Davide e Manuel, padre e figlio alle Olimpiadi dei sordi. La forza del silenzio

Davide e Manuel, padre e figlio alle Olimpiadi dei sordi. La forza del silenzio

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di Claudio Arrigoni

Hanno giocato insieme in Brasile nella Nazionale dei sordi. L’emozione dei Giochi, i modelli positivi del calcio, l’integrazione e la volontà di superare le difficoltà. Ma c’è ancora tanta strada da fare

Insieme. Quante volte quella parola è stata nella loro testa e nel loro cuore. Perché Manuel e Davide hanno una storia unica nello sport mondiale ai massimi livelli. Il luogo è la patria del calcio, quello dove viene sublimato e diventa poesia e fede, musica e danza, festa e sorrisi. L’evento è il più bello che un atleta possa sognare, i Giochi. Questa volta sono quelli dedicati ad atlete e atleti sordi, i Deaflympics. Poter vestire la maglia azzurra della Nazionale di calcio in quegli stadi pieni di passione nella manifestazione più importante è già qualcosa di magico.

Doppio valore

Per loro però ha significato di più: Davide Grippo, 38 anni, è il capitano della Nazionale e Manuel Rau, 17 anni, è suo figlio. Racconta Davide: «Il giorno della partita con l’Iran, la prima di queste Deaflympics, quando sono entrato nello stadio di Caxia do Sul con la squadra e con me c’era Manuel è stata una emozione incredibile». La stessa che sentiva Manuel: «In Brasile abbiamo giocato per la prima volta insieme in una partita ufficiale. Per me è già un sogno vestire la maglia azzurra, rappresentare i sordi d’Italia nello sport più popolare e seguito, una emozione indescrivibile, ma è ancora più bello indossarla con mio padre che da sempre mi appoggia e mi aiuta a tirare fuori il meglio di me. Non trovo nemmeno le parole per poterlo raccontare».

Proprio in Brasile, hanno fatto meglio di Rivaldo e Rivaldinho, i due fuoriclasse brasiliani padre e figlio, che riuscirono a far parte della stessa squadra, ma in serie B, senza raggiungere la Nazionale verdeoro. Davide è uno dei veterani del calcio per atleti sordi, con oltre trenta presenze fra gli Azzurri, e ha già partecipato alla precedente edizione dei Giochi, in Turchia nel 2017: «Lo sport è stato fondamentale, l’ingrediente speciale nella mia vita. I miei modelli calcistici, a livello umano e sportivo, sono stati Daniele De Rossi, per l’attaccamento e per l’anima che dava quando era in campo, e Francesco Totti per l’eleganza e la sicurezza. Lo sport dei sordi non è conosciuto e considerato come dovrebbe, forse per poca informazione. Faccio un esempio: per partecipare ai Giochi ho dovuto prendere le ferie, non mi hanno riconosciuto dei permessi speciali».

Originario di Roma, lavora alle Poste e si è trasferito a Siena, dove è nato Manuel: «Vengo da una famiglia di udenti, mia mamma è logopedista e mio padre impiegato all’università. Ho anche due fratelli, ma sono l’unico persona sorda della famiglia. Non ho mai sentito il peso della mia condizione, l’ho trasformata in un punto di forza. Sono sempre stato un ragazzo positivo e cerco di portare felicità». Per Manuel Rau era l’esordio in Nazionale, davanti un bel futuro con la maglia azzurra nella squadra allenata da Igor Trocchia, bravissimo allenatore noto anche per la sua guerra al razzismo, nominato Cavaliere dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Le fatiche

Ecco Manuel: «Diversamente da mio papà, sono nato e cresciuto in una famiglia di persone sorde. Fin da piccolo lo vedevo in campo con un pallone. Il mio esempio: ho iniziato a giocare quando avevo quattro anni e mezzo e non ho più smesso». Hanno due ruoli diversi: Davide centrocampista, Manuel attaccante. Studia Economia sportiva all’Istituto Bandini di Siena: «La sordità pone delle difficoltà nella vita, soprattutto in questo periodo, per il Covid. Con l’uso della mascherina non riesco a capire la gente se non la abbassano o non utilizzano quelle trasparenti, che però sono poco diffuse. Ma le difficoltà esistono per essere superate. Lo sport è stato molto importante per la mia vita. Non ci sono le diversità e, nel mio caso, il calcio è stato importante anche perché è uno sport di squadra.

Siamo un gruppo unito, non importa da dove proveniamo o se abbiamo delle difficoltà, conta solo giocare e divertirsi. Il calcio per me ha significato integrazione e mi ha insegnato anche il valore dell’onore e del rispetto verso il proprio compagno e l’avversario. Sono delle cose che ritengo fondamentali nella vita». Anche per lui il riferimento va a un giocatore della Roma, passione trasmessagli dal papà: «Il mio modello sportivo è Zaniolo, mi piace tanto come giocatore, mi ispira sacrificio, impegno e dedizione, è sempre l’ultimo a mollare. Purtroppo in Italia lo sport dei sordi è troppo poco diffuso, non è conosciuto come meriterebbe, penso che il problema principale sia la mancanza di conoscenza».

Dal 1924

Le Deaflympics sono una degli eventi non solo più importanti, ma anche più antichi dello sport mondiale, essendo nate nel 1924 a Parigi. A Caxia do Sul, città del Rio Grande do Sul fondata da immigrati italiani, sono arrivate alla edizione numero 24. La delegazione italiana era composta da 85 fra atlete e atleti. «Mi ricorderò per sempre di questa esperienza fantastica. Non solo l’esordio a fianco di mio padre, ma anche il bellissimo gruppo della Nazionale, unito e educato. Fra i sordi mi sento veramente a mio agio sia sul campo che fuori. Spero di indossare il più a lungo possibile la maglia azzurra, ho sognato questo momento da tanto. Quasi non ci credevo quando è accaduto».

Per Davide potrebbe essere l’ultima edizione dei Giochi: «L’esperienza in Brasile è stata bellissima, nonostante le difficoltà, ma la passione aiuta a superarle sempre. Per ora non guardo al futuro, mi godo le emozioni fortissime vissute in questi momenti ai Giochi. Comunque, grazie a Manuel è come se fossi anche io in campo». Pensando a quanto è stato bello, quel giorno contro l’Iran, voltarsi e vedere dietro di lui entrare Manuel, passarsi il pallone, avere la stessa maglia azzurra per rincorrere il sogno. Ancora una volta, insieme.

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17 maggio 2022 (modifica il 17 maggio 2022 | 00:08)

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, 2022-05-16 22:12:00, Hanno giocato insieme in Brasile nella Nazionale dei sordi. L’emozione dei Giochi, i modelli positivi del calcio, l’integrazione e la volontà di superare le difficoltà. Ma c’è ancora tanta strada da fare, Claudio Arrigoni

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