“L’Italia (4.2) spende quasi un punto in meno del PIL in istruzione rispetto alla media OCSE (5.1) e il paragone con la Francia (5.5) è ancor più improbo. Ancora una volta ci confermiamo come fanalino di coda per quanto riguarda retribuzioni e investimenti”.
Queste le parole del Segretario generale Uil Scuola Rua Giuseppe D’Aprile nel corso della sua visita alla Scuola Statale Italiana Leonardo Da Vinci di Parigi.
Presenti all’incontro, anche la Console italiana in Francia Irene Castagnoli, il dirigente scolastico del Liceo Da Vinci Jean Pierre Arnold e la Rsu Uil Paola Perego.
“Questa settimana è iniziato l’anno scolastico non solo in Italia – ricorda – ma anche in 37 scuole italiane nel mondo, un patrimonio da custodire con cura e applicazione. Le esperienze maturate da chi ci lavora ogni giorno, vanno conosciute, riconosciute – anche attraverso lo strumento del contratto – e messe a patrimonio del nostro sistema nazionale”.
“Da anni – precisa – sosteniamo l’esigenza di creare una cabina di regia tra i diversi ministeri (MIM, MAECI e MIC) che possa coordinare in modo efficace e sinergico tutti gli strumenti della promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo anche al fine di rafforzare il settore delle scuole italiane all’estero con risorse adeguate”.
“Il fatto che migliaia di alunne e alunni in tutto il mondo scelgano ogni anno il sistema di formazione italiano per plasmare il proprio futuro ci fa capire che il nostro modello educativo non è secondo a nessuno in termini di didattica – sottolinea – Di contro però non può non allarmare il confronto economico con il resto del mondo. L’Italia spende solo il 6.5% della spesa pubblica in istruzione, un punto percentuale in meno della Francia e quasi 4 punti in meno della media OCSE, un’enormità”.
“Altra questione su cui non possiamo tacere riguarda le retribuzioni – afferma – In Italia il potere d’acquisto dei docenti della scuola secondaria è diminuito di 10 punti percentuali negli ultimi 12 anni, mentre la media dei Paesi OCSE è cresciuta di 5 punti. Una valorizzazione economica non adeguata non può che incidere sull’attrattività della professione stessa.”
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