Crisi del grano, fallisce la mediazione proposta dalla Turchia

Crisi del grano, fallisce la mediazione proposta dalla Turchia

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di Francesco Battistini, inviato a Kiev

Già partiti diversi treni merci russi con il raccolto conservato nei silos ucraini conquistati. Mosca: «Togliete le sanzioni». L’appello dell’Onu. Il ministro degli esteri, Luigi Di Maio: «Così si affamano milioni»

Medio Oriente Express: il primo treno di grano — grano che fino a poche settimane fa era ucraino e adesso è russo — parte dalla Crimea occupata di buon’ora e se ne va verso Damasco. Poco dopo, semaforo verde per altri dieci vagoni fermi nella stazione invasa di Zaporizhzhia, destinazione Sebastopoli e poi da qualche parte nel Vicino Oriente. Terzo fischio di giornata a Melitopol: ecco i russi che muovono un altro convoglio, stracolmo di raccolto ucraino, per la Crimea e poi chissà. Più o meno alla stessa ora, ad Ankara, un giornalista della tv pubblica di Kiev si alza in conferenza stampa, chiede di fare una domanda al ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e lo guarda fisso negli occhi: «Signor ministro, a parte il grano, che cos’altro sta rubando la Russia all’Ucraina?». La vita, la terra, il futuro. E il grano, of course. Non se ne esce: l’intesa impossibile, che ieri i turchi han cercato di trovare con Lavrov, s’è rivelato impossibilissima. «Nessun accordo concreto», chiariscono gli ucraini: l’incontro organizzato da Mevlut Cavusoglu, ministro di Erdogan, è durato ancora meno di quelli di marzo, quando cercava di negoziare una specie di pace. Sarebbe un obbiettivo «ragionevole e fattibile», diceva l’Onu, la proposta di Ankara d’aprire un corridoio da Odessa in mare neutrale, sminato e garantito dagli stessi turchi, con la promessa russa di non approfittarne per attaccare il porto ucraino. Ragionevole, forse. Assai meno fattibile: Mosca vuole che lo sminamento lo faccia Kiev, propone d’aiutare a scortare i carichi di grano salpati da Odessa e domanda nel frattempo che le vengano tolte le sanzioni sull’export; gli ucraini considerano «vuote» le parole di Lavrov, avvertono che per sminare occorreranno mesi (e intanto il grano marcisce) e comunque non si fidano affatto di sguarnire il Mar Nero, levando le mine, solo perché Putin promette di tener ferme le sue artiglierie.

Il bluff

Sono bastati cinque giorni, per capire che lo Zar bluffava ancora: la Russia utilizza il blocco del grano per chiedere d’allentare le sanzioni e a dirlo è Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, quando esige «una modifica delle sanzioni sull’assicurazione delle nostre navi» e «sull’impossibilità di fare scalo nei porti europei». E che interesse può avere Putin a un accordo, s’interroga Kiev, quando può «bloccare le navi del nostro grano, rubarlo ed esportarlo coi treni, venderlo a prezzo maggiorato sui mercati dell’Africa e dell’Asia»? Questo «genocidio alimentare», come lo chiama il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, preoccupa il mondo: sono 94 i Paesi, per un totale d’un miliardo e 600 milioni di persone, «gravemente esposti» al rischio d’una carestia provocata dal blocco. «Un accordo è essenziale», invoca il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. «Raramente la scarsità di cibo ha avuto un tale impatto — dice il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio — dalla Russia ci aspettiamo segnali chiari e concreti, perché bloccare le esportazioni di grano significa tenere in ostaggio e condannare a morte milioni di bambini, donne e uomini lontani dal fronte del conflitto». Acque morte? I turchi hanno troppi interessi sul Mar Nero e continuano a mediare, non solo per il grano. Ma dice molto la stizza di Lavrov, con cui ieri (non) ha risposto al giornalista ucraino e se n’è andato dalla conferenza stampa: «Non c’è alcun ostacolo causato da noi».

8 giugno 2022 (modifica il 8 giugno 2022 | 22:22)

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, 2022-06-08 21:33:00, Già partiti diversi treni merci russi con il raccolto conservato nei silos ucraini conquistati. Mosca: «Togliete le sanzioni». L’appello dell’Onu. Il ministro degli esteri, Luigi Di Maio: «Così si affamano milioni», Francesco Battistini, inviato a Kiev

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