Una ragazza di Savona è stata risarcita dal Tar per l’ingiusta bocciatura che subì al liceo. Si discute molto di quanto le hanno dato, diecimila euro, e di quanto tempo ha impiegato a farseli riconoscere, undici anni. A me colpisce di più che la liceale discriminata di ieri sia oggi una giovane architetta realizzata.
Debora Chirone era nelle condizioni ideali per fare la vittima: una studentessa con la media del sette e mezzo bocciata assieme ad altre tre ragazze perché l’insegnante di matematica le aveva prese di mira con comportamenti che anche i giudici hanno definito odiosi.
Le amiche non denunciano la scuola, ma la lasciano.
Debora invece denuncia, ma rimane.
Sono i genitori a insegnarle la differenza tra accettare la realtà e rassegnarvisi. Tanti adulti abituano con l’esempio i ragazzi alla rassegnazione tipica del lamentoso che nell’ingiustizia subita, vera o presunta che sia, vede un alibi per giustificare i propri errori e sentirsi sempre al centro di un complotto. Quante cadute, ma anche quante carriere fondate sulla lagna del «ce l’hanno tutti con me!».
Debora invece impara che nella vita si diventa grandi nonostante.
Nonostante la bocciatura immeritata e la rabbia accumulata, si diploma, si laurea in architettura recuperando l’anno perduto e apre uno studio con un collega. Non è rimasta ad aspettare che la giustizia facesse il suo lentissimo corso: è andata avanti da sola finché la giustizia l’ha raggiunta.
Nonostante lei ormai non ne avesse più bisogno.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui. Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale
8 ottobre 2022, 07:07 – modifica il 8 ottobre 2022 | 07:07
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-10-08 05:10:00,
Una ragazza di Savona è stata risarcita dal Tar per l’ingiusta bocciatura che subì al liceo. Si discute molto di quanto le hanno dato, diecimila euro, e di quanto tempo ha impiegato a farseli riconoscere, undici anni. A me colpisce di più che la liceale discriminata di ieri sia oggi una giovane architetta realizzata.
Debora Chirone era nelle condizioni ideali per fare la vittima: una studentessa con la media del sette e mezzo bocciata assieme ad altre tre ragazze perché l’insegnante di matematica le aveva prese di mira con comportamenti che anche i giudici hanno definito odiosi.
Le amiche non denunciano la scuola, ma la lasciano.
Debora invece denuncia, ma rimane.
Sono i genitori a insegnarle la differenza tra accettare la realtà e rassegnarvisi. Tanti adulti abituano con l’esempio i ragazzi alla rassegnazione tipica del lamentoso che nell’ingiustizia subita, vera o presunta che sia, vede un alibi per giustificare i propri errori e sentirsi sempre al centro di un complotto. Quante cadute, ma anche quante carriere fondate sulla lagna del «ce l’hanno tutti con me!».
Debora invece impara che nella vita si diventa grandi nonostante.
Nonostante la bocciatura immeritata e la rabbia accumulata, si diploma, si laurea in architettura recuperando l’anno perduto e apre uno studio con un collega. Non è rimasta ad aspettare che la giustizia facesse il suo lentissimo corso: è andata avanti da sola finché la giustizia l’ha raggiunta.
Nonostante lei ormai non ne avesse più bisogno.
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8 ottobre 2022, 07:07 – modifica il 8 ottobre 2022 | 07:07
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, Massimo Gramellini