Locatelli: «Da giovane fui bullizzato nelle cucine del Savoy. Ho conquistato Carlo con un piatto di tortellini»

Locatelli: «Da giovane fui bullizzato nelle cucine del Savoy. Ho conquistato Carlo con un piatto di tortellini»

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di Luigi Ippolito, corrispondente da Londra

Lo chef: «Nel mio locale vengono i reali ma non c’è lo snobismo dei ristoranti stellati. Madonna telefonava per farsi portare a casa l’acqua minerale. Ha sempre due tavoli fissi»

A Napoli dicono «può andare davanti al re», quando un piatto è particolarmente squisito: e davanti al re, Giorgio Locatelli ha messo i suoi tortellini in brodo. Perché ci sono anche Carlo e Camilla, i nuovi sovrani britannici, nel lungo elenco di ospiti eccellenti della Locanda Locatelli, il ristorante londinese dello chef italiano più celebre di Gran Bretagna.

«Dovremmo un giorno fare la lista di tutte le persone importanti che hanno mangiato qui — dice lui, accomodato nella elegante sala del suo locale —. È un listone, ci sono anche i re e le regine. Ma per noi i clienti sono tutti importanti, alla fine pagano tutti lo stesso. Abbiamo sempre cercato di respingere quell’idea di snobismo degli altri ristoranti stellati».

Dunque Carlo, che è venuto una volta quando era ancora principe di Galles, ha mangiato i tortellini: «Era seduto qui dove siamo noi adesso — racconta Locatelli — con lui c’erano Camilla, il figlio di lei, Tom Parker-Bowles, e altri ospiti». Sì, ma chi ha pagato? «Il conto non glielo dai — rivela lo chef — lo mandi direttamente a Clarence House e loro saldano con un assegno, con una bella carta intestata. Mi dicevano di non incassarlo: ma sei pazzo? Ora che è re speriamo di poter fare qualcosa per lui: adesso arrivano i tartufi, magari gli mandiamo un bel tartufo…».

Ma è tutta la famiglia reale che è di casa alla Locanda: il principe Harry ci andava ogni tanto con Chelsea Davy, la sua vecchia fiamma, mentre da quando si è sposato con Meghan non si è fatto più vedere. Anche William è venuto due o tre volte con Kate: la duchessa così sottile alle prese con la cucina italiana non ce la si immagina, ma «lei mangia», assicura Locatelli.

E non si tratta solo di teste coronate. «Abbiamo un bel po’ di vip: vengono qui perché non ne parliamo, non abbiamo mai chiamato un fotografo. L’altra sera c’era qui Madonna con i figli: ha mangiato pasta, ma vegana. Quando abitava a Londra stava qua dietro e ogni tanto telefonava per farsi portare una bottiglia d’acqua minerale: ha usato sempre il ristorante e ha i suoi due tavoli fissi, lei qui si sente a suo agio».

D’altra parte Locatelli è ormai lui stesso una celebrity: scrive libri, fa programmi tv ed è diventato un volto familiare anche in Italia da quando è giudice a MasterChef, il cooking show Sky Original prodotto da Endemol Shine Italy, la cui prossima edizione sarà su Sky e in streaming su NOW da dicembre. Eppure gli inizi a Londra non sono stati facili: lui è arrivato nel 1985 alle cucine del Savoy, il mitico hotel sullo Strand, «e lì mi bullizzavano — racconta — eravamo wop (un insulto razzista riservato agli italiani, un po’ come dire negro), ti dicevano tutti i giorni “fottuto wop”».

In altre situazioni però essere italiano era un vantaggio: «A Soho (il quartiere creativo) mentre giravi e parlavi con la gente, gli italiani erano visti bene. Londra allora era rock-ambolesca: per me che sono cresciuto in un paesino di mille anime, a Londra c’era tutto, sempre». Quando si entusiasma, Locatelli passa dall’italiano all’inglese e viceversa, con un accento anglo-varesotto in cui si mischiano i «wow», «bam bam», «yeah».

Ormai ha preso la cittadinanza britannica, ma «sicuramente sono italiano — dice — quando vedo una cosa italiana mi emoziona. Però è difficile essere italiano tutto il giorno a Londra: devi anche abituarti, devi entrare nel sistema che ti accoglie. Devi avere questa capacità, che gli italiani hanno, di modellarsi sul posto in cui vai, di accettare le altre persone, il loro modo di essere. Perché magari gli italiani in quel tipo di società trovano dei canoni ai quali hanno aspirato prima di partire: abbiamo qui della gente incredibile che si lamenta dicendo che non avrebbe potuto fare quello che ha fatto se fosse rimasta in Italia».

E fra questi c’è lo stesso Locatelli: «Mia moglie (l’inglese Plaxy) dice sempre: non avremmo mai potuto realizzare in Italia quello che abbiamo fatto qui, non ci avrebbero mai prestato i soldi. Il sistema britannico dà più importanza all’imprenditorialità: qui c’è meritocrazia, mentre dell’Italia mi dà fastidio il nepotismo».

Eppure Londra negli ultimi anni si è molto italianizzata nello stile di vita, grazie anche a una nuova cultura del cibo introdotta anche da personaggi come Locatelli: «Sì, e c’è anche il sedersi fuori. La madre di mia moglie dice: grazie a Dio per gli italiani, che hanno deciso di mettere i tavoli fuori. Figurati se gli inglesi si siedono all’aperto, non è nella loro cultura: ma adesso lo hanno imparato da noi. E oggi entri in un supermercato e ci sono sei tipi di mozzarella, c’è il 50 per cento di prodotti italiani. Li abbiamo conquistati: siamo riusciti a entrare e influenzare il livello della qualità. La percezione di tutto quello che è italiano è migliorata, specialmente per quello che è di qualità, dalla moda al design alla cucina: un apprezzamento totale di quello che è italiano».

Un meccanismo virtuoso che negli ultimi tempi si è però inceppato a causa della Brexit: «Nell’ultimo anno c’è stata una ritirata — lamenta Locatelli — tante aziende si rifiutano di mandare le cose, è diventato difficile». Cui si aggiunge la questione del personale, del talento dei giovani: «Il sistema dell’Erasmus funzionava benissimo, avevamo qui i ragazzi delle scuole alberghiere. Ora Londra è meno aperta per i giovani, a Copenaghen, Berlino, Barcellona il fervore è molto più alto. C’è stata una chiusura, per i ragazzi italiani è complicatissimo, devi fare il visto. Io da giovane sono andato a lavorare in Francia, poi in Spagna: questa è una cosa che ci faceva diventare veramente cittadini europei. Questa Brexit è un disastro».

E tuttavia la Gran Bretagna resta attraversata dalla capacità di accogliere e farsi contaminare: «Sicuramente — conferma Locatelli — questo è un tratto anglosassone, corrispondente al fatto che hanno dominato il mondo. Londra resta una città molto eccitante, che si trasforma. Se in Italia avessimo un bar dove hanno inventato il caffè, non lo avrebbero toccato: qui ci sarebbe solo una targa. Hanno la capacità di dire “forget it”, lasciamocelo alle spalle».

10 ottobre 2022 (modifica il 10 ottobre 2022 | 22:30)

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, 2022-10-10 20:36:00, Lo chef: «Nel mio locale vengono i reali ma non c’è lo snobismo dei ristoranti stellati. Madonna telefonava per farsi portare a casa l’acqua minerale. Ha sempre due tavoli fissi», Luigi Ippolito, corrispondente da Londra

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