Da Ravello al Mav, radiografia delle Fondazioni regionali

Da Ravello al Mav, radiografia delle Fondazioni regionali

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politica e cultura
Mezzogiorno, 18 marzo 2022 – 08:12

Il governatore e il modello di un «superhub» che metta tutto insieme. Ma diversi fedelissimi non vogliono per non perdere l’autonomia

di Claudio Mazzone

Il progetto è ambizioso e a Palazzo Santa Lucia lo coltivano già da alcuni anni: creare un unico grande soggetto, una fondazione o una società multidisciplinare in cui far confluire tutte le istituzioni e diramazioni della cultura in Campania, in modo da posseder un controllo diretto dei contenuti e della programmazione ma, soprattutto, di avere la gestione diretta di tutte le risorse. In questo modo il filo diretto che, secondo il «cerchio magico» di Vincenzo De Luca, dovrebbe collegare cultura e politica, distribuzione dei fondi e consenso elettorale, verrebbe annodato una volta per tutte. Era stato proprio Antonio Bottiglieri, ex amministratore unico di Scabec, a parlarne al momento delle sue dimissioni: c’è la volontà politica di mettere la cultura targata Regione Campania a sistema. Come? Creando, appunto, un hub della Cultura che comprenda Museo Madre, Campania Teatro Festival, Film Commission, Trianon, Fondazione Mondragone, Festival di Ravello e Giffoni, oltre che naturalmente Scabec. Un vero e proprio ministero – anzi, quasi un Minculpop – la cui costruzione è tutta nelle mani della Direzione Generale di settore, da sette anni guidata da Rosanna Romano, e del Gabinetto di De Luca.

L’ecosistema digitale della culturaAd ispirare l’iniziativa è stata la creazione dell’Ecosistema Digitale della Cultura in Campania, che è la sintesi di tre importanti progetti di digitalizzazione del patrimonio culturale campano: il sistema informativo culturale Move to Cloud, il progetto Arcca architettura della conoscenza campana e il progetto BiblioArcca che si allarga alle biblioteche e agli archivi, per un investimento complessivo di oltre 12 milioni di euro. Dai beni culturali ai film e documentari, dalla catalogazione delle biblioteche alla musica napoletana: un mondo di informazioni e contenuti culturali da condividere e consultare e che raggruppano eventi, festival, teatri, musei. Ma non solo. Un «superhub», ossia una «centralina» comune, che attraverso una direzione unica di tutte le attività culturali finirà fatalmente per ingabbiare la libertà creativa e gestionale, oltre che modellare l’erogazione dei fondi pubblici su criteri ancora sconosciuti (la fedeltà alla linea, forse?). In poche parole: chi si mostrerà funzionale al disegno deluchiano, riceverà incarichi e finanziamenti, altrimenti verrà messo da parte. Un po’ quel che accade già oggi ma con un controllo «politico» molto più stringente. Sarebbe al centro di questo nuovo organismo il Museo Madre, che con la Fondazione Donnaregina oggi presieduta da Angela Tecce, è il riferimento dell’arte contemporanea regionale. Due milioni e mezzo il budget messo a disposizione dal POC 2022, a cui si aggiungono altre risorse per eventi speciali, come quelli gestiti dalla Fondazione Morra Greco a cui vanno 300mila euro. Ma è sui servizi museali, un tempo curati dalla Scabec e oggi invece interni al Museo, che la Fondazione vorrebbe un incremento di risorse e personale.

Gli ostacoliA rallentare la creazione del «superhub», tuttavia, sono proprio coloro che dovrebbero farne parte, i quali giustamente non vogliono rinunciare alla propria autonomia. A cominciare da Ruggero Cappuccio, nominato dalla Regione nel 2017, il più longevo dei direttori artistici del Teatro Festival, che con lui ha abbandonato la parola Napoli per accontentare i desideri del Governatore e adeguarsi al brand meno attrattivo di Campania Teatro Festival. Alla vicedirezione del Festival c’è la salernitana Nadia Baldi, socia e fondatrice con Cappuccio dal 1996 della compagnia «Teatro Segreto» e della casa di produzione e casa editrice «Visioni segrete e Scritture Segrete». Entrambi sembrano molto disponibili ad accogliere altre attività, oggi realizzate da differenti istituzioni e teatri, inglobandole però nella loro programmazione e sotto il marchio della fondazione che, come si legge dal si to, si presenta sempre più come «un’istituzione di ampio respiro che produce, promuove e amministra un articolato sistema di progetti». Questo significherebbe ampliare anche il proprio budget, che oggi è di circa cinque milioni l’anno, per coprire i costi della struttura amministrativa e del festival.

I flussiA dirottare da Scabec alla Fondazione Campania dei Festival alcuni progetti come la rassegna «Un’estate da Re» di Caserta (circa un milione di euro) o la fiera del libro di Napoli (300mila) sarebbe proprio il segretario generale Alessandro Russo, che (guarda caso) è anche consulente per la parte amministrativa della società partecipata presieduta da Assunta Tartaglione. Il «contabile dai tanti incarichi» – ritenuto uno degli uomini di fiducia del Direttore generale Cultura della Regione, Rosanna Romano – non solo è in prima fila tra i sostenitori del «superhub» ma è anche uno dei tanti crocevia di un sistema nel quale rimbalzano sempre gli stessi nomi che moltiplicano le loro funzioni (e i relativi compensi) nelle varie fondazioni e società partecipate, come se il progetto in cantiere fosse già in via di sperimentazione. Basta guardare ai consulenti che compaiono nelle pagine dell’amministrazione trasparente di Scabec e Campania dei Festival, come l’avvocato Gianfranco Imer, la cui proroga del contratto in Scabec doveva essere discussa proprio nel cda di ieri, annullato all’ultimo momento.

Autonomi e integratiDifende la propria autonomia la Film Commission Regione Campania, presieduta da Titta Fiore e con la direzione storica di Maurizio Gemma. A loro, che sono una piccola struttura con professionalità specifiche, sentirsi inglobati in una struttura più grande e burocratica non sembrerebbe una buona idea. Soprattutto per essere in grado di offrire un servizio dinamico (che riceve un finanziamento annuo di due milioni con fondi Poc) destinato alle produzioni cinematografiche e televisive di tutto il mondo, capace di costruirsi nel corso degli anni una propria identità che intende conservare gelosamente. L’unica concessione fatta alla politica del nascente «superhub» è stata il trasferimento nella sede del Museo Aldobrandini della Moda a piazzetta Mondragone, dove la Film Commission è stata sistemata in due stanze. E proprio al vertice del Museo della Moda siede una fedelissima di De Luca, Maria D’Elia, napoletana, avvocato, dal 2014 responsabile dell’Avvocatura della Regione Campania e oggi in pensione. Nominata da De Luca commissario della Fondazione Mondragone Museo della Moda nel 2015 con l’obiettivo di rivedere lo statuto della fondazione (ancora in fase di elaborazione, come si evince dal sito ufficiale), siede al comando del museo da sette anni. Per ora è ancora lei a svolgere le funzioni apicali, da presidente e direttore, con un budget di 200mila euro l’anno.

Pronti alla fusioneDisponibile alla fusione, soprattutto per un alleggerimento delle spese correnti di gestione, è la Fondazione Cives Museo Mav di Ercolano, presieduta da Luigi Vicinanza e con la direzione ormai decennale di Ciro Cacciola. A loro è destinato uno stanziamento annuo di 200mila euro che non consente di spaziare molto nella creazione di eventi. In questi anni, il Mav ha avuto da Scabec una serie di servizi museali, forniti a costo zero, tutti legati alla comunicazione, ovvero l’ufficio stampa (curato da Enrico Deuringer, giornalista Rai in pensione, per quattro anni dipendente di Scabec, prima al Madre e poi al Mav) e la promozione social attraverso la piattaforma di Campania Artecard, oltre che la copertura economica di eventi del Museo inseriti nella programmazione estiva di Campania by night.

A RavelloPer Ravello festival, forte di una dote annuale di un milione e mezzo, si riparte invece, dal lavoro svolto da Almerina Bove, la vice capo Gabinetto del Presidente. Commissario straordinario della Fondazione fino al 2021, Bove porta a casa in breve tempo il nuovo statuto. Oggi siede nel Consiglio di indirizzo, dopo aver stritolato due presidenti in poche settimane. Uno con una nota da Palazzo Santa Lucia emanata poche ore dopo l’annuncio dell’avvenuta nomina: «Non si è dato seguito all’indicazione del nominativo del dott. Francesco Maria Perrotta non per motivi inerenti al suo profilo personale, di grande spessore professionale» (il motivo dell’immediata defenestrazione è tuttora sconosciuto, almeno ufficialmente). L’altro, Antonio Scurati, reo di aver invitato Saviano ad un talk senza approvazione del cdi. Il presidente del festival è oggi Dino Falconio, napoletano, notaio amante della mondanità (famoso il suo sgargiante ed eccentrico guardaroba), oltre che della musica e della poesia, capolista (non eletto) della lista «Gaetano Manfredi Sindaco» alle passate amministrative ma rientrato dalla finestra collezionando pure la nomina a sub commissario di Bagnoli, testimonianza dell’abilità a destreggiarsi tra Manfredi e De Luca. Fa parte anche degli Amici del San Carlo. Ha confermato Alessio Vlad, figlio di Roman, romano, 67 anni, ormai alla direzione artistica della kermesse della costiera dal 2016 con rinnovi e manifestazioni di interesse di vario tipo.

18 marzo 2022 | 08:12
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