Dai preti al Fuori  e a Mirafiori: ritratto di Gianni Vattimo

Dai preti al Fuori  e a Mirafiori: ritratto di Gianni Vattimo

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GIOVEDÌ 9 GIUGNO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

Vattimo vuole tenersi il suo assistente, è lucido. Se a lui va bene così, non vedo perché intromettersi…

Armando Franzosi

Caro Armando,

«Di lui mi fido, abbastanza» potrebbe essere il motto di Gianni Vattimo, maestro del pensiero debole, reso noto da Roberto D’Agostino nell’estate di «Quelli della notte». Era il 1985. Quell’autunno mi iscrissi all’Università di Torino e andai a conoscerlo. Resta uno degli uomini più intelligenti che abbia mai incontrato: a livello di uno Steven Spielberg, un Renzo Piano, un Riccardo Muti. Stavo per aggiungere Umberto Eco, ma gli darei un dispiacere: con Eco erano amici ma anche un po’ rivali, e Vattimo ha sempre ricordato con orgoglio che Luigi Pareyson scelse lui e non Umberto come successore (la scuola filosofica di Torino era impressionante: con Pareyson, Abbagnano, Del Noce, Guzzo, Chiodi, Geymonat, Bobbio che insegnava filosofia del diritto…). Fatto sta che, quando gli chiesi di accompagnarmi nella ribelle Val Susa durante le Olimpiadi invernali di Torino, Vattimo accettò a una condizione: «Scrivilo, che sono più intelligente di Eco». Poi proseguì: «Io questa storia dei preti pedofili non la capisco. Sono cresciuto nell’Azione Cattolica. Ho fatto la campagna elettorale del ’53 per la Dc, accompagnavo le vecchiette ai seggi. Ho sempre avuto a che fare con i preti. Ebbene: non uno, dico uno, che abbia allungato le mani. Un’indecenza». Ovviamente stava scherzando; oggi forse non potrebbe più dirlo. Così come lo lapiderebbero se ripetesse la sua valutazione di Mercedes Bresso, cui aveva dovuto cedere il posto a Strasburgo: «Il suo profilo intellettuale è quello di una buona casalinga e di una discreta insegnante delle medie inferiori». E ancora: «Sto pensando di fingermi etero e circondarmi di donne. Mi rifiuto di essere omosessuale come Cecchi Paone. L’ho visto a un dibattito, è stato intellettualmente dominato da Borghezio…». Lui aveva studiato in Germania con Gadamer e scritto un libro con Derrida. Mi mostrò un dizionario francese di filosofia dove alla lettera V c’era il suo nome; quello dopo era Voltaire. Cercarono di cambiarlo in tutti i modi: «Mi mandarono dallo psichiatra, poi dalla psicanalista, che venne ad aprirmi la porta con un dobermann al guinzaglio». L’outing glielo fece nel ’76 il padre del movimento gay italiano, Angelo Pezzana: «Scoprii dalla Stampa di essere candidato radicale in quota Fuori, Fronte unitario omosessuali rivoluzionari. Mia sorella nascose il giornale alla mamma» (Pezzana ha poi criticato l’ex amico per le sue posizioni su Israele; e sia chiaro che ha ragione Pezzana). Nel Sessantotto Gianni fu arrestato ai cancelli di Mirafiori mentre al megafono leggeva il Vangelo. È sopravvissuto a due giovani compagni, Giampiero, morto di Aids, e Sergio, che gli spirò tra le braccia in aereo. Poi si fidanzò con un cubista. Lunga vita a Gianni Vattimo.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

L’ingiustizia

«La villa di Giuseppe Verdi all’asta? La rilevi lo Stato»

L’annuncio della messa all’asta della villa di Giuseppe Verdi a Sant’Agata (Piacenza) — un luogo che il Maestro amava molto e dove ha composto molti dei suoi capolavori— è, per ora, solo l’ultimo atto di una vicenda travagliata che dura ormai da anni, fra questioni ereditarie e interventi istituzionali. Chiediamo che lo Stato intervenga e acquisisca dagli eredi la proprietà stessa, che ingloba non solo scritti e documenti, ma anche oggetti appartenuti a colui che è non solo uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, gloria della nostra storia nazionale, ma che è e deve essere bene comune dal punto di vista giuridico oltre che morale. Le massicce adesioni alla petizione, lanciata sui canali social, ha avuto più di diecimila adesioni e si sta espandendo in tutto il mondo dal Vecchio Continente al Sud America, al Giappone, al Sud Africa, e sta creando un’ondata di indignazione e preoccupazione per la tutela di un patrimonio importante. La petizione è stata accolta da nomi prestigiosi del mondo musicale come il maestro Fabio Luisi, dai registi Davide Livermore e Pierluigi Pizzi, il sovrintendente della Toscanini Alberto Triola e tanti altri. Siamo convinti che il nostro patrimonio culturale non possa e non debba essere privato, pur apprezzando le iniziative di tanti encomiabili mecenati, siamo convinti che l’eredità del Maestro Giuseppe Verdi, non solo quella artistica, ma anche la memoria materiale, appartenga all’umanità e sia nostro dovere prendercene cura e difenderla.

Alessandro Bonato direttore d’orchestra

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-06-08 22:27:00,

GIOVEDÌ 9 GIUGNO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

Vattimo vuole tenersi il suo assistente, è lucido. Se a lui va bene così, non vedo perché intromettersi…

Armando Franzosi

Caro Armando,

«Di lui mi fido, abbastanza» potrebbe essere il motto di Gianni Vattimo, maestro del pensiero debole, reso noto da Roberto D’Agostino nell’estate di «Quelli della notte». Era il 1985. Quell’autunno mi iscrissi all’Università di Torino e andai a conoscerlo. Resta uno degli uomini più intelligenti che abbia mai incontrato: a livello di uno Steven Spielberg, un Renzo Piano, un Riccardo Muti. Stavo per aggiungere Umberto Eco, ma gli darei un dispiacere: con Eco erano amici ma anche un po’ rivali, e Vattimo ha sempre ricordato con orgoglio che Luigi Pareyson scelse lui e non Umberto come successore (la scuola filosofica di Torino era impressionante: con Pareyson, Abbagnano, Del Noce, Guzzo, Chiodi, Geymonat, Bobbio che insegnava filosofia del diritto…). Fatto sta che, quando gli chiesi di accompagnarmi nella ribelle Val Susa durante le Olimpiadi invernali di Torino, Vattimo accettò a una condizione: «Scrivilo, che sono più intelligente di Eco». Poi proseguì: «Io questa storia dei preti pedofili non la capisco. Sono cresciuto nell’Azione Cattolica. Ho fatto la campagna elettorale del ’53 per la Dc, accompagnavo le vecchiette ai seggi. Ho sempre avuto a che fare con i preti. Ebbene: non uno, dico uno, che abbia allungato le mani. Un’indecenza». Ovviamente stava scherzando; oggi forse non potrebbe più dirlo. Così come lo lapiderebbero se ripetesse la sua valutazione di Mercedes Bresso, cui aveva dovuto cedere il posto a Strasburgo: «Il suo profilo intellettuale è quello di una buona casalinga e di una discreta insegnante delle medie inferiori». E ancora: «Sto pensando di fingermi etero e circondarmi di donne. Mi rifiuto di essere omosessuale come Cecchi Paone. L’ho visto a un dibattito, è stato intellettualmente dominato da Borghezio…». Lui aveva studiato in Germania con Gadamer e scritto un libro con Derrida. Mi mostrò un dizionario francese di filosofia dove alla lettera V c’era il suo nome; quello dopo era Voltaire. Cercarono di cambiarlo in tutti i modi: «Mi mandarono dallo psichiatra, poi dalla psicanalista, che venne ad aprirmi la porta con un dobermann al guinzaglio». L’outing glielo fece nel ’76 il padre del movimento gay italiano, Angelo Pezzana: «Scoprii dalla Stampa di essere candidato radicale in quota Fuori, Fronte unitario omosessuali rivoluzionari. Mia sorella nascose il giornale alla mamma» (Pezzana ha poi criticato l’ex amico per le sue posizioni su Israele; e sia chiaro che ha ragione Pezzana). Nel Sessantotto Gianni fu arrestato ai cancelli di Mirafiori mentre al megafono leggeva il Vangelo. È sopravvissuto a due giovani compagni, Giampiero, morto di Aids, e Sergio, che gli spirò tra le braccia in aereo. Poi si fidanzò con un cubista. Lunga vita a Gianni Vattimo.

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L’annuncio della messa all’asta della villa di Giuseppe Verdi a Sant’Agata (Piacenza) — un luogo che il Maestro amava molto e dove ha composto molti dei suoi capolavori— è, per ora, solo l’ultimo atto di una vicenda travagliata che dura ormai da anni, fra questioni ereditarie e interventi istituzionali. Chiediamo che lo Stato intervenga e acquisisca dagli eredi la proprietà stessa, che ingloba non solo scritti e documenti, ma anche oggetti appartenuti a colui che è non solo uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, gloria della nostra storia nazionale, ma che è e deve essere bene comune dal punto di vista giuridico oltre che morale. Le massicce adesioni alla petizione, lanciata sui canali social, ha avuto più di diecimila adesioni e si sta espandendo in tutto il mondo dal Vecchio Continente al Sud America, al Giappone, al Sud Africa, e sta creando un’ondata di indignazione e preoccupazione per la tutela di un patrimonio importante. La petizione è stata accolta da nomi prestigiosi del mondo musicale come il maestro Fabio Luisi, dai registi Davide Livermore e Pierluigi Pizzi, il sovrintendente della Toscanini Alberto Triola e tanti altri. Siamo convinti che il nostro patrimonio culturale non possa e non debba essere privato, pur apprezzando le iniziative di tanti encomiabili mecenati, siamo convinti che l’eredità del Maestro Giuseppe Verdi, non solo quella artistica, ma anche la memoria materiale, appartenga all’umanità e sia nostro dovere prendercene cura e difenderla.

Alessandro Bonato direttore d’orchestra

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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, Aldo Cazzullo

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