Covid possono interessare nel mondo un ampio numero di persone», sottolinea Adam Hampshire dell’Imperial College London, primo autore dello studio. La ricerca ha analizzato i casi ospedalizzati ma il team sottolinea come anche chi non era in condizioni così gravi da necessitare un ricovero potrebbe accusare segni lievi di compromissione delle capacità cognitive.

4 maggio 2022 (modifica il 4 maggio 2022 | 21:19)

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, 2022-05-04 18:03:00, A sei mesi dall’infezione il deterioramento cognitivo causato dalla malattia grave è simile a quello subito nel passaggio tra i 50 e i 70 anni, pari alla perdita di dieci punti del quoziente intellettivo , Cristina Marrone

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