Da Grillo a Berlusconi, la tentazione di giustificare Putin

Da Grillo a Berlusconi, la tentazione di giustificare Putin

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di Roberto GressiTra i leader torna l’empatia verso il dittatore: si parla dell’accerchiamento della Nato, dei toni di Biden, della mancanza di leader europei. I dubbi su sanzioni e aiuti militari a Kiev Giustificare il dittatore. Capirne l’animo, l’ingiuria dell’orgoglio ferito, la resistenza all’accerchiamento, il suo diritto alla differenza, perché la democrazia non si esporta e ci vuole rispetto anche per altre forme di governo, anche quando si muovono sui cingoli dei carri armati. Perché andrà anche bene condannare l’invasione dell’Ucraina, ma come non vedere che qui si vuole soffocare il Paese più grande del modo per estensione, la Russia, e umiliare l’uomo che vuole restituirle il suo ruolo di potenza mondiale, Vladimir Putin? Senza contare che le sanzioni fanno più male a noi che a loro, che possono vendere il gas alla Cina e a tutta l’Asia, condannandoci al freddo e al caldo e mettendo in difficoltà le mostre imprese. Giustificare quindi Putin, buon ultimo, perché non manchiamo di sensibilità verso la Cina, anche quando schiaccia sotto il tallone la voglia di libertà di Hong Kong, o verso l’Arabia Saudita, che taglia a pezzi con una sega Jamal Khashoggi. L’empatia verso il dittatore, per breve tempo sopita, rispunta prepotente e sorprendentemente, in Italia, vede sulla stessa barricata leader che d’abitudine agiscono gli uni contro gli altri con feroce determinazione e perfino con disprezzo. Per Silvio Berlusconi siamo in guerra, mandando armi, «ora anche cannoni, lasciamo perdere…». Condanna senza appello mondo ed Europa senza leader, con Biden che dà del criminale di guerra a Putin. E con il segretario della Nato Stoltenberg che addirittura dice: mai più l’Ucraina sotto la Russia. Beppe Grillo ospita sul suo Blog l’ex ambasciatore Torquato Cardilli, che scomoda la Bibbia (Deuteronomio, uno dei libri del Pentateuco) per dire che contro Putin e solo contro di lui, si usano due pesi e due misure, a fronte della cattiveria che è pari in tutto il mondo. Parole subito condivise da Vito Petrocelli, l’ex presidente della commissione Esteri del Senato, quello che il 25 aprile scriveva «buona LiberaZione», con la Zeta dell’aggressore. E mentre Giuseppe Conte riunisce il Consiglio nazionale dei Cinque stelle in seduta quasi permanente per dire no all’invio di armi e contesta a Mario Draghi di non avere un mandato politico per continuare a sostenere la resistenza ucraina, Matteo Salvini incontra il premier con toni più concilianti, salvo poi, in piazza, tornare a spingere per il no agli aiuti e alle sanzioni. E non manca, da più parti, un’inedita attenzione verso i destini dell’Africa, destinata a pagare un prezzo alto per la mancanza del grano ucraino, che sarà difficile seminare e quindi impossibile raccogliere. Ma lì il timore vero, probabilmente, è quello che, spinte dalla fame e dalla sete, grandi masse premeranno con più forza contro le porte dell’Europa. E infine, autori vari, l’ultimo sostegno all’invasore, storpiando la Costituzione. Rileggiamolo, l’articolo 11: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Sembra scritto oggi per condannare la guerra di Putin. 17 maggio 2022 (modifica il 17 maggio 2022 | 13:49) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-17 11:50:00, Tra i leader torna l’empatia verso il dittatore: si parla dell’accerchiamento della Nato, dei toni di Biden, della mancanza di leader europei. I dubbi su sanzioni e aiuti militari a Kiev, Roberto Gressi

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