De Rita: LItalia? Uneterna bambina. Che però possiede le virtù per crescere ancora

di Massimo Franco

Il fondatore del Censis: Viviamo da anni in una fase di latenza. Dobbiamo fare in modo che dalla nostra mediocrit si generi qualcosa di positivo: gi accaduto nel recente passato. Uno scossone vero quello che ci mancato finora

Che succeder all’Italia nel 2023? Secondo me quasi niente. Siamo un Paese mediocre con un governo mediocre, anche se mi pare che Giorgia Meloni stia studiando per imparare i meccanismi del sistema. Sa, la mediocrit non soltanto un male…. Giuseppe De Rita rimane un entomologo sociale spiazzante. Dalla sua scrivania nella villetta del Censis circondata da un giardino arrampicato sopra piazza di Novella, accanto al parco romano di Villa Ada, viviseziona il Paese. E anche dopo mezzo secolo continua a darne una lettura originale.

Se non succede niente significa per paradosso che la situazione si in qualche modo stabilizzata.
Possiamo anche dirla cos. Sa, l’assestamento nasce anche per l’assenza di grandi guastatori. In giro non ne vedo. Al massimo c’ Giuseppe Conte, che cerca di contrastare l’assestamento del sistema. Ma la sua mira sembra mediocre: superare un Pd in declino. Meloni pu stare tranquilla.

Beh, forse perch il Pd d l’idea di essere al capolinea e tutti pensano di poterselo spartire.
Temo che sia una storia finita, purtroppo. Penso a Enrico Letta, un politico che stimo. Porca miseria, sembra che stia facendo una corsa verso il patibolo, con una sorta di masochismo per eccesso di coerenza. Ma questa la parte di analisi della politica che magari mi fa eccedere in pessimismo, lo ammetto.

Il versante ottimistico qual ?
Tutti noi che parliamo di societ italiana, dimentichiamo che l’Italia come un bambino tra gli otto e gli undici anni. Vive nella fase che Sigmund Freud chiamava stato di latenza. Ha ossa, carne, cervello, ma non ancora formato dall’adolescenza, n sfidato dal futuro. E dunque come sospeso.

Ha l’aria di un eufemismo per non dire che galleggiamo e basta.
In effetti, il galleggiamento dura da un po’ troppo tempo. Non andiamo n avanti n indietro, spieghiamo nel Rapporto del Censis di quest’anno. Non usciamo dallo stato di latenza per due motivi: non abbiamo un obiettivo preciso per il futuro, perch il Piano di ripresa non coinvolge. stato vissuto solo come: arrivano tanti soldi. E poi perch non sono arrivate le grandi crisi che nel passato ci hanno fatto avanzare: il dopoguerra, il terrorismo e la crisi petrolifera negli Anni Settanta, il made in Italy e il craxismo degli Anni Ottanta del secolo scorso.

Non trascura la pandemia del Covid e la guerra della Russia contro l’Ucraina?
Non le trascuro. Ricorda? Ci dicevano che “dopo” saremmo cambiati, e invece siamo rimasti gli stessi. Nonostante i morti, l’inflazione, quelle tragedie non sono state percepite come crisi trasformative. Socialmente non siamo in terapia intensiva. come se fossero soprattutto problemi che riguardano gli altri. Anche sulla guerra non abbiamo un’idea collettiva.

Sta dicendo che tutto contribuisce a una mediocre sopravvivenza?
Voglio dire che gli italiani non le hanno percepite come sfide da affrontare collettivamente: al massimo hanno avuto paura per s stessi, per esempio con la pandemia. Ma senza uno choc, dalla latenza l’Italia non esce. Le grandi stagioni sono nate da choc, dal dispiegamento di energie come risposta alla crisi.

Per molti, il governo di destra che ha vinto il 25 settembre uno choc.
Per ora no. Dire che dietro questo governo ci sia ancora Draghi non cos stravagante. Non nel senso che lo guidi o lo influenzi nell’ombra ma che esiste un’inerzia dei processi economici e politici, indotti anche dall’adesione all’Europa, ai quali Giorgia Meloni non pu sottrarsi. Il sistema risucchia e appiattisce tutti. Ricordiamoci la crisi del 2011, lo spread a 500, Mario Monti. Lui e Mario Draghi non sono certo dei mediocri, eppure sono stati costretti a scendere a patti con la mediocrit del sistema.

Niente aurea mediocritas, insomma.
Mediocrit e basta. Ma io ci credo, alle virt della mediocrit: se non altro perch ha fatto crescere il Paese nel passato. Il boom degli Anni Sessanta del ‘900 stato promosso dallo strato medio dei mediocri Brambilla e dalla quasi banalit della Fiera di Milano. Mediocri ma funzionavano.

S, ma ora sembra una mediocrit non da boom ma da declino.
Purtroppo ci siamo consumati la classe dirigente. E la classe media non mai diventata borghesia: non ce l’abbiamo fatta. Pasolini lo diceva sempre a me e a Paolo Sylos Labini: l’italiano non sar mai borghese, rimane un piccolo borghese. Anche nel governo, nel Parlamento, dominano i piccoli borghesi. Ci vorranno cinquant’anni per esprimere un’identit neoborghese e avere una fascia sociale di borghesia medioalta.

Lei descrive una sorta di scissione tra cultura, societ e politica.
Questa scissione reale. Manca la capacit di creare identit e punti di riferimento. La politica si fa con i soggetti collettivi, con lites capaci di visione e di sintesi. Con i leader individuali si ottengono vittorie di opinione, intrinsecamente volubili. Esaltare l’opinione stata la tragedia dell’Italia. Ha prodotto la cultura della rissa, dell’uno vale uno, dello scontro senza sintesi. Le stesse trasmissioni televisive si costruiscono su format che puntano sul contrasto di opinione: vedi i talk show. Ha creato un mondo di opinione, non di pensiero n di vero dialogo. E il primato delle opinioni ha prodotto prima Berlusconi, poi Salvini, Renzi, i grillini e ora Meloni, anche se lei mi sembra meno volatile e pi abile.

Ma quali ambizioni realistiche pu coltivare il governo attuale, sullo sfondo che lei descrive?
Durare due anni, e in questi due anni usare la mediocrit italiana e tirarne fuori qualcosa di buono. Questo un Paese-betoniera, da governare costruendosi un apparato, una classe dirigente. Meloni deve giocare sui tempi pi o meno lunghi, non sognare i sei mesi fiammeggianti di un John Kennedy. Il pericolo, anche per lei, il presentismo che ha afflitto un po’ tutti in questi anni. Il presentismo d l’illusione di esserci, ma in realt ci toglie la sfida dei rischi e segnala la mancanza di tempo: senza che ce ne accorgiamo.